5.
Aveva mangiato. Pasta scotta e sciapa, ma aveva mangiato. E anche bevuto.
Prima di ritrovarsi davanti un piatto e un bicchiere la ragazza non s’era resa conto di avere fame e sete. L’angoscia le serrava troppo lo stomaco.
Il suo carceriere era entrato in punta di piedi. Non aveva emesso alcun suono. Lei aveva a stento percepito il suo respiro calmo. Prima di slegarle le mani aveva verificato la buona tenuta della benda che aveva sugli occhi. Lei aveva capito il messaggio, non si sarebbe tolta la benda, gliel’aveva anche detto. Gli aveva parlato molto, d’altra parte. Prima in olandese, poi, rendendosi conto dell’errore, in francese. Le parole le erano venute in maniera naturale, anche in quella lingua che ancora padroneggiava poco. Erano fuoriuscite come un flusso troppo a lungo trattenuto. Avevano liberato la sua angoscia. Parlare voleva dire vivere, restare umani. E anche creare un legame. Aveva fatto domande al suo rapitore. Sulle sue intenzioni. Le sue motivazioni. E la sua scelta.
Perché lei?
Ma non aveva ottenuto risposta. Lui le aveva preso le mani, gliele aveva posate sul piatto. Ed era uscito.
Aveva divorato la pasta infilandosene grandi forchettate nella bocca avida. Era così bello mangiare. Quando il corpo è impegnato, la mente riposa.
Dopo il pasto, si era docilmente stesa sulla pancia affinché lui potesse legarla nuovamente senza sforzo.
Era tornato subito.
Doveva averla osservata da dietro la porta, ma aveva bussato prima di entrare. Quel gesto l’aveva stupita. Lui si era avvicinato, l’aveva presa per le braccia e l’aveva guidata in un angolo della cantina. La freschezza umida che regnava in quel luogo non poteva emanare che da una cantina.
L’uomo le aveva fatto toccare un oggetto che lei riconobbe facilmente. Un secchio. Le aveva premuto con forza sul basso ventre. Lei dapprima aveva temuto le sue intenzioni, poi aveva capito. Siccome l’uomo non accennava a muoversi, lei aveva finito per calarsi le mutandine davanti a lui, aveva sollevato la gonna e si era seduta.
C’erano volute ore prima che riuscisse a liberarsi. Lui non aveva mostrato alcuna reazione. Si era limitato a respirare. Sempre con calma.
Poi l’aveva riportata indietro e legata nuovamente. Prima le mani dietro la schiena. Poi i piedi. Si era fermato lì, non aveva legato mani e piedi insieme.
La situazione era meno scomoda, ora. Lei la considerava una ricompensa per la sua docilità. Le regole del gioco erano semplici. Era un buon segno. Doveva essere un buon segno. Ne aveva bisogno. Per non crollare. Per non urlare. Perché all’inizio, dopo aver soddisfatto i suoi bisogni, si era ritrovata stranamente calma, ma ora che era di nuovo sola nella notte la paura invadeva tutto lo spazio. Stava tornando. Più forte di prima.