Dall'elenco delle Buone Intenzioni di Lady Eleanor per essere cattiva:
Esplorare.
Alex prese posto sulla sedia di fronte a lei, desiderando di non essere un tale mascalzone – il che avrebbe voluto dire non toccarla affatto, tanto per cominciare – o magari di esserlo fino in fondo e continuare sino all'inevitabile conclusione ciò che avevano ardentemente cominciato.
Tutto tranne ritrovarsi in quel limbo in cui rimorso e desiderio si davano battaglia dentro di lui.
Il membro era ancora duro come il ferro e pulsava per il bisogno di affondare nel suo calore. Forse avrebbe dovuto accettare ciò che gli offriva Lady Vale, anche se ormai si rendeva conto che esisteva una sola donna al mondo che voleva disperatamente, ed era seduta di fronte a lui a quel tavolo. Una donna avvolta nella candida veste che la dichiarava ancora vergine. E questo, andava da sé, significava anzitutto che non poteva essere sua.
In breve, era condannato a soffrire.
«Non è stata colpa tua» mormorò Eleanor all'improvviso, come se gli avesse letto nella mente.
«Tu dici?» le rispose, allargando le mani e poi indicando entrambi, soli in quella sala. «Non è che tu abbia la reputazione della perfida seduttrice.»
«Non proprio» affermò lei mestamente.
«Non volevo...» cominciò Alexander, ma tacque quando lei si produsse in una risatina priva di umorismo.
«So che non volevi. E so che per qualche motivo mi ritieni adorabile come hai detto prima.» E poi le sue guance presero a colorirsi, solo che adesso lui non trovava più quel rossore terribilmente da chaise-longue. Perché la rendeva solo più graziosa.
«Difatti lo sei. E chiunque affermi il contrario sta mentendo» le ribadì con tono fiero, dimentico del fatto che non avrebbe dovuto parlarle così. Né toccarla così.
«E allora perché tuo fratello ha chiesto a te di convincermi? Se fosse interessato a me, sarebbe lui a corteggiarmi.»
Voleva farlo, però non veramente. Non ti conosce e non vuole arrivare a conoscerti. Perché ti vede come un obbligo. Ma non poteva certo dirglielo, non senza tradire tutte le parti coinvolte.
Eleanor scosse la testa e riprese a parlare prima che lui avesse il tempo di trovare una risposta convincente. «In ogni caso non mi importa, non davvero. Perché sta succedendo questo» affermò, muovendo la mano tra di loro. E lui sospirò, perché sapeva bene a cosa si riferiva. «È successo, continua a succedere e in qualche modo non voglio che smetta, anche se so che è sbagliato.»
«Lo stesso vale per me» le mormorò, ammettendolo a se stesso oltre che a lei.
«E quindi, cosa facciamo al riguardo?» concluse Eleanor, guardandolo da dietro gli occhiali con le lenti che rendevano i suoi occhi ancora più grandi.
Gli sarebbe piaciuto vederla portare solo quelli. Così avrebbe potuto osservarlo tutto quanto.
«Ebbene, non ho ancora soddisfatto pienamente il nostro accordo» le disse, guardandola mentre le sue guance si facevano ancora più rosse.
«Davvero?» Suonava un po' affannata adesso e lui sentì il membro sobbalzare.
«Sì. Manca ancora qualcosa» le spiegò, aggrottando la fronte. «E nessuno di noi due si sentirà in colpa.» Anche se in effetti la colpa c'era, almeno da parte sua. Perché voleva bene a suo fratello... Tuttavia Bennett non voleva bene a lei.
Mentre Alex era pressoché certo di amarla.
Quasi trasalì a quel pensiero. Che Dio lo aiutasse, era riuscito a cacciarsi nel peggior guaio immaginabile! Innamorarsi della donna che suo fratello doveva sposare.
Il suo adorato fratello che cercava solo di fare ciò che era giusto tutte le volte che lui faceva qualcosa di sbagliato.
Ma quello non era sbagliato. Sembrava giusto, invece, anche se solo loro due la pensavano così. E Alex era diretto nei comportamenti quanto lo era nei discorsi, il che non gli lasciava scelta visto ciò che provava per lei.
«E io cosa ci guadagno?» gli chiese Eleanor, inclinando la testa ed elargendogli un sorriso astuto.
«Altre lezioni come questa» le rispose sorridendo.
«Oh.» Quella piccola lingua saettò, umettando il labbro inferiore. «Oh» ripeté, con il petto che prese ad alzarsi e abbassarsi più rapidamente. E dopo un attimo gli chiese, in volto un'espressione maliziosa: «E per quanto riguarda la bisca?».
«Anche quella. Ho promesso di aiutarti a trovare la tua gioia, Eleanor, e intendo mantenere la parola fino in fondo.» Senza pensare al futuro. Non osava pensarci e intendeva sopprimere qualsiasi tentazione in merito.
Non aveva soppesato nulla, non aveva organizzato nulla, ma a giudicare dall'espressione sul volto di Eleanor non importava. Entrambi lo ritenevano giusto.
Stava facendo ciò che le aveva promesso e lei avrebbe continuato a conoscere le gioie e i piaceri che la vita poteva riservarle. Quello sarebbe bastato. Doveva bastare. A tutti e due.
Tese una mano al di là del tavolo e la tenne ferma con insistenza, facendole capire che doveva stringerla.
Lei rise e alla fine si produssero in un'amichevole stretta di mano. «Al nostro accordo, allora» gli disse. «Quando pensi che sarebbe opportuno continuare?»
Quella era una domanda molto migliore di: Quando pensi che dovremmo finirla?
Difatti aveva già la risposta pronta: «Stasera».
«Ma perché non ti vesti di bianco?» chiese Pearl a bassa voce.
Olivia guardò la sua gemella, poi Eleanor. «Forse ha bisogno di un cambiamento» affermò con tono consapevole.
Le possibilità che tenesse segreta la sua ribellione erano scarse. Tanto scarse da fare dubitare a Eleanor che qualcuno nella bisca in cui si sarebbe recata quella sera avrebbe accettato una scommessa al riguardo.
«Un cambiamento da cosa?» chiese Pearl, confusa.
Cotswold lanciò un'occhiata a Eleanor, sfidandola a rispondere. La cameriera non conosceva tutti i dettagli, naturalmente – se li avesse conosciuti, si sarebbe seduta su di lei rifiutando di perderla di vista anche solo per un attimo – ma aveva deciso di tollerare anche quell'avventura, dato che sapeva bene quanto lei che tutto ciò era solo temporaneo. E che quindi non avrebbe causato scandali duraturi.
Questo però non significava che l'idea le piacesse.
«Un cambiamento e basta» ribadì Olivia, chiudendo il discorso con tutta l'enfasi di cui era capace.
«Potrei anche avere detto a nostra madre che voglio fare le mie scelte nella vita» spiegò Eleanor con un tono deliberatamente lento. «E quindi, stasera mi recherò in un posto che le giovani lady generalmente non frequentano. Non è del tutto rispettabile, ma neppure indegno.»
E quella era probabilmente la spiegazione più evasiva che avesse mai fornito.
«Evviva!» gridò Pearl, spingendo tutte a guardarla. Poi sbatté gli occhi. «È solo che... ebbene, se tu non puoi fare quello che vuoi, che possibilità avremo noi di riuscirci?» chiese con voce molto più bassa. «Che cosa accadrebbe se io oppure Olivia ci innamorassimo di un gentiluomo che i nostri genitori ritengono inadatto? Dovremmo forse voltare le spalle all'amore?»
«Non sapevo che avessi delle opinioni così ferme» disse Eleanor, tendendo la mano e carezzando sua sorella in volto. «Ma ti assicuro che non ho alcuna voglia di causare un altro scandalo. Ve lo prometto.» Anche lui aveva promesso, sebbene quel pomeriggio le avesse detto... no, meglio non pensarci o si sarebbero chieste perché le sue gote erano all'improvviso in fiamme. «Ho solo voglia di vedere qualcosa di più a questo mondo degli eleganti saloni del ton e di qualche museo.»
Non avrebbe detto alle sue sorelle – né a Cotswold, ovviamente – che Alexander l'avrebbe portata in una bisca quella sera. Dopotutto la sincerità aveva un limite, almeno per lei.
«E non è che Eleanor stia pensando di andare in giro vestita di rosso o qualcosa del genere» intervenne Olivia, intendendo che non le sarebbe dispiaciuto andare in giro vestita di rosso.
Lei guardò l'abito scelto per la serata. Non era scandalosamente rosso, ma d'altro canto neppure di un dimesso bianco crema. Si adattava perfettamente alla sua figura, spingendola ad ammirare una volta di più l'abilità di Cotswold con ago e filo. Si trattava infatti di un abito che sua madre aveva scartato, dicendo che la faceva sembrare un mirtillo.
Era confezionato in satin blu stampato, con discrete decorazioni floreali che rendevano più sontuoso il taglio relativamente semplice. Pizzo bianco ornava la scollatura e le maniche, mentre nastri blu scuro avvolgevano il girovita. Cotswold le aveva acconciato i capelli in uno stile più maturo, trovando poi dei guanti blu che le arrivavano oltre i gomiti.
Si guardò allo specchio, notò i volti ammirati delle sue sorelle dietro di lei e sorrise alla sua immagine riflessa.
La donna che vedeva non era più anonima. Mostrava personalità, se quella era la definizione giusta, e la sicurezza di chi era perfettamente in grado di decidere per se stessa, vivere una vita piena e meravigliosa e indossare abiti dalle tinte sgargianti ogni volta che voleva. Sembrava, in breve, una donna che aveva stretto un delizioso patto con un uomo troppo alto e troppo bello.
Olivia e Pearl si alzarono e l'affiancarono, una per ogni lato.
«Sei stupenda» commentò la prima, il tono ammirato.
«Proprio così» fece eco la seconda.
«Promettetemi di stare attenta» l'ammonì Cotswold, la cui espressione compiaciuta rivelava che l'ammirazione delle sorelle Howlett era stata apprezzata.
«Non preoccupatevi» replicò lei a tutte loro, per poi abbracciare Olivia e Pearl e prendere la borsetta che la cameriera le porse.
«E domani dovrai raccontarci tutto» disse Olivia. «Perché come altro possiamo scoprire che cosa ci aspetta se tu non ci spieghi i dettagli?»
Eleanor rise mentre usciva dalla porta, guardando avanti e indietro in corridoio per accertarsi che nessuno, o meglio i suoi genitori, la vedesse.
E poi scese dalle scale sentendosi emozionata come non mai.
Questa era vita.
Questo era ciò che voleva.
Ma sarebbe stata capace di voltargli le spalle quando fosse giunto il momento?
Non poteva rispondere adesso. Né lo voleva.
L'unica cosa che sapeva era che sì, stava per recarsi clandestinamente in un luogo dove nessuna giovane lady avrebbe dovuto andare, soprattutto in compagnia del gentiluomo sbagliato.
E non si era mai sentita così felice.
Alex udì il secco battito sullo sportello della carrozza e aprì, tendendo la mano per aiutarla a salire prima che qualcuno la vedesse.
E poi sentì la gola stringersi non appena la guardò.
Appariva... radiosa. Indossava un abito dalle tinte scure e aveva i capelli raccolti in un sontuoso crocchio che la faceva sembrare una regina.
La scollatura, poi, era molto bassa, tanto da offrirgli una vista di prim'ordine sul petto. E allora non fu soltanto della gola che dovette preoccuparsi.
«Sei...» cominciò, poi scosse la testa.
«Che cosa?»
Colse l'ansia che le riempiva la voce e si affrettò a rassicurarla. «Bellissima» mormorò, per poi battere la mano sul tetto della carrozza per segnalare al cocchiere di partire. Quindi sedette accanto a lei e il veicolo si mosse.
«Pensi che sia una buona idea?» chiese Eleanor, scherzosa e mordace. «Voglio dire, starmi così vicino. Non possiamo certo...» E poi tacque, come se dirlo fosse troppo ardito.
Anche se si trovava da sola in carrozza con lui per recarsi in una bisca, un luogo di cui una giovane lady non avrebbe neppure dovuto conoscere l'esistenza. Per non parlare di frequentarlo.
«Non possiamo fare cosa?» Alexander si chinò e le sfiorò le labbra con un bacio. «Non possiamo baciarci così?» Quindi le strinse il braccio e la baciò di nuovo, stavolta con ardore.
La sentì emettere un suono di approvazione e un istante dopo Eleanor gli afferrò i capelli, leccandogli le labbra con la punta della lingua.
Poi ruppe il bacio e gli posò una mano sul torace, con le dita che si insinuarono sotto la giacca in quella che lui ritenne un'istintiva carezza. «Non cominciamo così, altrimenti non arriveremo mai a destinazione.»
«Immagino dipenda da quale destinazione vuoi raggiungere, Eleanor» le rispose. Ma lasciò cadere la questione, ritirando la mano dal suo braccio e unendo le dita per trattenersi dal toccarla ancora.
Scoprendo così quali destinazioni potevano raggiungere insieme. Fino a portarla al punto in cui lei esplodeva di piacere, con i suoi gemiti di pura gioia che diventavano la sinfonia più bella che avesse mai sentito.
«Ho portato dei soldi, così potrò scommettere» disse Eleanor, voltando la testa e guardando fuori dal finestrino.
Alex notò il modo in cui anche lei teneva le mani giunte e capì di non essere l'unico a sentire il richiamo di ciò che avevano fatto o, cosa più importante, di ciò che rischiavano di fare.
Ma naturalmente lo sapeva già. L'implorazione di darle di più, il modo in cui l'affanno le alzava e le abbassava i seni, il rossore che le coloriva le guance e il disperato bisogno di toccarlo di continuo parlavano chiaro.
Maledizione! Ora il membro gli pulsava sotto i pantaloni e l'ultima cosa che voleva fare era... qualunque cosa non implicasse denudarla e farla urlare di piacere.
Come sarebbe stato se si fossero ritrovati in un letto senza nessuno che potesse sentirli? Se avesse potuto farla esplodere dapprima con la bocca e poi di nuovo mentre la impalava senza pietà?
Che diavolo stava facendo?
Ah sì, certo, stava fantasticando sull'ultima donna al mondo che poteva fare sua. E pensare che suo padre lo accusava di non aspirare mai a nulla.
«Che gioco vorresti fare?»
No, questa non gli era uscita come intendeva.
«Alla bisca» chiarì, prima di proporle accidentalmente un amplesso in carrozza o cose del genere. Magari non poi così accidentalmente.
Lei tornò a guardarlo con un sorriso forzato in volto. Il sorriso educato che elargiva quando si trovava in compagnia e non riusciva a vedere chi parlava. Quindi lui non era l'unico a coltivare pensieri su... qualunque cosa fosse. «Gioco spesso a ventuno con le mie sorelle. Ida è molto forte.» Il suo sorriso si allargò, diventando sincero, e Alex si appoggiò allo schienale, felice di guardarla e di perdersi nelle emozioni mostrate da quel volto espressivo. «Quando ci ha spennate la prima volta aveva solo otto anni. Ha vinto alle gemelle i loro nastri preferiti e mi ha portato via una conchiglia che avevo raccolto a Brighton.» Il suo sorriso si fece ancora più ampio. «Ma io sono riuscita a riprenderla, anche se ammetto di avere sbirciato.»
«E come hai fatto a sbirciare? Ci vedi così poco.»
Eleanor parve sorpresa. Non credeva che lui lo ricordasse? Come se potesse dimenticare qualsiasi dettaglio che la riguardava.
«Ebbene, ho usato proprio questo a mio vantaggio. Siccome portavo gli occhiali, ho detto di avere un po' di polvere sulle lenti per poi chiedere a Ida di prestarmi il fazzoletto. Mentre li pulivo, sono riuscita a vedere le sue carte» gli spiegò con aria sbarazzina. «Dopo le ho confessato il trucco, ma è stato bello vincere.»
«Stasera, però, niente trucchi» l'ammonì convinto, incrociando le braccia sul torace e lanciandole un'occhiata di disapprovazione.
«Certo che no, milord» rispose lei.
Poi gli fece la lingua così rapidamente che Alex pensò di averlo immaginato, solo per capire che era vero quando la vide sgranare gli occhi e portarsi una mano alla bocca.
«Oh, mio Dio» balbettò Eleanor. «Non volevo. Cioè, scusa.»
Lui abbassò le braccia e le toccò la spalla. «Non preoccuparti. Va bene così. Voglio che tu sia te stessa in ogni cosa. Quindi fammi pure le boccacce. Per me, conta soprattutto che tu sia sincera.»
A quelle parole, l'espressione di Eleanor si fece pensierosa. «Non so neppure come sarei se fossi me stessa» gli rispose, stringendo le labbra. «Suppongo che questo mi serva anche per scoprirlo» aggiunse, muovendo la mano tra di loro. «Voglio dire, è davvero bello...» Si interruppe, e Alex vide le sue guance tornare a colorirsi. «... avere stretto il nostro accordo, ma non per quello.» Tacque ancora un attimo, poi alzò un angolo della bocca. «Me ne sono appena resa conto» chiarì, incontrando il suo sguardo. «Grazie di tutto. Voglio scoprire come sono in realtà.»
Anch'io, voleva risponderle Alex, ma era un po' troppo vicino alla verità. Prima non si era mai trattenuto dal dire ciò che gli passava per la testa, ma adesso non poteva. Non con lei, non in quella situazione complicata.
«E io sarò felice di aiutarti a farlo» disse invece.