Sono tornato in albergo e Mo dormiva ancora.
La stanza era piena di rumori elettrici che per fortuna Mo non sente.
Io li sentivo tutti. Ce n’era uno misterioso e fantasmagorico: un rumore come di treno della metro, che risuonava nella stanza a intervalli di un paio di minuti.
L’imperfezione della vita giustifica il suicidio, l’ha giustificato ieri, lo giustifica oggi e lo giustificherà domani, dice Arnold, e lo dice con determinazione. Com’è potuto nascere Arnold da un tipo ombroso e timoroso come me, mi domando. Ed è lo stesso Arnold a domandare.
Arnold il caotico, Arnold lo sfigurato, Arnold il depressivo, Arnold il grande.
Arnold, re del mondo.
L’imperfezione della vita mi ha graffiato il cuore in tutte le fasi della mia esistenza.
L’imperfezione della vita, sentirla, sentirla fino alla nausea, me l’hai regalata tu, mamma, cammina con me, è tua. Quando l’imperfezione della vita viene ai miei occhi, con lei ci sei tu, e mi baci, finalmente.
Arnold sei tu.
Arnold è della tua stirpe.
Mio nonno materno si è suicidato, perché suo figlio maggiore era morto in un incidente stradale, con un camion, a diciassette anni. Mio nonno non è riuscito a superarlo e si è impiccato.
Qualcosa di lui arriva a me.
Perciò Arnold mi sta accanto, ricordando mio nonno, e quello zio che è stato completamente cancellato, perché né di mio nonno né di mio zio esiste anche solo una fotografia.
Un incidente stradale, anni Quaranta, fine degli anni Quaranta, calcolo, perché neanche lo so con precisione.
Non riuscivo a dormire, perché i rumori elettrici mi facevano a fette i nervi, e mi sono messo a pensare a mio padre, e dall’oscurità veniva il suo volto, come se si formasse nelle acque che avevo visto al fiume. Come se mio padre potesse dominare tutti i luoghi in cui sono stato, sono e sarò. L’idea che lui e lei, mia madre, possano accompagnarmi in questa deriva terrestre in cui si è trasformata la mia vita mi dava pace, ma continuavo a non dormire.
Non c’era il silenzio in quella stanza di un hotel di Chicago. Non esiste più il silenzio. Stavo leggendo un saggio di Erling Kagge sul silenzio, e tutto quanto vi leggevo lo facevo mio all’istante. L’esploratore norvegese era andato al Polo Sud; nel freddo, nella neve, nell’assenza di esseri umani, Erling Kagge anelava a conoscere il silenzio.
Può darsi che il silenzio sia la gioia.
Arnold sono i rumori.
Per mio nonno, Arnold è stato il rumore di un camion che va a sbattere contro un albero.
Mi sono reso conto che sto cercando il silenzio disperatamente, perché è nel silenzio assoluto che posso ascoltare i morti, mio padre e mia madre, e sentire me stesso.
Erling Kagge riuscì ad ascoltare i suoi morti, là al Polo Sud?
Ho il presentimento che i rumori siano in espansione, perché la nostra civiltà, più di qualunque altra cosa, produce rumori.
La natura produce suoni, e gli esseri umani rumori.
I rumori facevano impazzire lo scrittore ceco Franz Kafka.
Quando il suono si trasforma in rumore comincia il degrado della vita. Per questo non sopporto i rumori.
Da qui, in questo istante di confusione, mi ricordo di Bra e Valdi, che sono in Spagna.