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Ogni uomo o donna che abbia cambiato radicalmente vita sente una voce, che fa sempre la stessa domanda: «Ne è valsa la pena?» È la domanda più triste e più smarrita che esista, perché è piena di immaturità e di paura, e non sa rendersi conto di una verità inflessibile della vita: esiste soltanto il presente.

Il presente è la nostra forza.

È chiaro che mi mancano le due famiglie su cui è basata la mia vita: la famiglia in cui sono stato figlio, e la famiglia in cui sono stato padre, certo che mi fa male averle perse, e non so neanche bene perché si siano perse.

Però questo presente in cui ora vivo è incommensurabile, perché è un tempo in cui l’imprevisto governa la mia vita. Nulla di ciò che mi sta succedendo è stato mai previsto, intuito, nemmeno ipotizzato. Anche l’imprevedibilità è gioia, perché l’imprevedibilità sembra un regalo, suggerisce l’apparizione di un angelo, l’apparizione dello straordinario.

Da questo presente contemplo il mistero del perché si perdano le famiglie, del perché si disfino. Alcune le portano via la morte e il tempo, altre i divorzi e i drammi comuni della vita.

È uno spettacolo umano, pieno di inquietudine, veder le famiglie passare e andare verso l’oblio, verso l’estinzione.

Non potevo immaginare che un uomo comune come me diventasse oggetto d’interesse da parte del destino.

Quando un destino inatteso si fa strada nella tua vita finisci per innamorarti della libertà.

È inesplicabile questo merito.

La parola è «merito». Quante scarpe hai nell’armadio? Quante scarpe hanno avuto i tuoi nonni? Quante generazioni ti separano dalla fame? Cosa hai fatto per meritarlo?

Mio padre è stato molto più felice di me e ha avuto molte meno cose di me. Il sorriso con cui ha affrontato il mondo io non lo possiederò mai. Non mi sarà concesso quel sorriso, forse perché ho scosso l’albero della conoscenza.

Cosa è successo?

Cos’è tutto questo?

Non avremo confuso la ricchezza con la spazzatura?

Cosa avrebbe fatto mio padre se gli fosse toccata una vita come la mia, una vita da scrittore, una vita con libri e conoscenza?

Non sarebbe stato il grand’uomo che è stato, e questo mistero mi congela le articolazioni, mi prosciuga l’anima, mi abbatte e mi confonde. C’è in quel mistero un messaggio che non so decifrare.

Il suo sorriso nobile, la sua austerità, la sua grande dignità, da dove le prendeva se non aveva conosciuto il mondo come lo conosco io? O invece lo conosceva e faceva finta di non conoscerlo?

Chi era?

Chi è stato quell’uomo?

Chi sono io se non una sua alternativa, una variante peggiore della sua anima?

È così, una variante eliminabile, minore, prescindibile della sua anima, questo sono io.