L’“atto di nascita” della filosofia greca a Mileto non è frutto di quello che è stato invocato spesso come il “miracolo” greco, ma di una situazione storica e culturale ben specifica, quella stessa in cui prende forma la città greca arcaica.
Prudenza vuole che, nell’affrontare il pensiero dei “filosofi” greci del VI e V secolo a.C., mettiamo fra molte virgolette sia il termine che li qualifica come “filosofi” sia quello che li pone “prima di Socrate”.
In effetti l’etichetta di “presocratici”, che tanta fortuna ha avuto fin da quando ha preso piede, è criticabile in quanto Democrito per esempio (per non dire dei sofisti tutti) è contemporaneo dello stesso Socrate. Ma debole appare soprattutto, al giorno d’oggi, l’idea che Socrate segni un limite in quanto inaugura un interesse etico nuovo, dopo una fase di pensiero concentrata sullo studio della natura. È questa una nozione antica e autorevole, delineata da Aristotele all’interno della grandiosa ricostruzione della tradizione filosofica che lo precede, nel primo libro della Metafisica, e poi tradotta in una memorabile immagine di Cicerone (Socrate che “per primo ha tratto la filosofia giù dal cielo e l’ha collocata nelle città, e addirittura introdotta nelle case...”). Ma gli studi più recenti hanno messo in luce che cospicui elementi di pensiero morale erano presenti anche prima di Socrate: basti pensare alla preoccupazione esistenziale che attraversa gli aforismi di Eraclito, o all’interesse per l’anima e il suo destino oltremondano che emerge dalla tradizione pitagorica, o dai frammenti di Empedocle.
Più spinosa ancora è la questione di cosa si intenda per “filosofia” quando si parla di presocratici. Infatti, ci si può chiedere anche “che cosa” eventualmente inizi con un’enunciazione come quella di Talete, secondo cui “principio” della natura è l’acqua. Secondo alcuni studiosi, addirittura, non si può dire che facessero “filosofia” i pensatori da Talete fino a Democrito, in quanto nessuno di loro ha tematizzato (come fa per la prima volta Platone) l’ideale di una attività intellettuale mirata alla pura conoscenza (philosophía è notoriamente “amore della sapienza”), cui si possa dedicare una vita. Ma l’assenza di un nome e di una riflessione teorica esplicita non esclude che una tale conoscenza fosse ricercata in pratica. E sarà legittimo definire “filosofia” l’attività intellettuale dei presocratici, se si può dimostrare che questa implicasse l’assunzione di determinate posizioni teoriche su questioni generali, intorno alla natura o alla conoscenza. Se, come dirà poi Aristotele, la filosofia nasce da un atto di meraviglia di fronte al mistero delle cose che ci circondano, da atti di meraviglia nascono le dottrine di Talete, di Anassimandro e Anassimene, che a Mileto pongono le basi per l’elaborazione di una nozione di ordine naturale che segna, di per sè, un distacco epocale dalle cosmogonie mitiche espresse nel Vicino Oriente Antico (con cui questi pensatori devono essere venuti a contatto nella natìa Ionia) o nei poemi di Omero e Esiodo.
L’“atto di nascita” della filosofia greca a Mileto non è peraltro frutto di quello che è stato invocato spesso come il “miracolo” greco, ma di una situazione storica e culturale ben specifica, quella stessa in cui prende forma la città greca arcaica, i cui contorni sono definiti – al di là della diversità dei regimi – da un livello via via più allargato di discussione critica sulle decisioni comuni, cui corrisponde un tasso elevato di competizione fra diversi ruoli del sapere. Il pensiero presocratico non nasce dal nulla, e del resto neanche nel quadro di una sola citta-stato (la pólis). Nasce in ambienti diversi e distanti ma in contatto, da Mileto a Colofone (Senofane) a Efeso (Eraclito), alle colonie della Magna Grecia e della Sicilia (i pitagorici, gli eleati, Empedocle), e finalmente ad Atene. Nasce con personalità diversissime non solo per le proposte di volta in volta inedite, perché volutamente innovative, ma per lo stile espressivo variamente mirato a catturare un determinato pubblico, dall’emulazione della solennità della poesia epica in Parmenide ed Empedocle alla prosa finalmente “scientifica” di un Democrito. Perciò i presocratici sono davvero, come li vedeva Nietzsche, “tutti d’un pezzo” e “scolpiti da una sola pietra”.