Capitolo XIII
Se fossimo stati due allegri «déracinés», due vagabondi sradicati, come ai tempi di Parigi, Marsiglia e Casablanca, dalla decisione di partire alla partenza, sarebbe stata questione di ore. Due cassetti scodellati in un paio di valigie, e via!, per lʼAutostrada del Sole. Invece, avevamo messo qualche radice, nellʼasfalto di Milano, e perciò passò più di un mese.
Impiegammo quindici giorni a sistemare i debiti e i crediti. Per i debiti, fu abbastanza semplice: ci limitammo a evitare i creditori. Sistema non molto originale, a dire il vero, ma collaudato con successo da milioni di debitori. Dalla prima clava prestata al vicino di caverna, ai giorni nostri. Quanto ai crediti, ci regolammo esattamente al contrario. Facendo in modo, cioè, che i nostri debitori non riuscissero ad evitarci. E non ci riuscirono. Perché è praticamente impossibile evitare quei creditori che sanno essere inafferrabili debitori. «Metterà nel carniere la volpe quel cacciatore che andrà a caccia della volpe pensando come la volpe. La volpe che riuscirà a pensare come il cacciatore, si salverà dal carniere». Sta scritto.
La perfezione non è dellʼuomo. Infatti, un creditore riuscì a incontrarci e un debitore riuscì a sfuggirci. Venimmo a sapere, molto tempo dopo, che i due erano riusciti nella difficile impresa, stringendo unʼalleanza. Ciascuno dei due, per forza di cose, conosceva di noi soltanto la parte contraria ai propri interessi. Il creditore era consapevole dei nostri accorgimenti da creditori. Il debitore era a conoscenza delle nostre malizie da debitori. I due ebbero un colloquio. Vi fu uno scambio di cognizioni. Dopo di che, il creditore riuscì a incontrarci, comportandosi come se fosse stato nostro debitore. E il debitore riuscì a evitarci facendo esattamente tutto quello che avrebbe fatto se fosse stato nostro creditore.
Sistemata la nostra partita doppia (quasi esclusivamente alla voce «avere») passammo al settore sentimentale. Nel quale, io e Bubù avevamo problemi molto diversi. Qualitativi, i suoi. Quantitativi, i miei.
Anche in fatto di donne, tutto sommato, conviene seguire lʼesempio di quei risparmiatori prudenti che distribuiscono le loro economie in diverse banche, anziché concentrarli in una sola. A parte il rischio, abbastanza improbabile, di un crack generale, è lʼunico sistema per non essere gettati di punto in bianco sul lastrico dal fallimento di una banca. Con lo stesso procedimento cautelativo si può preservare dai rischi di una bancarotta sentimentale quel capitale che ha nome cuore. È certamente una bella cosa, affidarlo tutto a una sola donna. I poeti (che peraltro il loro non lo mollano) sono quasi tutti di questa opinione. Ma il mondo è pieno di signori pallidi e pensosi, che in fatto di cuore sono rimasti a zero perché, un certo giorno, la loro depositaria esclusiva ha chiuso gli sportelli. Quindi, con la massima stima per i poeti, conviene, finché si può, spezzettarsi il cuore, seguendo le apposite perforature, e distribuirne i frammenti a un certo numero di signore. Numero che può variare, da un minimo di due a un massimo di X, a seconda della quantità di cuore disponibile.
Se si trattasse del cervello, non avrei molto da spartirne.
Ma trattandosi del cuore, ho sempre potuto largheggiare. Così, per non andarmene da Milano senza cuore, dovetti fare il giro delle depositarie e riprendermelo pezzo per pezzo. In genere, non incontrai difficoltà. Le donne che, in partenza, si accontentano di un pezzetto di cuore, sono molto più ragionevoli di quelle che, invece, lo pretendono tutto. Come un pezzo anatomico riprodotto in cartapesta, per uso didattico, dallʼantica e premiata ditta Paravia. Sodo, scarlatto, carnoso. Simile a quei meravigliosi peperoni rossi che crescono negli orti attorno a Napoli. Palpitante, fiducioso, obbediente come un barboncino. Utilizzabile, allʼoccorrenza, come posacarte e puntaspilli.
Comunque, non il mio.