Il sincretismo culturale è il segno più evidente dell’epoca.
Nell’età imperiale la cultura filosofica di lingua greca si moltiplica e si diffonde in tutto il bacino del Mediterraneo. Nascono importanti scuole e si moltiplicano i centri più vitali di diffusione del sapere. Atene resta certamente la “città dei filosofi”, ma altre città la affiancano: Alessandria, Pergamo, Apamea, Harran, la stessa Roma. Anche la riflessione scientifica annovera in quest’epoca personalità di rilievo, quali Erone, matematico e insegnante di meccanica ad Alessandria, e il grande astronomo Tolomeo. L’intreccio di scambi e di influenze rende difficile attribuire una fisionomia precisa alle diverse scuole filosofiche e scientifiche, che convivono in un’atmosfera di continuo dialogo intellettuale. Valga per tutti l’esempio di Galeno. Nato a Pergamo, Galeno studia poi a Smirne e a Corinto, per giungere infine in Egitto, dove conosce la filosofia platonica, quella aristotelica, lo stoicismo e l’epicureismo; da lì si reca per la prima volta a Roma, alla quale poi torna dopo una serie di viaggi di conoscenza a Cipro e in Licia, e dove, dal 169, diventerà medico dell’imperatore Marco Aurelio.
Dal punto di vista della rappresentazione politica e sociale, si cerca di far convivere il pluralismo culturale con l’ideologia del potere imperiale. Sparse tra genti, culture e religioni diverse, le tradizioni greche si riconoscono tuttavia in un’unità linguistica (koyné) che è anche spesso uniformità di metodo e sintonia di fondo sul modo di intendere il pensiero filosofico. In stretto legame con la pratica dell’insegnamento nelle varie scuole, fiorisce il genere filosofico del commento: il periodo che va dal I al IV secolo vede infatti l’affermarsi di filosofi e filosofie che, attraverso i commenti, recuperano in modo spesso originale le tradizioni del passato, e in particolare quelle di Platone e Aristotele.
Il sincretismo culturale è il segno più evidente dell’epoca. Con Filone di Alessandria, già dal I secolo, la filosofia greca si incontra con la tradizione delle Sacre Scritture ebraiche, dando vita a un’esegesi della Bibbia condotta attraverso il pensiero di Platone, degli stoici e di Aristotele. Il più grande filosofo dalla tarda antichità, Plotino, armonizza in modo originale nel proprio pensiero temi e argomenti che provengono da Platone e Aristotele ma anche dalle filosofie persiane e indiane. Plotino raccoglie in maniera originale l’eredità classica: ne fa propri i presupposti fondamentali, ma li ristruttura spostando il baricentro della filosofia sulla metafisica e, soprattutto, imprimendogli i tratti di una nuova sensibilità nella quale l’intellettualismo del pensiero greco si intreccia con l’esperienza mistica. Il neoplatonico Porfirio, allievo e biografo di Plotino, scrive l’Isagoge, un’introduzione alle Categorie di Aristotele che, grazie alla mediazione di Severino Boezio, diventerà il testo base per la disputa sugli universali che tanto impegnerà i pensatori medievali. Alessandro di Afrodisia, fra il II e il III secolo, e in seguito Temistio scrivono commenti alle opere di Aristotele e in particolare al De anima, che costituiranno un costante riferimento per gli autori e le tradizioni successive, influenzando non poco il pensiero medievale e rinascimentale. Giamblico fonde nei suoi scritti temi pitagorici, platonici e riferimenti alle teologie e alle pratiche magiche di Egizi e Caldei. Con autori come Proclo e Damascio, tra V e VI secolo, si giungerà alla definizione di un vero e proprio modello di pensiero che, sull’impianto della dottrina platonica, innesta i riti e i culti della religione pagana, oltre all’intera tradizione del pensiero ellenico, a costituire un sistema organico e unitario.
Nel panorama di questo molteplice intreccio di tradizioni filosofiche sono presenti senza dubbio alcune idee comuni, come l’esistenza di un principio supremo e unico posto al di sopra dell’essere o la natura spirituale dell’anima; ma ciò non può indurci a leggere tale periodo della storia della filosofia come orientato a un solo esito verso il quale convergono le differenti riflessioni. È piuttosto proprio l’inesauribile fertilità dei mille rivoli di queste letture e riletture delle tradizioni greche, irriducibili a un’unità dottrinale, che ci avviamo a conoscere in questa sezione e nelle prossime: la loro convivenza e il loro dialogo costituiscono la lezione più grande che quei filosofi ci hanno lasciato.