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Al mio matrimonio americano non c’è stato alcol per gli sposi, perché né Mo né io beviamo. Per gli invitati, sì. Per gli sposi, no.

Certo che mi piacerebbe tornare a bere; ci penso molte volte. Ci penso quando mi trovo a pranzi con vini fantastici. Qualche mese fa sono stato a una degustazione in cui si celebravano le nozze tra il vino e la letteratura. Davanti ai miei occhi sono passati vini eccellenti. Un sommelier ne descriveva le virtù. Io li annusavo e li guardavo.

Ho pensato a qualcosa che potrebbe essere definita «la buona morte del vino».

Però è stato un inferno: la mia vita nell’alcol, quello è stato un inferno. Dio santo, quei mesi, quella distruzione, ma anche quell’euforia, perché ora che ci penso meglio in ogni momento della mia vita c’è stata qualche forma di gioia.

Com’è incomprensibile la gioia, che a volte indossa anche la maschera della disperazione.

L’inferno si presenta sempre con gli ornamenti del paradiso. È un classico della vita. Entri all’inferno credendo di entrare in paradiso. Il vino è giocare alla roulette russa.

Vai verso la morte ricordando che sei stato un grande bevitore. E la morte non può più farti nulla che non ti abbia fatto prima la vita.

Puoi chiudere gli occhi e ricordarti del vino mentre muori.

Questo farò, con grande arte.

Il fatto che Mo non beva è stato cruciale per farmi smettere di bere. Sarebbe stato impossibile smettere senza di lei. Sono ormai passati quattro anni e mezzo da quando ho smesso di bere, e penso a come sarebbe stata la mia vita se avessi smesso prima, molto prima.

Possiamo cambiare il passato nell’immaginazione, tenere in sospeso le possibilità per un paio di minuti, finché non ci rendiamo conto della banalità di questi esercizi mentali, che finiscono in ozio doloroso. Non possiamo cambiare nulla, e questi esercizi provengono dalla nostra immaturità. Bisogna accettare il luogo in cui siamo arrivati nella vita, qualunque sia. Bisogna accettare le responsabilità.

Mia madre mi mandava in una cantina vicino casa a comprare il vino per mio padre. A me non piaceva fare commissioni. Lo detestavo. Mi lamentavo sempre amaramente di quelle commissioni. Mia madre mi mandava a fare compere. Sarà stato il 1972, più o meno. Avrò avuto dieci anni.

Andavo in quella cantina con un fiasco di due litri abbondanti. Compravamo il vino sfuso. La cantina mi sembrava un posto diverso da tutti gli altri, pieno di odori molto profondi. C’erano grandi botti, che mi facevano paura, e rubinetti, e accanto ai rubinetti era appeso un cartello con il prezzo di ogni vino. Un commesso mi riempiva il fiasco. Io avevo un biglietto con su scritto il vino che voleva mio padre; in mano, il denaro contato. Ricordo la borsa in cui mettevo il fiasco.

Com’è possibile che ricordi quella borsa.

La sto vedendo, come se fosse una borsa di adesso.

I manici neri, e il resto tutto giallo.

Era grande.

I misteri dell’ubriachezza che danno il gin, il whisky, il vino, la birra, la vodka sono più importanti dei misteri dell’universo. Sono stato molto felice bevendo di tutto. Il rumore dei cubetti di ghiaccio nel bicchiere di whisky. L’odore e il sapore, e la trasformazione della tua vita in un uragano.

E adesso, al mio matrimonio americano, non ho potuto bere neanche una coppa di champagne.

Che grand’uomo sono stato quando bevevo, penso adesso con amara ironia e con humour, tanto humour, era un piacere vedermi reggere il bicchiere lungo fra le mani, il sorriso aperto fino alla disperazione della mandibola, i cubetti che ruggivano nel bicchiere, gli amici più numerosi, le risate che rimbombavano.

L’alcol aiuta la creazione della vita come spazio politico. L’alcol crea negli esseri umani perfino l’idea che la vita sia una forza senza limiti, e che la vita abbia senso.

A volte penso a cosa succederebbe se tornassi ai vini e ai whisky, se tornassi a far loro posto nella mia vita.

Mi brucerebbero di nuovo, è chiaro.

Alcuni attendono la venuta di Dio, altri la rivoluzione, altri il crollo del capitalismo, altri la fine del mondo. Io, più modesto, aspetto o temo il giorno in cui ritornerò a bere, il giorno in cui ritornerà quell’esaltazione dimenticata, quella tormentata follia.

Perché tutto ritorna.