Sono uscito a vedere il lago. Mo era stanca, aveva da lavorare ed è rimasta a leggere sul divano. Mi ha dato le indicazioni per risalire dopo con il tram e le monete giuste da mettere nella macchina dei biglietti. Ho pensato di nuovo a mia madre, quando da bambino mi dava le monete contate per qualcosa. Mi sono ricordato delle vecchie monete spagnole degli anni Settanta, della vecchia moneta da cinque duros, venticinque pesetas, o di quella da cinquanta pesetas, mi sono ricordato che quando vedevo la moneta da cinquanta pesetas ero sempre contento, perché era grande e dava sicurezza, con quella moneta potevi andare tranquillo per la vita, consentiva di comprare un po’ di cose. Mi sono tornate alla mente le vecchie monete spagnole del franchismo vedendo i franchi svizzeri. Gli spagnoli vennero qui, in Svizzera, perché le pesetas valevano poco e i franchi valevano molto di più. Gli spagnoli degli anni Sessanta emigrarono in Svizzera cercando più soldi per lo stesso lavoro. La vita degli spagnoli è ancora la stessa: cercare di guadagnare soldi, è questa la classe media, cercare di fare in modo che non ci manchi nulla. È questo che ho visto fare a mio padre, ed è questo che faccio io: cercare di tirare avanti. Non avremo mai il potere d’acquisto degli svizzeri, perché siamo spagnoli, perché veniamo da un paese con élite politiche corrotte, inette, negligenti, indolenti e megalomani, che non si rendono conto della cosa essenziale, e la cosa essenziale è che in Svizzera si guadagnano più soldi che in Spagna per lo stesso lavoro. L’indolenza è peggio della corruzione. L’indolenza dei politici spagnoli si basa sull’occupare un ufficio e da lì veder passare la vita senza intervenire. Pensano che nella vita già intervengano i funzionari e i lavoratori, che sono pagati per farlo. Questo pensano i politici spagnoli. Se ci va bene, è per il turismo e le arance e la paella, soltanto per questo, e perché siamo in Europa, perché siamo lì, sotto i Pirenei. In nessun paese come in Spagna si nota tanto la distanza cosmica tra i politici e il popolo. Gli spagnoli sono meravigliosi, lavoratori e appassionati, talentuosi e capaci, onesti e brillanti, vitali e intraprendenti; i loro politici, invece, sono indolenti. L’indolenza gli fa marcire l’anima. Gli spagnoli che si alzano presto sono quelli che hanno animato questo paese. I politici spagnoli succhiano il sangue agli spagnoli che si alzano presto, e così funziona il paese, immerso in una specie di vampirismo atavico e primitivo, che risale al feudalesimo medievale.
Non posso fare a meno di andare a vedere il lago, ho detto a Mo.
Non ha senso venire da Madrid e non andare a vedere il lago, vedere l’acqua, vedere il meglio del pianeta Terra: l’acqua.
Devo sempre stare vicino all’acqua, così sono uscito di casa a passo svelto, cercando il fiume, i ponti e la luce sull’acqua. Ed ecco lì il lago, nell’oscurità della sera.
Se vedo l’acqua, mi tranquillizzo. Perché dove c’è acqua continua a esserci natura, continua a esserci una verità. Dove c’è acqua non possono esserci autostrade, camion, aerei, negozi, grattacieli, ospedali, carceri, manicomi. Dove c’è acqua non può esserci menzogna.
Se vedo acqua, il mio sguardo non si sente umiliato, spaventato, offeso.
Poi ho passeggiato per le strade del centro storico, ed erano piene di giovani, perché era venerdì.
Haydn, il mio amico, il vecchio poeta, una volta, molti anni fa, mi disse che io ero di un segno d’acqua. Mi ha assalito quel ricordo mentre guardavo l’acqua sotto i ponti. I giovani giravano travestiti perché era Carnevale.
C’erano risate e canzoni e birre e urla per le strade. La gente se la stava spassando.
Mi sono ricordato della prima volta che ero venuto a Zurigo, quando Bra e Valdi erano piccoli, doveva essere nel 2007. Ricordo che alloggiavamo in un Novotel, che allora era una catena alberghiera famosa perché offriva buoni prezzi. Aveva la piscina coperta e andammo a fare il bagno. Io volevo visitare Zurigo, ma Bra e Valdi non capivano perché dovessimo abbandonare la piscina per le strade di una città sconosciuta, inospitale ed estranea. Erano due bambini di nove e dieci anni, e volevano fare il bagno nell’acqua calda. Non capivano cosa potesse avere di interessante una città, se tutte le città sono la stessa cosa: strade, semafori, McDonald’s e automobili.
Per uno spagnolo tutte le città europee sono come irraggiungibili, sempre care, sempre più care, più colte, più ricche delle nostre, e ci ricordano con ostilità che siamo il parente povero di questo continente. Viaggiamo per l’Europa pieni di paura, attenti al prezzo delle cose, vedendo che i taxi e i ristoranti di quelle città hanno prezzi stratosferici. Invece gli europei vengono in Spagna e trovano tutto meravigliosamente economico.
Io, come sempre, cercavo nelle città qualche tipo di verità o di bellezza, qualche tipo di rivelazione intellettuale, povero me, quanto sottosviluppo spagnolo mi sono sempre portato addosso, la puzza del franchismo sempre addosso. Noi spagnoli della mia generazione avevamo bisogno di viaggiare, forse perché eravamo nati in un paese immobile.
Adesso, però, cerco quei ricordi e non trovo niente, tranne vampate della memoria.
Vado nei luoghi dov’ero stato anni fa con i miei figli, e non c’è niente. Ma è preziosissimo constatarlo. Soltanto io conosco questa verità: che siamo stati qui, a Zurigo, e che sono tornato dodici anni dopo, trasformato in un uomo completamente diverso da quello che era venuto qui nel 2007.
E penso a quella metamorfosi del mio corpo e della mia anima e non posso essere meno che grato a qualche forma di destino. Perché so che non ero felice in quel 2007, non lo ero. No, non lo ero. È molto probabile che neanche adesso lo sia. È molto probabile che non lo sarò mai. Però una cosa è certa: ci sto provando, in modo sfacciato.
In modo sfacciato, in modo unico, eccomi qua, a invocare le mie persone amate, a cercare di essere felice.
E so che ci sto provando perché sono cambiato. Si sa se una persona sta cercando di essere felice se la vediamo cambiare.
Può darsi che ci sia un tempo per forgiare famiglie e un altro per distruggerle. Sulle rovine di una famiglia, si erge un uomo che cammina da solo.
Ho continuato a girare per il centro storico, guardando gli orologi nelle vetrine. Perché tutta Zurigo è una celebrazione degli orologi. Guardavo i prezzi.
Tutti gli orologi erano carissimi.
Chi può comprarsi un orologio da cinquemila euro?
Non avrei ormai il diritto di averne uno al polso? Non mi sono impegnato abbastanza nella vita per avere questo premio?
Quali sono i premi della vita?
L’amore dei figli?
Se ora fosse viva mia madre, potrei chiamarla e chiederle cosa ne pensa dell’idea di comprare un orologio da cinquemila euro a Zurigo.
«Cosa ci fai a Zurigo?» mi chiederebbe.
E mi direbbe che se ci fosse da comprare un orologio da cinquemila euro, dovrei prima comprarlo a lei. Che gliene dovrei regalare uno, e mi ricorderebbe le poche cose che le ho regalato quando era viva e le troppe cose che le sto regalando adesso che è morta.
Ho sorriso a me stesso.
E mi sono allontanato dalla vetrina. Ho cercato il tram numero 9 e sono tornato a casa.
Non trovo mai il momento di andare a dormire, non voglio mettermi a letto, ho la sensazione che devo continuare a occuparmi della vita, che non posso piantarla in asso.
Mi metto a letto, i letti svizzeri non hanno le lenzuola, ma un piumone. All’inizio ho freddo, poi non più. Poi la temperatura è perfetta. Non so a cosa pensare perché arrivi il sonno. Penso al viso di mio padre quando aveva l’età che ho io adesso.
Dal letto vedo una luce remota; è il caricatore del computer portatile di Mo, per un attimo mi è sembrato un fantasma. Mo usa computer Apple; io no, io uso quelli normali, non so neanche come si chiamino. Molte volte rimango a fissare il suo computer e penso che dev’essere migliore del mio, lo vedo più robusto, meglio esposto nei negozi, più cool, più infallibile. Anche più caro, molto più caro. Sono arrivato all’età in cui non posso più cambiare marca di computer portatile, questo mi fa sorridere, questo pensiero stravagante. Negli aeroporti, nei bar, negli alberghi, tutti vanno in giro con il loro computer Apple, e questo mi fa sentire quasi come una persona arretrata, come un provinciale, come uno che monta una mula rispetto a gente che monta cavalli tutti agghindati.
Mi addormento sentendomi profondamente in colpa. Ho imparato a addormentarmi sotto il dominio e la presenza di sentimenti che ad altri farebbero venire il panico, quello sì che l’ho saputo fare.
Lo spirito di sopravvivenza che è in grado di creare un essere umano contiene un’energia superiore a quella della combustione del sole e di tutte le stelle dell’universo.
Penso che Bra e Valdi avranno ereditato questo da me, questo sì alla sopravvivenza. Non è un bene immobile. Non sono soldi. Non sono gioielli. Però è un’eredità favolosa.
Non mi addormento.