Nell’XI secolo le questioni teologiche sono affrontate attraverso gli strumenti della dialettica, cioè della ragione filosofica. Berengario di Tours interpreta il mistero eucaristico in chiave simbolica, negando la trasformazione reale del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo; una posizione dalla quale deve recedere al concilio di Bordeaux del 1080, dopo che Lanfranco di Pavia nel suo Liber de corpore et sanguine Domini ne aveva denunciato l’insostenibilità, accusando inoltre Berengario per aver sottomesso le verità teologiche alle argomentazioni dialettiche. La fede nell’eucaristia, per Lanfranco, non può essere messa in discussione da speculazioni filosofiche, in quanto essa supera i limiti dell’intelletto umano.
Discepolo di Lanfranco e poi arcivescovo di Canterbury, Anselmo d’Aosta riflette sul modo di intendere il rapporto tra ragione e fede. Se l’obiettivo del Monológion è dimostrare l’esistenza di Dio attraverso tre argomenti che dal mondo delle creature conducono al creatore, nel Proslógion l’argomentazione comporta un’unica prova, che parte da una definizione data a priori dalla fede stessa e giunge a dimostrare come non sia possibile pensare Dio se non come esistente. La riflessione sul rapporto tra linguaggio, pensiero e realtà è centrale invece nel De veritate e nel De grammatico, mentre altre opere, tra cui il De libertate arbitrii, affrontano la questione del libero arbitrio in relazione all’onnipotenza e alla prescienza divina.
Maestro di logica e di teologia, anche il bretone Abelardo riflette sul rapporto tra ragione e teologia. La prima non può raggiungere la verità ma solo idee verosimili per quanto attiene l’ambito del divino, tuttavia il teologo non vi deve rinunciare e anzi deve usare la logica per chiarire le parole delle Sacre Scritture e della tradizione patristica, come egli chiarisce nella Dialectica. Tra gli argomenti oggetto della sua analisi c’è la natura degli universali – che egli considera voces (“parole”) e non cose –, la Trinità, la filosofia degli antichi – compatibile a suo dire con il cristianesimo –, il significato del peccato – che equivale al disprezzo di Dio.
Il XII secolo si distingue per una rinascita della vita cittadina, che comporta il fiorire di nuovi centri di cultura, le scuole. Sorte dapprima attorno alla cattedrale, le scuole si svincolano progressivamente dal controllo vescovile fino a dar vita alle università. Sono soprattutto le scuole parigine a distinguersi per l’elaborazione di una riflessione filosofica nuova e originale: la scuola di Chartres è un importante centro di studi naturalistici e teologici, legati alla tradizione platonica e neoplatonica; nello stesso periodo a Parigi fiorisce un’altra scuola, quella di San Vittore, che elabora una mistica intellettuale di matrice platonica in cui è centrale l’elemento agostiniano dell’analogia tra mondo sensibile e mondo intelligibile.
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