Il poeta Federico García Lorca amava la Spagna come nessuno l’ha mai amata. L’ha amata con gioia. Ha perdonato tutto alla Spagna ed è sempre qui con noi. Io lo leggevo a quindici anni e mio padre mi guardava.
«Cosa stai leggendo?» mi domandava.
Guardava la copertina del libro.
«Stai leggendo Lorca» confermava.
E sorrideva.
Si trasformò nel nostro dorato fantasma. Lorca ci ha amati tutti, perché nella sua poesia c’eravamo tutti noi spagnoli, compresi quelli che l’avevano ucciso. Ancor di più quelli che l’avevano ucciso.
Mi sono svegliato nella mia casa di Madrid, e avevo sognato quella scena, il ricordo del giorno in cui mio padre mi aveva visto leggere Lorca. Era stato un grande giorno quello in cui mio padre mi aveva scoperto mentre amavo la Spagna, perché la Spagna era Federico García Lorca.
Però il sogno era più complesso e più dilatato e tutto il sogno era presieduto dalla presenza di Federico García Lorca.
Il mio sogno è questo:
Tutta la mia famiglia è riunita. Nessuno è morto né morirà mai. Siamo in un chiosco sulla spiaggia, pieno di gente felice, pieno di famiglie di tutte le regioni della Spagna. Si sentono accenti di ogni parte, del Nord, del Sud, dell’Aragona, della Catalogna, dell’Estremadura, della Galizia, della Mancia. Stiamo tutti insieme. Alcuni bevono sangria; altri, birra ghiacciata. Mio padre è un uomo di quarant’anni. Mia madre, una donna di trentacinque. I miei figli hanno, inesplicabilmente, la stessa età dei miei genitori. I miei nipoti sono bambini di sette o otto anni, e giocano con me. Io non so che età ho, ma non importa. È una grande festa di famiglia. Abbiamo davanti a noi il mar Mediterraneo. C’è della musica. Canta l’Argentinita, e canta questo: «¡Viva Sevilla, viva Triana, vivan los trianeros, vivan los sevillanos y sevillanas!»
Suona il piano Federico García Lorca.
E sembra che Federico García Lorca sia con noi, che sia uno della nostra famiglia, o di tutte le famiglie che sono qui, in questo chiosco sulla spiaggia. Come se fosse l’amato fratello di tutti noi che siamo lì.
Quanta bellezza.
Allora avvisano che la paella tarderà ancora venti minuti e, siccome fa caldo, facciamo tutti un bagno nel mare profondo. L’acqua è trasparente e le onde sono gentili. Mio padre indossa un costume degli anni Sessanta del secolo scorso e sorride come se fosse un dio di marmo.
Ridiamo e giochiamo nell’acqua.
E poi, ci portano la paella, piena di calamari, calamaretti, mazzancolle, gamberi, vongole, scampi, cozze e di meraviglioso peperone.
Mia madre dice che il riso è al giusto punto di cottura e lo elogia con allegria.
È abbronzata, e bella.
Adesso canta di nuovo l’Argentinita, e canta il romance Los mozos de Monleón, e Federico García Lorca suona il piano.
E io, guardando la mia famiglia, penso che si possa essere molto felici e restare sempre allegri in questo paese che si chiama Spagna.
Il sole cade sulla sabbia, la luce azzurrina è d’acqua.
«Muchachos que vais al toro, mirad que el toro es muy malo...» canta l’Argentinita, in un’eternità intensamente spagnola.
Vedo Federico García Lorca fondersi con la Spagna. Vedo la bellezza assoluta, perché Federico García Lorca è stato la bellezza assoluta.
È stato anche la gioia più rivoluzionaria che la Spagna abbia mai visto.
La Spagna e Federico García Lorca sono la stessa cosa. Esattamente la stessa cosa. Milioni di spagnoli nel corso del tempo, milioni e milioni di uomini e donne poveri e umili, poveri e allegri, poveri e poveri, poveri e affamati, poveri e belli, questo è stato Lorca, tutti noi milioni di uomini e donne che siamo nati e vissuti qui. Tutti poveri, tutti con il cuore aperto alla speranza.
Questo è stato Federico García Lorca.
Sono contento che una volta mio padre mi abbia visto mentre leggevo il governatore della gioia.
È stato il primo poeta che ho letto e mi ha fatto innamorare per sempre. Credo che fosse e sia il più grande poeta dell’universo.
«Amigos, que yo me muero; amigos, yo estoy muy malo...»
È da molto tempo che stanno cercando le spoglie di Federico García Lorca. Hanno cercato la sua sepoltura dovunque. Ci sono molte teorie su dove si trovi, ma il suo corpo non ricompare.
Non vuole tornare a rivedere la luce.
È sotto i nostri piedi.
Viaggia nei sotterranei della penisola iberica, da Granada a Santander, da Santander a Valencia, da Valencia a Siviglia, da Siviglia a Madrid, si muove sotto i nostri passi terreni e dai sotterranei continua ad amarci.
Continua a volerci bene.
Il 18 agosto 1936 Federico García Lorca venne assassinato a Granada.
Sotto la terra c’è chi la terra di sopra, chiamata Spagna, l’ha amata fino a morire. Sotto la terra, nella terra che tanto ha amato. Sembra quasi ci sia un ordine e un mistero. Speriamo che continui a vegliare su di noi, speriamo che continui a trasformarci in bellezza. Abbiamo bisogno della bellezza.
Non ricomparire mai.
Sotto il nostro suolo, c’è una selvaggia peregrinazione di cadaveri terrorizzati dalla possibilità che i vivi li ritrovino.
Come sapere se quelli di adesso sono amici e non sono gli stessi macellai di sempre?
Come fa a saperlo un cadavere del 1936?
Il crimine è irredimibile.
Non farti mai trovare.