Glossario
- Anamnesi
- In Platone la conoscenza è definita come
“ricordo” (anámnesi), cioè un riportare alla memoria,
grazie allo stimolo delle percezioni presenti, le idee da
sempre presenti nell’anima.
- Chora
- Nel Timeo Platone definisce chóra il
ricettacolo delle forme ideali, cioè lo spazio che è in grado di riceverle. La chóra
costituisce dunque il supporto informe e materiale che rende possibile, a partire
dall’azione degli archetipi ideali su di essa, la formazione delle realtà sensibili.
- Demiurgo
- È una figura che compare principalmente nel
Timeo. Essa indica l’artefice divino che, a partire dalla contemplazione
delle idee, plasma e forma il mondo sensibile. Nel pensiero neoplatonico il demiurgo,
ordinatore del mondo sensibile, sarà legato alla materia, origine e principio del
male. In molte correnti gnostiche la sua immagine è quella del dio inetto, incapace
di riprodurre nel mondo la perfezione della realtà intellegibile.
- Diairesi
- Metodo per la definizione filosofica di un
concetto: da un genere si procede attraverso progressive
divisioni sino a giungere alla classe specifica che
definisce il concetto in questione.
- Dialettica
- In Platone il termine sta ad indicare il metodo
della dimostrazione filosofica che procede attraverso
le fasi del domandare e del rispondere.
- Epistème
- È la forma di conoscenza che ha come oggetto
le idee, a differenza dell’opinione che si rivolge
alle sensazioni. Grazie al fatto che si dirige alle idee,
modello della realtà, l’epistéme consente la scienza
esatta delle cose.
- Epistemologia
- Il termine è usato principalmente
per indicare sia l’indagine sui fondamenti, i metodi e
la struttura teorica delle differenti discipline scientifiche,
sia quella della conoscenza in senso lato. Nella
tradizione anglosassone epistemology indica, infatti, la
teoria della conoscenza e/o la gnoseologia.
- Eudaimonía
- Formata dall’avverbio eu (“bene”) e dal
sostantivo dáimon (“demone”, “divinità”), il termine è sinonimo di felicità
come stato di soddisfazione nel quale si trova l’anima. È Aristotele, nell’Etica
Nicomachea, a fornire la più rigorosa definizione di eudaimonía: essa
è il frutto dell’attività perfetta della parte più nobile dell’uomo, l’intelletto,
quando giunge a possedere l’oggetto più elevato, cioè le verità universali.
- Idea
- Il termine indica l’archetipo (o modello) delle
cose e ha quindi consistenza ontologica e non puramente
logica, come nell’accezione moderna del termine.
Le idee possono essere oggetto di conoscenza solo
attraverso il lógos.
- Metafisica
- Il termine non appare in Platone. Con questo
termine si intende la “filosofia prima” di Aristotele,
contenuta nelle sue opere collocate “dopo quelle di fisica”
(metá ta physiká), e così definita perché ricerca le
cause prime della realtà. Il termine passerà poi generalmente
a indicare ogni principio o realtà che si collochi
al di fuori e al di sopra del mondo materiale.
- Mímesis
- Indica il rapporto tra le idee e le cose sensibili,
ed è quindi un termine cruciale nel pensiero platonico
per definire il senso e la relazione tra il mondo
ideale e quello sensibile.
- Noesi/Diánoia
- È l’atto dell’intelletto (nóus) che coglie
direttamente le idee. Nella Repubblica esso costituisce
il secondo e ultimo stadio della conoscenza
razionale o epistéme. Insieme alla noesi (nóesis), la
diánoia (“pensiero discorsivo”) costituisce la conoscenza
razionale (epistéme) contrapposta all’opinione
(dóxa), fondata sulle sensazioni.
- Ontologia
- Studio dell’essere in quanto tale. Essa
comprende i caratteri fondamentali dell’essere, ovvero
quelli che ogni ente necessariamente possiede.
- Partecipazione (méthexis)
- Il vocabolo méthexis, vicino e
affine per significato a “mimesi”, appartiene all’ambito dei termini che nel lessico
platonico descrivono il rapporto tra le realtà sensibili (particolari) e le idee
(modelli universali delle cose): “[...] dirai alto e forte che tu non sai come
altrimenti una data cosa si generi se non in quanto viene a partecipare di quella
essenziale realtà che è propria di quella data idea ond’ella partecipa”
(Fedone, 101c).
- Utopia
- Letteralmente “non-luogo” (dal greco ou,
“non” e tópos, “luogo”), o luogo che non esiste, il
termine è impiegato per la prima volta tra la fine del
Quattrocento e l’inizio del Cinquecento da Tommaso
Moro nell’opera omonima per delineare una repubblica
ideale e perfetta in cui vige l’eguaglianza dei cittadini
e la proprietà privata è bandita.