Oggi si festeggia la giornata contro la violenza sulle donne. Noi siamo sempre dalla loro parte e i nostri lettori lo sanno. Puntualmente, però, i nostri articoli tornano a essere oggetto di sterile polemica. Come sempre da parte dell’ala più isterica di un certo buonismo italiota da discount.
Come direttore de «La Croce d’Italia», mi trovo costretto a ribadire l’ovvio in questo editoriale di stamane. Ancora una volta, speriamo l’ultima.
Per me, così come per tutti i nostri collaboratori, qualunque tipo di violenza sulle donne è un atto Vergognoso, Folle e Brutale Nella Stragrande Maggioranza Dei Casi!
Un anno fa, io stesso fui attaccato per un mio corsivo nel quale fantasticavo a proposito di una pena esemplare, come poteva essere la castrazione laser, contro i quattro farabutti dello stupro di Conegliano Veneto. Oggi, da quegli stessi incoerenti pulpiti, arrivano nuove prediche, stavolta contro il recente articolo dedicato a Salvatore Rotundo.
A pagina due de «L’Opinione Odierna», Sveva Landi accusava la nostra testata di fare «becero victim blaming» basandosi unicamente sulla lettura del titolo, sicuramente provocatorio, di un articolo del nostro Bruno Lipovilla, nel quale si definiva Salvatore Rotundo «uno stupratore gentiluomo».
Se non fosse ancora chiaro, nel suo pezzo Lipovilla voleva stigmatizzare il mondo dissoluto dell’impresario pugliese. Nei suoi party a Villa Corazzieri, tra ex calciatori e personaggetti di quart’ordine raccattati rovistando nella pattumiera catodica, il donnaiolo Rotundo lusingava le giovani prede col canto delle tre sirene del vivere moderno: soldi, successo e polvere bianca.
Quel «gentiluomo» era chiaramente un paradosso. Rifletteva l’atteggiamento ipocrita con cui il violentatore voleva camuffare il suo lato da mostro di fronte alla diciannovenne Lucilla.
Risolviamo ora la seconda bagarre che si è creata attorno all’utilizzo che, all’interno dell’articolo incriminato, Lipovilla ha fatto del termine «mostro». Lipovilla ha usato il termine «mostro» più volte. Ma sempre attribuendolo a Lucilla.
Da una parte c’era lo «stupratore gentiluomo», Salvatore Rotundo, dall’altra la liceale ingenua ma non troppo, già formata fisicamente, agghindata da sera: un vero e proprio «mostro di figaggine», per usare le parole – forse infelici – di Lipovilla.
Il messaggio è comunque chiaro e non voleva assolutamente assolvere nessuno, né lui né lei. Cioè, soprattutto non lui. Ricordiamo che lui è il cattivo della storia, il mostro. Lei è la vittima. Stop. Non c’è bisogno di ripeterlo. È per la giovane Lucilla che tutti noi de «La Croce d’Italia» facciamo il tifo! Ciò è chiaro a tutti i nostri lettori di buon senso.
A ogni modo, il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, nella sua riunione romana di ieri pomeriggio, ha approvato all’unanimità un ordine del giorno col quale ha sancito che «l’uso del termine “mostro” attribuito a una vittima, così come il termine “gentiluomo” attribuito ad un molestatore, rappresentano un’inammissibile violazione». Il tutto in un protocollo firmato da Odg e Fnsi, con l’intento di disciplinare l’informazione in questo Paese.
Io ho ottantatré anni, di cui quindici di carriera e ben dieci come direttore di questa testata. Se queste sono le regole alle quali la libertà di stampa deve sottostare, vi dirò una cosa che vi sorprenderà: sarò fiero di rispettarle!
«La Croce d’Italia» non può scendere al livello di certa concorrenza, avvezza a infilare vittima e carnefice nello stesso calderone. Il collega Bruno Lipovilla e la sua un tempo felice penna verranno per sempre allontanati da questa redazione. Bruno lo scoprirà leggendo questo articolo (al momento è qui accanto a me e pensa che io stia comprando online delle noci).
Nella mia vita ho avuto molte compagne e nessuna di queste si è mai sognata, neanche lontanamente, di essere vittima di uno stupro da parte mia. Non colpevolizzeremo mai una vittima, per quanto possa essere bella, attraente o vestita in modo dissoluto. Non scriveremo mai su questa testata frasi come: «Se l’era cercata».
Detto questo, passiamo al caso di Ziad Oumari, il ragazzo libanese che ha violentato tre signore di quarant’anni. Ecco, lui è senza dubbio un mostro. Esattamente come Salvatore Rotundo. Proprio come i quattro farabutti di Conegliano Veneto.
Ciò che ha colpito tutti noi qui in redazione è che le vittime di Ziad Oumari siano tre donne normalissime, vestite male, tutte coperte, con gli sciarponi, il cappotto, truccate poco e con dei polpacci importanti. Ma loro sono delle vittime e Ziad Oumari è un mostro. Anzi, viste le sue vittime, è anche più mostro degli altri.