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Sono al Museo del Prado. Tutte le grandi pinacoteche hanno nozze reali e nozze di imperatori. Le nozze dei re sono fastose e resistono al tempo nei musei, nella memoria dei libri di storia, e resistono al tempo nella memoria degli uomini.

Le nozze dei sudditi sono umili e solitarie, e così si compie un comandamento primitivo che riguarda la fondazione dei popoli e che esprime la povertà e l’anonimato di milioni rispetto alla ricchezza e alla memoria di uno solo, perché, affinché i popoli e le nazioni esistano, uno dei loro membri dev’essere incoronato come se fosse un essere sovrannaturale.

È un atto di fede.

Per questo fin dall’Antichità i re e gli imperatori obbligavano i sudditi a inginocchiarsi, perché ciò che rappresentavano doveva essere irraggiungibile, lontano, celestiale e inequivocabile se si voleva che esistesse il popolo o la nazione.

Quanto più violenta e temibile è la rappresentazione di uno Stato o di una nazione, più forza e vigore acquista l’esistenza di quello Stato o di quella nazione. Così è accaduto per molto tempo.

Per credere nell’esistenza di una collettività, quella collettività deve avere un rappresentante devastatore e onnipotente. Questa è stata la storia.

Tuttavia, sono ormai tre secoli che dubitiamo di tutto questo. Le nazioni si deteriorano, i re vengono ridicolizzati e la gente vive come può.

L’unico modo per vivere in pace, all’età che ho io, è respirare un po’ di bellezza. Forse la bellezza che arriva dal passato, come se fosse una fede o una religione. Se lo adoriamo, se ne facciamo un oggetto di culto, come faccio io, il passato ci invia un po’ di gioia velata. A questo si dedicò lo scrittore francese Marcel Proust negli ultimi anni di vita.

«Di che religione è?» domandavano a Proust.

«La mia religione è il passato» rispondeva lui.

Marcel Proust nacque il 10 luglio 1871 ad Auteuil, un quartiere di Parigi, e visse cinquantun anni, che oggi sono pochissimi anni. Aveva i baffi e gli occhi grandi. Lo immagino mentre si guarda allo specchio. Nel 1905 morì la madre, che amava profondamente. Fu un colpo dal quale non si riprese mai. Fu la morte della madre a produrre la sua grande opera, la sua enciclopedica Alla ricerca del tempo perduto. Produsse anche la sua idea del ricordo, perché la morte della madre gli mostrò che la vita ha bisogno di completarsi con il ricordo della vita. Si rese conto che al mondo c’era stata soltanto una persona che meritasse tutta la sua fiducia, ed era stata la madre, che nessun’altra donna o nessun altro essere umano avrebbe mai potuto sostituire. È questo il fallimento: renderti conto che l’amore incondizionato è un fatto retrospettivo. Anch’io me ne sono reso conto quando sono morti mio padre e mia madre.

Si rinchiuse in una stanza parigina, da cui non usciva, e si consacrò alla festa del passato. Non sopportava i rumori. Fece mettere del sughero sulle pareti della casa. Fu un pioniere dell’insonorizzazione. Non può esistere nulla che io capisca meglio che fissare del sughero alle pareti per eliminare il rumore. La ricerca della verità coincide con quella del silenzio assoluto. Mi piacerebbe vedere il giorno in cui dei falegnami entrano in casa di Proust con il compito più strano della loro vita: riempire le pareti di sughero. Non hanno mai fatto niente di simile. Sembra un lavoro semplice, perché il sughero non pesa quanto i mattoni o la pietra o il marmo. Tuttavia, si accorgono ben presto che il cliente è un perfezionista, che li obbliga a un’attenzione ossessiva. L’Arnold di Proust, come lo fu anche quello di Kafka, è il rumore.

La prima insonorizzazione fatta a Parigi fu quella in casa di Marcel Proust. I falegnami non capiscono l’incarico, ma a Proust brillano gli occhi. Crede di essere sul punto di assestare il colpo definitivo al rumore, al suo Arnold privato. Freud avrebbe detto che voleva tornare al silenzio dell’utero materno. Forse cerchiamo tutti quel silenzio. E Proust cominciò a scrivere ciò che aveva vissuto, e mentre scriveva salvava il vissuto e gli dava una dimensione epica, lo trasformava in storia sacra, e così la vita presente gli risultava sopportabile, smetteva di sentire il rumore.

Si stava drogando.

Un drogato della sua stessa vita, del suo passato.

Quando si riposava, rimaneva fermo, senza battere ciglio, a caccia di qualche maledetto rumore, e quando verificava che il sughero funzionava, la gioia gli inondava il cuore.

Di tutti gli scrittori che sono esistiti, è quello che capisco di più.

Marcel Proust muore a Parigi il 18 novembre 1922, senza alcuna consapevolezza della morte, perché aveva salvato la sua vita in migliaia di pagine. Muore narcotizzato dal passato. Muore pieno di libertà e di gioia.

Migliaia di pagine, milioni di parole.

M’immagino questa scena: arrivo in nave in una grande città, tipo New York agli inizi del XX secolo, ho delle valigie, un soprabito pieno di rammendi, ho fame e freddo.

E un funzionario mi chiede la mia religione. La stessa domanda che avevano fatto a Proust. Perché è impossibile vivere senza credere in qualcosa.

«La mia religione è il passato» rispondo.

Una religione fondata sul passato, fondata sul culto di tuo padre e tua madre, e su tutto quanto è in un tempo precedente a questo istante, in cui le persone amate non muoiono.

Bene, so dove mi dirigo.

Torno a casa.

Suono il campanello, perché non mi avete ancora dato le chiavi di casa, perché sono ancora piccolo. Arrivo al campanello. E suono il campanello, e apri tu la porta, mamma, la apri tu e questa scena si svolge proprio adesso, e si ripete e si ripete e si ripete, e io la scrivo in tutti i miei libri, perché è una preghiera, un’orazione, una salmodia, che fa sì che tu arrivi coronata da qualcosa che non hai avuto quando eri viva, arrivi coronata di bellezza e di gioia.

Perché è un mistero la gioia.

Perché ho appena fondato una religione. C’è stato un critico letterario molto famoso che ha detto che i grandi scrittori fondano religioni personali, che è stato questo che ha fatto lo scrittore Franz Kafka. L’idea mi è molto cara, è chiaro che non sono Kafka, ma ho il mio proprio cuore.

La fantasia, l’illusione di avere un cuore.