Come un corridoio lungo, vecchio e buio, così la sento io, questa mattina in cui mi sveglio con poca voglia di vivere. Arnold, eccolo qui, era da un po’ che non veniva, ma ritorna sempre. Non se ne andrà mai. Il mio corpo è la sua dimora, dove vive a proprio agio.
Sono rimasto solo con lui, non c’è nessun altro. Senza famiglia, gli esseri umani non sanno vivere, mi dice Arnold, dice sempre cose del genere.
Si trascinano per il mondo e crollano in mezzo a una strada, stroncati da un infarto, così muore Omar Sharif alla fine del film Il dottor Živago. A mia madre piaceva molto Omar Sharif.
La famiglia erano dei figli che aspettano un padre e una madre, c’è gente che disdegna questo e sceglie un’altra cosa, però quell’altra cosa, alla fine, quando compaiono la vecchiaia e la decrepitezza, non serve.
Nulla serve tranne i figli.
Bra e Valdi non lo sanno. Un giorno lo sapranno, vedranno quel senso recondito e contempleranno la storia di un uomo, il loro padre, che ha cercato disperatamente la gioia.
Ero a letto pensando a tutto questo, senza alcuna voglia di alzarmi, steso accanto ad Arnold, che mi guardava freddamente, e io ingarbugliato nelle lenzuola, che erano fredde, ma era un freddo amabile, un freddo che mi portava a evocare le case in cui avevo vissuto in passato e che non avevano il riscaldamento centralizzato.
«Non c’è niente dopo la morte» ha detto Arnold, «e il tuo amore per tuo padre e tua madre è soltanto un delirio letterario, o meglio, un’alterazione; la gente accetta tutto questo senza alcun problema e si gode il presente.»
«Non credo che nella condizione umana ci sia l’accettazione rassegnata dello scorrere del tempo. Non si può godere del presente senza avere il passato davanti. Il presente è meraviglioso se completa il passato. La vita ha bisogno del passato. E, d’altro canto, nella rassegnazione può esserci gioia. E i fantasmi non sono meno importanti degli esseri in carne e ossa.»
Eravamo a questo punto, Arnold e io, quando ha suonato il citofono. Mi ha tirato fuori dal letto l’arrivo di un tecnico per la manutenzione della caldaia. In quante case ho vissuto senza riscaldamento centralizzato? Gli appartamenti da studenti degli anni Ottanta non ce l’avevano e non ti toglievi mai di dosso la sensazione di freddo. I riscaldamenti centralizzati diventarono comuni solo all’inizio degli anni Novanta. A poco a poco scomparvero le stufe con le bombole di butano, e le stufe a petrolio, e i radiatori elettrici. L’industria spagnola del riscaldamento ha progressivamente ceduto il passo a quella della refrigerazione. Ora quasi tutte le case hanno moderni apparecchi per l’aria condizionata. Prima ci ha terrorizzati il freddo, poi il caldo.
Gli ho aperto la porta e l’ho portato sul balcone, dove c’è la caldaia. Erano le nove e mezza della mattina, di una mattina di marzo, piena di sole. Abbiamo guardato tutti e due il sole. Lui ha commentato che ero fortunato ad avere quel sole sul balcone. Però gli ho detto che stavo sempre nella mia stanza. Non ha chiesto perché stavo sempre nella mia stanza. Ho intuito che aveva dei figli. Gli ho chiesto dei suoi figli.
Ne ha due, Paula e Leandro.
Così si chiamano.
Mi ha detto che lui si chiamava Alberto, ma che il figlio l’ha battezzato Leandro per il nonno di sua moglie, che si chiamava così.
Mentre faceva la manutenzione della caldaia si è messo a riflettere ad alta voce sulle circostanze famigliari che avevano portato a battezzare Leandro il suo primogenito.
«Non ho conosciuto nonno Leandro, però nella famiglia di mia moglie avevano una devozione per lui, dicono che fosse una bravissima persona, che aiutava tutti. E dev’essere vero, se si ricordano tanto di lui. Perché delle persone cattive non ti ricordi, o te ne ricordi per il male che hanno fatto.»
Così ha detto.
Siccome abbiamo parlato abbastanza, quando se n’è andato mi ha stretto la mano. Credo che si sia reso conto di aver suscitato nel mio animo un profondo rispetto, un rispetto che non escludeva un’invidia benevola, perché ormai invidio soltanto i cuor contenti.
I cuor contenti, una stirpe anonima; se le agenzie delle entrate li conoscessero, si farebbero pagare imposte esorbitanti.
Magari fossi contento come quell’uomo, che ha lasciato la mia caldaia perfettamente pulita e revisionata, e se n’è andato felice in un altro appartamento, a pulire un’altra caldaia. Ho visto come puliva la mia: non soltanto lo faceva con destrezza, ma anche con impegno.
Era un uomo allegro.
Grazie, mio Dio, perché in questo mondo ci sono uomini come lui.
Quest’uomo di nome Alberto ha fatto svanire Arnold.