Ornamento di separazione

EHM... AI DON SPIC ITALIAN, SORY

Per un breve periodo della mia vita ho lavorato per #WeLoveWhales. Fermavo la gente per strada chiedendo un contributo per salvare dei cetacei. Per convincerli a offrire qualcosa, mostravo delle foto scattate in momenti in cui i cetacei erano affamati, tristi o semplicemente in crisi. Ma anche quando i passanti mi stavano a sentire, i loro sorrisi tradivano la voglia di fuggire, lontani da me e dall’imbarazzo di negare una monetina alle balene.

In quel periodo ho collezionato le scuse più disparate: devo scappare, sono già membro, mi parte il torpedone, non ho i soldi, non mi interessa, odio le balene, sono povero, no. Il più patetico fu un tizio con la maglietta di Totò Schillaci. Mi vide da lontano, fiutò subito la seccatura, sgranò gli occhi dalla noia e se ne uscì con un ridicolo: «No, ehm… Ai don spic Italian, sory».

La pronuncia era quella che poteva avere mio zio parlando inglese per la prima volta. La presi come una sfida e gli chiesi sarcastico di dove fosse, ma lui, cercando di dileguarsi, continuò la sceneggiata: «No, guard… ehm… Ai… Ai don spic Italian, sory… Ciao».

Infastidito, rincarai la dose: «Where do you exactly come from, Sir?», ma il tizio continuava impunito: «Eh, Ai… Ai com fromme… eh, Ai com from Lehmm... Liverpul».

Alla fine, contrariato, lo lasciai andare.

Fu una delle gocce che fece traboccare il proverbiale vaso. Da quel giorno smisi di lavorare per #WeLoveWhales.

Qualche mese dopo, nel pieno dell’estate, mi trovavo in Sudafrica, su un pullman diretto a Cape Town. Dal finestrino vidi che sul bordo della Garden Route si stagliava un cartello con su scritto: «Eeehm… Uelcom tu Lehmm… Liverpul». Basito, chiesi all’autista di farmi scendere e scoprii così che Lehmm… Liverpul esiste per davvero ed è una magnifica cittadina incastonata in una vallata circondata di montagne, e che solo in quello sperduto luogo del Sudafrica si parla la lingua dell’inglysh, un idioma complesso che ricorda l’inglese che gli italiani improvvisano quando vogliono svicolare da qualcosa.

Ne rimasi incantato!

Consiglio a tutti voi una permanenza anche breve presso Lehmm… Liverpul, gustando alcuni loro piatti tipici come il prelibato Eee…f-fud, ma soprattutto i dolci come la squisita De… De-cosa-lì… De kéic of de gran mader. La popolazione può spesso risultare schiva per il loro linguaggio del corpo fatto principalmente di occhi spalancati, facce incerte e grattamenti sulla nuca, azioni che per la cinesica locale hanno tutt’altro significato e denotano, anzi, grande socialità.

Degna di visita è la piazza centrale, la pittoresca Squer Uìddeee…Uìdde Big Monument, dove una statua in bronzo ricorda lo scrittore Giòn-Gèk? Giòn e la sua poesia in onore della propria città:

Lehmm… Liverpul is veri… veri nais,

de best pleis dèt… comesidice… dèt esist.

Ai probabilment wuld laic it

olso if Ai uos giast a… a... chessò... a turist.

Sembrerà assurdo, ma durante il mio ultimo giorno di permanenza a Lehmm… Liverpul, quasi come ciliegina sulla proverbiale torta, incontrai quel ragazzo con la maglietta di Schillaci. Gli andai incontro sorridendo, non sapevo se si sarebbe ricordato di me e, cercando di imbastire un discorso in inglysh gli dissi: «Eeeeeeeeeee, duuuu iu, comesedice… du iuuu rimember mi…?»

La risposta di quel tale mi raggiunse come una doccia gelata: «Senta, quella volta io feci quella scenetta solo per liquidarla, per liberarmi velocemente di lei: se c’è una cosa che non amo è essere fermato da persone che mi chiedono soldi, siano essi per beneficenza o per elemosina. Voglio essere libero di camminare in grazia di Dio e basta! Adesso, la prego, mi lasci trascorrere in pace la mia vacanza in questo luogo che finora non conoscevo assolutamente, grazie».

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