Dall'elenco delle Buone Intenzioni di Lady Eleanor per essere cattiva:
Essere cattiva. Tutto qui.
Per una volta, Eleanor non aveva pensato. Solo agito.
Gli affondò le dita nei capelli, gli tirò giù la testa e alzò il volto.
Lui le strinse il fianco, poi la guardò. «Siete certa di ciò che state facendo?» le chiese, lo sguardo sulla sua bocca.
No.
«Sì» gli rispose, allungando il collo ancora un poco per raggiungerlo.
Ammirava la sua statura, tuttavia doveva ammettere che costituiva un serio impedimento per baciarsi in carrozza.
Ma ogni scomodità si dissolse davanti alle sensazioni che provò quando le loro bocche si incontrarono. Le sue labbra erano calde e ferme e la sua mano scivolò nell'incavo della schiena, spostandola fino a quando lei si ritrovò seduta a metà sulle sue gambe, con le dita affondate nei suoi capelli mentre gli carezzava il braccio con l'altra mano.
Un braccio molto forte e muscoloso, non poté fare a meno di notare.
Lo strinse, saggiando il bicipite mentre chiudeva gli occhi e appoggiava la testa all'altro braccio. Lui la baciava, sì, ma ciò che l'appassionava di più era baciarlo a sua volta.
Gli leccò le labbra e le sentì schiudersi, poi le loro lingue entrarono in contatto dando vita a un duello che avrebbe dovuto disgustarla, e invece la deliziava nel modo più assoluto immaginabile.
Nessuna sorpresa che quell'autore italiano avesse così tanto da scrivere al riguardo. Eleanor cominciava ad ammirare le sue capacità poetiche. Se avesse dovuto comporre una poesia su quel momento, sarebbe suonata come:
Oh!
Oh, mio Dio!
È stupendo.
Ancora, ti prego...
Quindi, forse aveva sbagliato a essere così pronta a fustigare quel povero poeta che aveva dovuto inventarsi il modo di descrivere tutto questo... tutte queste sensazioni.
E adesso sembrava proprio che si fosse completamente seduta in grembo a lui, con le gambe piegate di lato e il fondoschiena poggiato proprio lì.
Una sensazione che meritava un'altra poesia, composta però solo da gemiti, sospiri e grida di piacere.
Lord Alexander l'avvicinò ancora, premendole i seni, lasciati in qualche modo esposti dall'abito da sera, sul suo possente torace, con la giacca e la camicia che le sfregavano la pelle nuda. Uno strano formicolio prese a correrle in tutto il corpo, sia caldo sia freddo, mentre le loro lingue duellavano e la sua grande mano aperta sulla schiena la teneva ben ferma contro di lui.
Era decisamente travolta.
Quella mano si mosse, scendendo un poco, scivolando lungo il fianco per carezzarle le natiche. Mai aveva pensato che fossero così sensibili. Almeno, non fino a quel momento.
I seni le formicolavano tanto da dolere e d'istinto si inarcò, premendoli ancora di più sul suo torace e strappandogli un suono gutturale che poteva esprimere sia piacere sia sgomento mentre si dimenava sul suo grembo.
Lo sentì tirarsi indietro, respirando con affanno, chinando la testa e posando la fronte sulla sua. Poi risalì con la mano sulla schiena e tornò a mettergliela sul fianco.
Ogni altra parte del corpo sentì subito la mancanza del suo tocco.
«Non volevo arrivare a questo» le disse deglutendo.
Scuotendo la testa, lei ritirò le dita con cui gli stringeva i capelli e gliele posò sulla bocca. «Lo so.» E poi tacque, rendendosi conto di quanto era difficile parlare con il petto che sembrava stretto in una morsa e tutto il corpo che chiedeva qualcosa di impossibile da esprimere a parole. «Ma io sì.»
«Voi non sapete cosa state facendo» le rispose. Ma invece di spostarla sul sedile, facendole così capire che voleva davvero smettere, rafforzò la stretta a tal punto da farle sentire la pressione delle dita mentre la teneva contro di sé.
Aha!, esclamò una voce trionfante dentro di lei.
«No, non lo so» concordò. Poi tirò un profondo respiro. «Ma questo non significa che non voglia farlo.»
«Voi non sapete cosa dite!»
Eleanor sentì una rabbia stranamente benvenuta montare impetuosa. Si spostò e tornò a sedersi al suo posto, guardandolo in volto nella scarsa luce. «Non potete continuare a ritenermi una stupida» gli disse, incatenandogli lo sguardo. «Prima affermate che non so cosa faccio, poi che non so cosa dico.» Non che lei necessariamente lo sapesse, in effetti: per una volta non pensava prima di parlare, ma lasciava fluire liberamente le parole, assaporandole una a una.
Era assolutamente liberatorio e si rammaricò di non avere adottato molto prima quel modo così diretto di parlare. Ma se lo avesse fatto, sarebbe stata ostracizzata dalla buona Società e i suoi genitori non avrebbero voluto farle sposare Lord Carson, quindi non avrebbe mai conosciuto Lord Alexander.
In breve, un'equazione di tempi e strade non intraprese che, a suo modesto parere, neppure Ida sarebbe stata in grado di risolvere.
«L'unica cosa che so di sicuro è che in questo momento mi sento interamente e assolutamente viva.» Alzò il mento e lo studiò. «Me ne sono andata dal ricevimento perché mi stavo annoiando. Tutto mi sembra così insipido ora che so cosa si prova ad assistere a una partita di cricket, a mettere a frutto le mie capacità e la mia cultura... anche se solo per tradurre poemi scandalosi» chiarì, una piccola digressione. «E poi a baciarvi. Vi avevo chiesto di travolgermi e ci siete riuscito. Ma adesso mi rendo conto, adesso so che potete insegnarmi molto di più. Potrei imparare anche da sola» continuò, ragionando mentre parlava, «ma dovete esserci anche voi, perché voglio scoprire tutto su questo» dichiarò, muovendo la mano tra di loro come se lui non sapesse a cosa si riferiva. «Non voglio finire per essere una lady piacevole e ordinaria.»
«Piacevole e ordinaria?» ripeté lui, poi scosse la testa come se fosse irritato da se stesso. «Lo sono anch'io.»
«Voi? Ma...»
«Va bene» la interruppe Lord Alexander. Poi tese la mano e le strinse le dita, posando le loro mani giunte sulla sua coscia. La sua coscia! «Anch'io non voglio che finiate con il diventare una lady piacevole e ordinaria» affermò, aggiungendo con un suono di scherno: «Voi siete tutto meno che ordinaria, Eleanor».
«E che mi dite del piacevole?» sentì se stessa chiedergli, per poi portarsi una mano alla bocca per celare una risatina. Anche se... perché mai doveva farlo? Abbassò la mano e si produsse in una bella risata mentre pensava a quanto bizzarra fosse quella situazione e soprattutto al fatto che non avrebbe mai potuto parlarne a nessuno.
Lui la guardò per un istante e poi prese a ridere a sua volta, fino a quando entrambi ridevano piegati uno sull'altro e così forte che lei era sorpresa di riuscire a respirare. Non che ci fosse molto di divertente, ma non importava. Era solo... solo il fatto di sentirsi libera, aperta e travolta nel migliore dei modi.
Smisero quando la carrozza cominciò a rallentare, facendo capire a entrambi che erano quasi arrivati.
Lord Alexander si raddrizzò, poi alzò la mano per spostare la ciocca di capelli che gli era caduta sul viso. «Qual è la prossima avventura che vorreste vivere?» chiese, il tono basso e intimo.
E adesso lei avrebbe soltanto voluto tornare a sedersi sulle sue gambe e baciarlo per qualche minuto ancora. Anzi, per giorni. O per una vita intera.
Era nei guai più di quanto sospettasse.
«Andare in una bisca, o almeno credo» gli rispose invece, raddrizzandosi a sua volta sul sedile e posando le mani in grembo come se stesse tornando da una visita di cortesia con una chaperon, non come se si trovasse da sola con una canaglia di gentiluomo nella sua carrozza realizzata su misura.
«Niente mezzi termini, vedo» scherzò Lord Alexander, ma lei colse l'ammirazione nel suo tono. Le era mai capitato prima d'ora? Aveva sentito diversi gentiluomini apprezzare la sua dote quando pensavano che lei non li ascoltasse. Li aveva anche uditi affermare che non era poi così terribile come la suddetta dote lasciava intendere. Ma era la prima volta che si guadagnava la schietta, genuina ammirazione di qualcuno.
«E allora andremo in una bisca. Ma che ne pensate di qualche altra partita di cricket? Non ditemi che la signoria vostra le trova troppo insipide» la schernì.
L'immagine di Lord Alexander a torso nudo con i muscoli che si flettevano sotto il sole la rese di nuovo tutta agitata. «Sì, anche qualche altra partita di cricket, per favore» gli rispose un po' affannata.
Lui rise di nuovo, ma stavolta, più che divertito, sembrava ridere per un segreto condiviso.
Il segreto della sua attrazione per lui? Del fatto che non chiedeva altro che tornare a baciarlo, del modo in cui si godeva la vista del suo torace senza camicia?
Dell'indubbia capacità con cui riusciva a travolgerla?
Non ebbe il tempo di pensarci, perché in quel momento il cocchiere aprì lo sportello. A quanto pareva si erano fermati senza che lei se ne accorgesse, distratta com'era dalla prospettiva di andare in una bisca e tornare ad ammirare tutti quei muscoli messi a nudo sotto il sole.
Lord Alexander – anche se forse adesso poteva anche chiamarlo solo Alexander, vista la confidenza con cui gli aveva chiesto di baciarla per poi sedersi sulle sue gambe – scese agilmente e le porse la mano per aiutarla.
Lei la prese, si lisciò le gonne alzandosi e sentì le guance arrossarsi mentre si chiedeva se qualcuno avrebbe potuto sospettare qualcosa.
Per qualcuno si riferiva a Olivia, la sorella più curiosa che si potesse immaginare.
Sperava solo di riuscire a distrarla dicendole di avere ballato un valzer con Lord Carson. Ma perché non poteva essere proprio Olivia la sorella Howlett che avrebbe dovuto andare in sposa al primogenito dei Raybourn?
E invece no. L'onore di sposare un primogenito andava alla primogenita. Anche perché Olivia non avrebbe potuto fare il suo debutto in Società fino a quando lei non si fosse dignitosamente accasata.
Non era affatto giusto. Nessuna sorpresa che Della fosse fuggita, anche se forse esistevano modi meno drastici per combattere quella situazione.
«Che ne pensate di un giro in calesse domani?» le chiese Alexander mentre l'accompagnava alla porta.
«Domani non posso» gli rispose, pensando alla promessa che sua madre aveva fatto a Lord Carson. Il quale non poteva fare altro che impallidire davanti alla versione potenziata in piedi accanto a lei.
«Oh.» Suonava deluso e leggermente piccato, tanto da metterle voglia di ridere di nuovo per il fatto che un gentiluomo così bello, attraente e affascinante sembrasse geloso del tempo che lei trascorreva altrove. Per qualche ignoto motivo non aveva accompagnato a casa l'allettante Lady Vale ed Eleanor non poteva trattenersi dal pensare di avere avuto un ruolo in quel repentino cambiamento di intenti.
«Andremo dopodomani» gli disse, dandogli un colpetto sul braccio. Sentì i muscoli tendersi dove lo toccò e di nuovo provò una gran voglia di ridere.
Onestamente, se avesse saputo che era così divertente comportarsi in modo scandaloso avrebbe cominciato a farlo qualche anno prima. D'altro canto, non era certa che si sarebbe goduta fino in fondo quelle trasgressioni se non le avesse vissute insieme a lui.
«Allora passerò da voi dopodomani» annunciò Alexander, chinandosi per il baciamano mentre la porta si apriva.
«Bene» replicò lei in italiano, il tono sbarazzino.
Alex chiuse sbattendo lo sportello della carrozza, poi tese le gambe poggiandole sul sedile opposto.
Se solo avesse potuto chiudere con altrettanta facilità la porta dei sentimenti.
Numi del cielo, che cosa aveva fatto? Ma soprattutto, che cosa aveva fatto lei?
Sentiva ancora formicolare tutti i punti in cui i loro corpi si erano toccati. Aveva attirato a sé la sua testa, gli aveva stretto il braccio... Appoggiato sul membro il morbido sedere arrotondato.
Ripensarci glielo fece indurire all'istante, e con un gemito Alex si posò la mano sulla fronte, per poi passarsi le dita tra i capelli.
Perché proprio lei? L'unica donna al mondo alla quale non avrebbe mai dovuto interessarsi. A Londra c'erano decine di giovani lady altrettanto adorabili, in Inghilterra centinaia, nel mondo decine di migliaia.
Perché doveva essere lei?
Naturalmente nessuno di quei pensieri lo aveva sfiorato mentre la baciava. Le uniche cose a cui era riuscito a pensare in quei momenti erano il soffice calore della sua bocca, le carezze di quella piccola lingua, i seni premuti ardentemente sul torace.
Era pentito di non avere alzato la mano per carezzarli, riempiendosi il palmo di carne morbida e bollente.
E non doveva. Perché toccarle il seno sarebbe stato sbagliato, e lui era già abbastanza in torto verso suo fratello, visto come stavano le cose.
Tuttavia non poteva mentire a se stesso: gli spiaceva di non averlo fatto. E non era certo di riuscire a trattenersi se mai si fossero ritrovati nella stessa situazione.
Ripensare al sussurro con cui gli aveva detto sì gli fece venire un groppo in gola. Avrebbe detto sì con lo stesso desiderio se le avesse chiesto il permesso di spogliarla?
Avrebbe detto sì se le avesse rivelato di voler affondare il membro nel suo umido, ottenebrante calore?
Per l'inferno! Forse doveva essere lui a imparare a dire no. No alla tentazione che lei rappresentava, al fascino del suo umorismo e della sua intelligenza, alla sua risata contagiosa, a quanto giusto e altamente eccitante fosse sentire il suo corpo premuto contro di sé.
Era passato dall'essere un semplice perditempo al costituire un grave pericolo per i piani di suo fratello.
«Lord Carson passerà nel pomeriggio?» chiese sua madre mentre Eleanor annuiva al valletto con la teiera.
« Come se voi non aveste già organizzato tutto.» Sorrise al domestico, poi aggiunse latte e zucchero al suo tè.
«Sai bene che la Stagione terminerà tra qualche settimana» continuò sua madre, facendo cenno al valletto di servirla. E ignorando il suo acido commento, come sempre.
«Esatto. E per allora dovrai essere almeno fidanzata, altrimenti noi dovremo rinviare ancora il debutto» commentò Olivia dall'altra parte del tavolo.
Come se lei non fosse più che cosciente di portare sulle sue spalle biancovestite anche il futuro delle sorelle.
«E quindi, suppongo che non vorrai perderlo» aggiunse sua madre, trafiggendola con lo sguardo.
Non voglio perderlo?, si chiese lei.
Sì che voglio perderlo!
E se lo pensava, forse doveva dirlo. Proprio come avrebbe fatto Alexander.
«So di avere detto che mi serve più tempo, ma comincio a chiedermi se al mondo esiste tutto quel tempo» affermò con un tono che provava a fare intendere che era appena giunta a una conclusione. Non che fosse mai stata persuasa in quell'ultimo mese, non completamente. «Non sono sicura che Lord Carson e io staremmo bene insieme.»
Principalmente perché sapeva che si stava innamorando del fratello, ma questo era meglio non dichiararlo ad alta voce.
Già non riusciva a credere di stare parlando con tanta franchezza a sua madre. O a chiunque altro, per essere onesta. E non ci credevano neppure l'interessata e Olivia, almeno a giudicare dalle loro espressioni.
«Che cosa intendi dire?» Per una volta, sua madre stava ponendole una domanda di cui non aveva già la risposta.
«Voglio dire» cominciò lentamente, sentendo la morsa che le stringeva il petto al semplice pensiero di esprimere un'idea così poco da debuttante, «che non desidero uscire in calesse con Lord Carson oggi pomeriggio. Che non desidero essere limitata da un fidanzamento ancora per un po'. E che le vostre pressioni mi fanno sentire come una mentecatta da manipolare a piacimento, non come una persona in grado di fare le sue scelte.»
Mentre Olivia aveva l'aria di chi non sapeva se applaudirla o schiaffeggiarla, sua madre la guardò a bocca aperta.
«Fare le tue scelte?» tuonò, con la voce che si alzò fino a diventare un grido. Eleanor trasalì per l'acuto. «Tua sorella ha reso impossibile per tutte voi fare le vostre scelte, a meno che non intendiate vivere in povertà e disgrazia!»
«E non sarebbe terribile?» aggiunse Olivia con tono ragionevole. «La cosa peggiore che ci potrebbe capitare sarebbe sposare dei gentiluomini che ci piacciono davvero, invece di quelli che voi e nostro padre scegliete per noi.»
Adesso Eleanor desiderava potersi congratulare con sua sorella.
«Lord Carson potrebbe anche essere l'uomo che sono destinata a sposare, madre» disse a bassa voce. «Oppure potrebbe saltare fuori che non lo è affatto. Ma sono io che devo essere...» Travolta. Che devo cercare la mia felicità. Che voglio baciare ancora qualche volta un certo gentiluomo alto e sincero. «... sicura, in modo da poter prendere la mia decisione.»
«Bene» dichiarò sua madre, alzandosi. «Devo parlarne a tuo padre. Ma oggi non ti permetterò di uscire in calesse con Lord Carson perché solo Dio sa cosa potresti dirgli!» stabilì, come se non fosse precisamente ciò a cui Eleanor puntava fin dall'inizio.
Dopodiché uscì con tutta l'ira di una duchessa devastata. Il valletto guardò lei e la sorella per poi decidere di andarsene, lasciandole sole.
«Mi spiace, Eleanor» disse Olivia, tendendo il braccio al di là del tavolo e dandole un rassicurante colpetto sulla mano. «Non abbiamo pensato ai tuoi sentimenti. Siamo state tutte delle terribili egoiste, a partire da Della» concluse, accigliandosi con rabbia.
«Non biasimare Della» replicò lei. «Come possiamo sapere perché è fuggita con Mr. Baxter? Avrei tanto voluto che ci dicesse qualcosa. Si sentiva in trappola mentre faceva ciò che i nostri genitori le chiedevano? Stava così male?» Soffriva al pensiero che la loro sorella, la sua più cara amica, non si fosse confidata con lei fino a quando non era stato troppo tardi.
«Avrebbe dovuto dircelo» rispose Olivia implacabile.
«Sì, è vero, ma non lo ha fatto.» Proprio come me, che sono ben lungi dal confidarvi tutto, pensò Eleanor sentendosi in colpa. Ma cosa avrebbe potuto dire? «Probabilmente, voleva solo qualcosa di diverso.» E anch'io, si rammaricò di non potere aggiungere.
«Che altro poteva volere?» domandò Olivia.
Lei non aveva una risposta pronta, ma poteva dedurlo. Quando pensava a qualcosa di diverso, pensava a un gentiluomo alto e prestante accanto a sé che la faceva ridere, che le donava delle sensazioni mai neppure immaginate fino a quando non lo aveva conosciuto.
Che la faceva sentire speciale.
«Dovresti fare ciò che ti senti, Eleanor» dichiarò Olivia, annuendo mentre parlava. «Se io fossi nella tua situazione, se mi ritrovassi costretta a fare qualcosa che non voglio... ebbene, non so come reagirei. So solo che non chinerei tanto facilmente la testa davanti a una decisione presa per mio conto» affermò con tutta la logica di una fanciulla di diciassette anni.
«Grazie» rispose Eleanor con un mezzo sussurro.