Quando Vanessa aprì la porta di casa si ritrovò Vincenzo Mello davanti sorridente. Negli ultimi giorni l’aveva martoriata via telefono perché voleva assolutamente vederla. Lei si era finta spesso impegnata. Si era stancata di quella storia e per fortuna erano giunti quasi al finale.
Il giorno precedente aveva finalmente fatto pace con Federico. Finalmente… già, perché nonostante lei avesse ragione e lui si fosse preso gioco di lei, Vanessa non sapeva proprio resistergli.
Aveva parlato con tutti i suoi amici la sera precedente della storia di Vincenzo. Aveva detto loro che si era un po’ seccata. Vincenzo la contattava ogni minuto della giornata con messaggi dolci e provava anche a chiamarla. Davvero non ne poteva più.
Gli altri si erano mostrati molto divertiti quando erano venuti a conoscenza dei fatti accaduti tra i due. Federico si era complimentato con lei, stava recitando davvero un copione perfetto, “potresti fare l’attrice” aveva aggiunto.
Alla fine si era incoraggiata a continuare, il momento finale dello scherzo era quasi giunto e serviva solo un ultimo sforzo. Aveva accontentato Vincenzo e gli aveva detto di passare da casa in serata, e lui, come al solito, era arrivato con venti minuti di anticipo.
Vanessa notò che Vincenzo aveva qualcosa in mano, un pacco regalo.
«Ciao Vane» le disse.
«Ciao Vincenzo» rispose lei abbozzando un sorriso.
Lui si guardò le mani, titubante e inibito come sempre. «T… ti ho p… preso un pensierino.»
Lei sembrò divertita. Sorrise, e stavolta lo fece spontaneamente.
«Ecco, tieni», disse lui porgendoglielo.
Vanessa lo prese e lo scartò pian piano. Aveva già intuito cosa fosse ma era curiosa di vedere di che modello si trattasse.
Ed eccola qui: un’Armani blu lucida. Niente male come gusti, pensò lei.
«Wow. Grazie mille», gli disse facendo splendere i suoi occhi.
Non sopportava più Vincenzo, non le sarebbe mai piaciuto, ma di una cosa era a conoscenza: mai nessun ragazzo le aveva fatto una sorpresa del genere. Al massimo le avevano chiesto di scartare un altro pacco.
In quel momento si sentì felice. Fu pervasa da un gusto gradevole. Il suo sorriso fu il segno di ricambio per lui.
Vincenzo avvertì una massa invadergli il cuore di felicità e di soddisfazione. Non sapeva di cosa fosse fatta, ma se la immaginava di colore rosso vivo. Qualcosa di colore rosso gli riempì il torace e poi la mente. Era felice.
«T… ti piace?» le chiese.
«È stupenda» rispose lei. E mentre pronunciò quelle parole, Vincenzo percepì il profumo del suo fiato carico di feromoni.
Era il momento di togliersi l’ultimo dubbio. Era una domanda che si era fatta nei giorni precedenti. C’era stato il primo appuntamento, il primo bacio, i primi sentimenti scambiati… ora serviva fare chiarezza.
Prese coraggio e inspirò profondamente.
Uno… due… tre…
«Stiamo insieme?» le chiese. E quelle parole bloccarono il tempo e l’aria. Lei rimase sorpresa. La felicità e l’attenzione che un attimo prima erano entrambe per la borsa, adesso si erano spostate altrove.
È ridicolo. Pensò.
Lo sguardo le tornò inconsapevolmente serio e il sorriso si dileguò dalle sue labbra. Si poteva essere così ridicoli da fare una domanda del genere a una ragazza dopo un bacio e qualche messaggio?
Lo scherzo è quasi terminato, le disse una vocina nella mente.
Gli ultimi sforzi.
Si impegnò per far tornare il sorriso sul suo volto e decise di dargli il colpo di grazia prima del grande passo.
“Sì. Anzi… quasi!» gli rispose facendogli l’occhiolino.
Vincenzo divenne paonazzo e il suo cuore, ad ogni battito, sembrava spruzzare una sostanza che gli metteva felicità ed ebbrezza.
Ce l’ho in pugno. Cavolo se ce l’ho in pugno. Pensò Vanessa soddisfatta.
Ultimo sforzo, si disse.
Prese Vincenzo per la maglietta e lo tirò verso di lei, indietreggiarono ed entrarono nel suo garage. Continuò a tirarselo addosso fino a che le due labbra non si incontrarono.
Lo baciò.
Questa volta il bacio durò di più.
Dieci, venti, trenta secondi.
Vincenzo aveva lasciato la troposfera e si era issato oltre.
Vanessa gli prese una mano e se la mise sul seno.
Morbido, consistente, caldo. Era la cosa più bella del mondo.
Vasi inondati di androgeni.
Mente inebriata.
Vanessa lasciò la mano di Vincenzo sul suo seno e fece scivolare la sua in giù. Vincenzo sentì qualcosa nelle zone basse. La mano di Vanessa gli aveva preso l’organo e aveva cominciato a manovrarlo. Poi si staccò. «Facciamo una cosa?» chiese lei sottovoce.
«Quello che vuoi» rispose Vincenzo come un suddito risponde al proprio monarca.
«Domani sera prendiamo un B&B in centro e passiamo la notte insieme?»
Lui sorrise. Non aveva idea di dove e come avrebbe trovato quei soldi ma l’avrebbe fatto!
“Sì. Va b… bene» le rispose.
Vanessa sorrise, anche stavolta in modo spontaneo.
Ecco fatto. Prepariamoci al gran finale, si disse.
Quando svoltò per la stradina di casa con la sua panda nera, Vincenzo scorse Christian che ritornava dalla solita corsetta. Lui gli fece segno di rallentare e di fermarsi sventolando la mano avanti e indietro.
Vincenzo accostò.
«Ehi Chri.»
«Vincenzo. Dove vai?»
«A casa» rispose lui.
«Senti», disse Christian con uno sguardo eccessivamente serio. «Ti devo dire una cosa.»
Vincenzo si concentrò. «Dimmi pure.»
«Non posso dirti chi mi ha detto quello che sto per confessarti. Ma devi credermi», lo implorò.
Vincenzo aveva intuito l’argomento. «Dimmi, dai» rispose seccato.
Christian infilò la mano nell’abitacolo e avvolse l’avambraccio di Vincenzo. «Forse Vanessa vuole solo prenderti in giro.»
«Forse?» chiese Vin.
Christian scosse la testa. «Non me lo ha detto una persona molto affidabile, ma mi è sembrata molto seria. Per questo ti prego di credermi.»
«Chi te lo ha detto?» gli chiese Vincenzo mostrandosi diffidente. Era fermo con il corpo ma con l’anima si era già allontanato dal suo amico di intimità.
«Non posso dirtelo. Gliel’ho promesso. Ma devi credermi.» Il suo sguardo sembrava quello di una persona che chiede pietà. «Da quanto ho capito è tutto organizzato. Si stanno prendendo gioco di te. Vogliono qualcosa, non so precisamente cosa. Ma lasciala stare, cazzo!»
Forse…
Una persona non troppo affidabile…
Non so precisamente cosa…
Il cervello inebriato di Vincenzo decise di prendere in considerazione soltanto questi tre concetti. Questi sarebbero bastati per giudicare infondata l’idea di Christian. Il fatto è che, quando il cervello trova un gioco bello da morire, non può più chiamarsi tale. Riuscirebbe a prendersi in giro da solo.
«Ti saluto, Christian. A presto» rispose infastidito e mise la prima marcia. A causa della brusca accelerazione, Christian fu costretto a lasciare la presa sull’avambraccio dell’amico e ciò che si ritrovò davanti fu un polverone di terra.
«Stai attento, Vincenzo!» gli gridò di nuovo.
Quella fu l’ultima volta che Vincenzo e Christian si scambiarono la parola.