12

Dall'elenco delle Buone Intenzioni di Lady Eleanor per essere cattiva:

Aprirmi a nuove esperienze, per quanto conturbanti siano.

«Dove siete andate?» chiese Olivia non appena Eleanor e Cotswold rientrarono a casa.

Ida alzò gli occhi al cielo e incrociò le braccia sul petto.

Ebbene, quella era una domanda a cui non poteva rispondere in modo esauriente, no?

«Alla libreria» disse. Una spiegazione parziale poteva anche fornirla.

Cotswold le tolse la mantellina e si avviò di sopra, piegandola mentre saliva le scale. Eleanor la vide raggiungere il secondo piano, desiderando di avere a sua volta la libertà di andarsene quando voleva.

D'altro canto, la sua cameriera doveva aspettarla alzata per aiutarla a togliersi gli abiti da sera quando lei tornava dai ricevimenti, il che significava spesso andare a letto alle due o alle tre di notte. Per poi alzarsi la mattina e portarle la cioccolata in camera alle dieci.

Quindi, qualche vantaggio c'era a essere la figlia di un duca con una ricca dote. Le sarebbe toccato sposare qualcuno che non conosceva, ma almeno non perdeva ore di sonno né doveva portare nulla a nessuno.

A meno che non fosse suo marito a chiederlo.

Ed eccola ripiombare nel dilemma. Perlomeno una cameriera non doveva giurare a uno sconosciuto di onorarlo e obbedirgli finché morte non li separasse.

«Lord Carson è stato qui. Sembrava sorpreso quando gli abbiamo detto che eri uscita. Guarda, ti ha lasciato dei fiori.» E Olivia indicò solennemente un grande mazzo di adorabili rose gialle, con qualche fiore bianco per arricchire il bouquet, sistemato in un vaso su uno dei tavolini nell'atrio.

«Lui è stato qui?» chiese Eleanor, prendendo gli occhiali dalla borsetta. Come mai non era più così impegnato da non avere il tempo di conoscerla? Non era per questo che aveva affidato al fratello il compito di corteggiarla per procura?

Significava forse che si era liberato e che le sue avventure, la sua traduzione e tutto ciò che di inappropriato aveva cominciato a fare erano giunti al termine?

Ti prego, fa' che resti occupatissimo, pensò con egoismo.

«Stava andando a una riunione d'affari o cose del genere, ha detto. Aveva giusto il tempo per passare, chiedere come stavi e lasciarti quei fiori.» Ida recitò quella sequenza come se la stesse leggendo su uno dei suoi libri. Con tono piatto, completamente privo di emozioni.

Forse era per questo che lei trovava i monologhi della sorella – non si poteva definirli conversazioni, visto che non c'era scambio di opinioni – così estenuanti. A differenza di Olivia, Ida non modulava affatto il tono. Magari si sentiva in dovere di compensare l'attitudine esuberante delle altre ragazze. Quello però non era il momento di interrogarsi sulle dinamiche tra sorelle.

«Ah, quindi era solo una visita di comodo mentre si recava da qualche altra parte.» Eleanor sapeva di suonare ingiusta – dopotutto non voleva che lui si astenesse dall'andare altrove, anzi le sarebbe piaciuto che andasse il più lontano possibile – ma non riuscì a sopprimere il tono piccato che si insinuò nella sua voce.

«D'altro canto, tu non c'eri» le fece notare Olivia. Correttamente, anche se la irritava un po'. «E così non si è fermato neppure per il tè, anche se mamma ha insistito.» Un sorriso le illuminò il volto. «Mi chiedo se sarebbe riuscita a fargli un tè come lo voleva lui. Forse dovremmo aprire un'altra scommessa.»

«Se solo fossimo certe che Lord Carson tornerà per prendere un tè con noi nel prevedibile futuro» replicò Eleanor, muovendo verso il mazzo di fiori e chinandosi per sentire il profumo delle rose. Erano ancora più belle da vicino, ogni bocciolo all'apice del suo rigoglio.

Solo per essere reciso e sistemato in un vaso, troncando così le sue possibilità di crescere in natura.

Adesso era condannata a vedere tutto attraverso la lente delle catene matrimoniali prossime venture? Persino ammirare splendidi fiori doveva farle venire un groppo in gola e le lacrime agli occhi?

Forse era solo allergica.

O forse stava semplicemente mentendo a se stessa.

«Eleanor, stai bene?»

La voce di Ida sembrava lontana, attutita com'era dai pensieri che si accavallavano senza sosta. Si accorse però che, per una volta, sua sorella sembrava allarmata. Doveva avere un'aria terribile se la pedante Ida si preoccupava per lei.

«Eleanor?»

Questa era Olivia, che Eleanor sentì attraverso il medesimo brusio emotivo, anche se sua sorella si trovava davanti a lei e le stringeva le spalle, scuotendola con gentilezza.

«Va tutto bene, grazie» rispose, guardando sia Ida sia Olivia. «E comunque, dov'è Pearl?»

Non che temesse di vederla seguire le stesse orme di Della e fuggire di casa, ma da quella volta si sentiva in dovere di sapere sempre dove si trovavano le sue sorelle per accertarsi che fossero al sicuro. Che non facessero nulla di avventato, che non gettassero altro scandalo sugli Howlett.

Se fosse successo, neppure il suo matrimonio con Lord Carson sarebbe servito. Avrebbero dovuto trovare un membro della famiglia reale ancora celibe, o magari tre, soltanto per fare posare il polverone.

«È in giardino. Si sta allenando a cricket» spiegò Ida, tirando su con il naso. Un ritorno al suo normale tono condiscendente.

«Ah.» Eleanor fece un bel respiro e deglutì per scacciare il groppo in gola, poi prese a braccetto le sorelle. «In tal caso, andiamo a cercarla.»

Non affondare le dita nelle braccia di Olivia e Ida, non pensare al motivo per cui avrebbe fatto ciò che doveva, le costò un grande sforzo.

Perché intendeva andare fino in fondo, anche se avrebbe preferito la galera, o magari trasformarsi in una cameriera o vestire di bianco per il resto della vita. La sua famiglia aveva bisogno di lei, le sue sorelle meritavano la possibilità di vivere felici, e non importava quanto trovasse soffocante l'idea di sposarsi. Persino con Lord Carson, che sembrava un uomo degno con un fratello che lo sosteneva a spada tratta, un uomo che aveva trovato il tempo di portarle dei fiori nonostante i mille impegni a cui doveva fare fronte.

Se lei non riportava saldamente la famiglia nell'ambito della rispettabilità, nessuno poteva sapere cosa sarebbe successo a tutte loro. Rifiutava di pensarci, ma il loro padre avrebbe potuto mancare in qualsiasi momento lasciando le quattro nubili, giovani sorelle Howlett senza un posto dove vivere e nessuno che le volesse.

Quindi, lo avrebbe fatto.

Chiedeva solo di rinviare per un po' il fatidico momento, in modo da finire la traduzione, andare in una bisca e magari ammirare ancora una volta Lord Alexander che giocava a cricket. Se fosse riuscita a fare alcune delle cose elencate nella sua preziosa lista, si sarebbe accontentata dei ricordi portandoli con sé per una vita intera.

Ecco, tutto si limitava a questo. Quindi, intendeva godersi quel periodo, vivere ogni momento – per quanto pochi fossero – con entusiasmo e interesse.

Sentì un mezzo sorriso piegarle le labbra mentre ci pensava. La prossima volta che avesse visto Lord Alexander, gli avrebbe detto che non solo intendeva continuare, ma che voleva di più.

Qualcosa di più non era molto da chiedere, no?

Dannazione, mai aveva dovuto resistere a una tentazione così... così assoluta mentre era rimasto a guardarla dal lato opposto del tavolo, con gli occhiali precariamente sistemati sul piccolo naso e la lingua che saettava leccando gli angoli della bocca mentre scriveva.

Anche lui avrebbe voluto farlo.

Non appena era tornato a casa dalla libreria, aveva raggiunto a grandi passi lo studio del marchese, sapendo che lo avrebbe trovato libero; il padre aveva infatti lasciato lo spazio a Bennett, che però sbrigava tutti gli affari in biblioteca.

Pertanto, quel locale era diventato il suo rifugio, anche se adesso rifiutava di pensare a ciò da cui si stava rifugiando.

E tuttavia ci pensava. Assolutamente. A Lady Eleanor e a quelle ultime ore, che aveva trascorso osservandola mentre traduceva poemi erotici accompagnati da illustrazioni che lui cercava in tutti i modi di ignorare, poiché voleva metterle tutte in pratica con lei.

Ma poi erano arrivati quei commenti sul matrimonio e sulle difficoltà di essere donna, con il tono un po' sperduto di lei che aveva suscitato dei sentimenti mai provati prima. Simpatia? Solidarietà, persino? In ogni caso, si trattava di qualcosa di molto più profondo del semplice desiderio. Che comunque provava, dato che dopotutto restava sempre una bella donna. Non avendo problemi alla vista, aveva potuto ammirarla senza riserve lasciando la sua immaginazione libera di fare il resto.

Qualunque cosa fossero quei sentimenti, li provava e non gli piacevano. Rendevano la questione troppo complicata, e lui odiava le complicazioni. La semplicità era il miglior modo di agire: uno voleva una cosa e se la prendeva. O magari si prendeva lei.

Questo, la scoperta che Lady Eleanor era una persona con preoccupazioni, desideri e una grande intelligenza di cui aveva dubitato soltanto pochi giorni prima, non andava affatto bene. Il suo compito si limitava a convincerla a sposare Bennett, seguendo la naturale equazione secondo cui, tramite una lady e un gentiluomo, si arrivava a un risultato vantaggioso per due famiglie. E magari persino per i due fattori coinvolti.

Invece, si era messo in testa di saperne di più su di lei, di scoprire quanto complessa poteva rivelarsi, di esplorare le tante sfumature di un carattere che andava ben oltre la somma dei suoi virginei abiti bianchi, della sua pessima vista e della sua predilezione per le freddure.

«Alex?»

La voce del fratello gli parve lontanissima e dovette scuotere la testa per schiarirsi le idee.

Bennett era proprio davanti a lui, imbambolato sulla sedia. A giudicare dal completo che indossava era appena tornato da un incontro d'affari. Come se Alex già non lo sapesse, visto che tornava sempre da un incontro d'affari di qualche tipo.

Sacrificando il suo tempo, accettando di immolarsi, unendosi per la vita a una donna che non aveva avuto il lusso di scegliersi di persona.

Ma poi, all'improvviso, lui aveva alzato il velo giusto un poco sui sentimenti della sposa, su cosa provava a essere mossa come una pedina sulla scacchiera matrimoniale. Una pedina vestita di bianco, che copriva le caselle che le veniva ordinato di coprire.

«Odio gli scacchi» borbottò, alzandosi. «Dicevi qualcosa, Bennett? Stavo pensando.» A lei, voleva aggiungere, ma non poteva fare questo a suo fratello, non quando quel matrimonio significava così tanto.

«Più che pensieroso, sembravi perso tra le nuvole» replicò Bennett, divertito e al contempo un po' invidioso.

«Sì, proprio così» ammise Alex.

«Non mi sentivi? Dovevi pensare a qualcosa di molto importante. Ti ho chiamato diverse volte.»

I sentimenti complicati potevano davvero intasare la mente a un poveraccio.

«Cosa volevi?»

L'espressione di Bennett si fece cupa. Era finito come lui nell'insolubile matassa dei sentimenti complicati?

«Oggi sono passato a casa del duca.»

Oh.

«Davvero?»

«E Lady Eleanor era uscita. Quindi... cioè, mi domandavo se era con te.»

Accidenti, sei stato tu a chiedermi di uscire con lei per convincerla a sposarti. Con chi pensavi che fosse?

«Uh, a dire il vero...»

«Perché ci ho pensato sopra e non avrei dovuto pregarti di usare le tue doti per convincerla. Dovrei essere io a farlo» ammise con una risatina del tutto priva di umorismo. «Dopotutto è me che sposerà se tu avrai successo. Non credi che sembrerà strano, se ha trascorso tutto il tempo con te?»

Non più strano che convincerla a tradurre poemi francamente osceni durante degli incontri clandestini.

«Sì, certo.» Avrebbe dovuto sentirsi sollevato. Anzi, si sentiva sollevato. Perché era sollievo quello che provava, giusto?

Forse era meglio non cercare la risposta a quella domanda, neppure per se stesso.

«Solo» riprese, non sicuro di quello che stava per dire, «non credo che Lady Eleanor sia pronta per il tuo corteggiamento. Mi serve più tempo.» Da trascorrere con lei. «Per persuaderla della bontà del tuo carattere.»

«Il mio carattere?» chiese Bennett, suonando sorpreso.

Cosa più che comprensibile, visto che finora nessuno aveva mai messo in discussione il suo carattere.

«Lady Eleanor è... ebbene, molto più di ciò che salta all'occhio» continuò Alex, conscio che in quel momento diceva la verità. «Quindi, si rende necessario un approccio delicato.» Quasi trasalì mentre pronunciava quelle parole. Poteva solo augurarsi che Bennett non le interpretasse nel modo giusto. «Perché credo che abbia bisogno di più tempo per abituarsi all'idea di averti come sposo. E alla fin fine, lo hai detto tu stesso» affermò, allargando le braccia, «che sono io il fratello abituato a persuadere le dame a fare ciò che voglio.» E stavolta trasalì davvero, ma voltò la testa per nasconderlo a Bennett.

«Più tempo» ripeté suo fratello. Poi tacque, mentre Alex tratteneva il fiato. E se non gli avesse creduto? E se avesse deciso di partire lancia in resta con il suo corteggiamento?

Allora gli aveva mentito per nulla, perché non poteva più aiutare Lady Eleanor a trovare un po' di gioia. Né poteva più travolgerla.

O baciarla di nuovo.

Bennett si strinse nelle spalle, l'espressione sollevata. «Per me va bene. Ho troppe questioni a cui pensare, in ogni caso. Naturalmente continuerò a danzare con lei ai ricevimenti e cose del genere, ma lascerò a te il compito di convincerla.» Poi aggrottò la fronte e aggiunse: «A meno che tu non intenda portarla a un'altra partita di cricket».

«No, naturalmente no.» Ma certo che la porterò. Non gli era sfuggita l'espressione con cui lo aveva guardato dopo che si era tolto la camicia. Aveva ripensato a quell'avido sguardo molte volte, chiedendosi quale sarebbe stata la reazione di Lady Eleanor se le fosse capitato di vedere qualcosa di più.

«Grazie. Apprezzo la responsabilità che ti sei preso» dichiarò Bennett con tono sincero, spingendo quasi Alex a confessargli la bugia. Quasi.

Ma il pensiero di lei, della sua espressione, del modo in cui lo faceva sentire quando erano insieme lo spinse a mordersi la lingua.

Che cosa poteva accadere di così terribile? Avrebbe trascorso altro tempo con Lady Eleanor, ma alla fine lei avrebbe sposato Bennett con grande soddisfazione di entrambe le famiglie. Soldi, reputazione, onore, tutto risolto.

No, non vi sarebbe stato proprio alcun problema, si disse convinto.