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Ho presentato la traduzione del mio romanzo in Italia. Perciò, ho parlato di fronte a più di duecento persone di Bach e di Wagner. La gente mi fa i complimenti per aver saputo raccontare la storia della mia famiglia.

Siete qui, tutti e due, tradotti in italiano. Adesso la gente vi conosce in Italia, e mi stavo chiedendo se sia una cosa buona o cattiva.

Credo che a papà sarebbe sembrata cattiva, e a mamma, a seconda di quanto mi avessero pagato per raccontare le loro vite. Perché mamma era così.

«Cosa mi regali con tutti quei soldi che ti stanno dando per parlare di tuo padre e di me?» Questo mi avrebbe detto Wagner. «Dovrai farmi un bel regalo, e anche a tuo padre, perché in vita ci hai regalato poche cose, lo so che non potevi, e adesso che puoi non ci siamo più. Adesso che puoi farci dei regali, non ci siamo più, è da morire dal ridere, e so bene cosa avrebbe significato per te, che sarebbe stato importante per te. A me sarebbe piaciuto moltissimo, e a tuo padre non sarebbe quasi importato, perché lo sai com’era tuo padre. Ma avrebbe gradito che lo invitassi a cena in un buon ristorante, questo sì che gli sarebbe piaciuto.»

So benissimo cosa sta succedendo quando arrivano queste voci: quello che sta succedendo è che cerco trucchi e inganni, arguzie, trappole e tranelli per impedire l’addio devastante, l’addio reale. M’invento di tutto per trattenervi in questo mondo.

Tutti i figli dicono addio e tornano alla loro vita.

Che razza di figlio sono io che vi trattiene nel mondo e non vi lascia riposare? Lo so cosa succede: voglio svegliarvi, non voglio lasciarvi dormire, non vi lascio riposare tra i morti, non permetto che troviate il vostro naturale riposo e oblio nel nulla di coloro che non ci sono più.

Perciò, m’immagino che vi scandalizziate per le cose che vostro figlio scrive su di voi. Immagino che mi odiate e mi condanniate per avere reso pubbliche le vostre vite.

Ma odiandomi, o anche soltanto arrabbiandovi furiosamente con me, uscite dalla morte e tornate alla vita. Incollerendovi con me, e facendolo a ragione, abbandonate la morte, il silenzio, la staticità dei defunti. Perché i morti non possono arrabbiarsi, irritarsi né odiare.

È questo che sto facendo con i libri che scrivo su di voi.

Vi scuoto, vi infastidisco, vi disturbo, come si fa con quelle persone che sono nel mezzo di un infarto o stanno morendo, e bisogna prenderle a schiaffi per non farle addormentare, perché se si addormentano non si sveglieranno più.

È una storia d’amore che non finisce mai.

Perché questa storia d’amore?

La cosa normale è una storia d’amore tra un uomo e una donna, o tra un uomo e un uomo o tra una donna e una donna, ma non tra un figlio e i suoi genitori.

Cosa è successo qui?

Che non ho nulla, questo è successo. Che vado verso un grande vuoto, e ho soltanto voi due. Non c’è nessun altro nella mia vita. Né Mo né i miei figli, che amo e che mi amano, possono aiutarmi.

Nessuno può aiutarmi.

Potete aiutarmi soltanto voi due, e siete morti.

Il passato si è trasformato in un dio.

Perciò potete aiutarmi, perché non potete, perciò ricorro all’impossibile. È il «muoio perché non muoio» di Teresa de Cepeda, quello è.