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Sorpreso dall’improvviso provvedimento col quale sono stato trasferito dalla Pretura di Campi Salentina a quella di gran lunga meno importante di Vico Garganico, mi corre l’obbligo di avanzare il presente esposto all’E.V. non per dare giustificazione alla mia condotta di Magistrato che è sempre stata ispirata al più scrupoloso adempimento del dovere, ma per chiarire degli equivoci che, penso, siano stati gli unici moventi della rigorosa disposizione presa nei miei riguardi. Come Magistrato non ho nulla da rimproverarmi. Ligio al mio dovere, mi sono sempre sforzato di essere nel Mandamento garanzia per tutti, attuando la legge con imparzialità e serenità. Ho sempre ispirato la mia condotta a un ideale di Funzionario che deve aver costantemente di mira i supremi interessi della Patria.

Quando tutto sembra andare per il meglio – fidanzamento, carriera, fama e onori – qualcuno prova a mettere i bastoni fra le gambe di Arturo e, nel novembre del 1926, invia un ricorso al cavalier Leoni, procuratore regio di Lecce. Marzano ha perso obiettività di giudizio, scrive l’anonimo delatore; non dirige il tribunale in maniera corretta, è spesso assente, trascura il proprio lavoro. Al procuratore, che non ama i carrieristi che da qualche anno a questa parte hanno iniziato a dirigere le preture salentine, non sembra vero: ha l’occasione di liberarsi di questo giovane ambizioso e, nel gennaio del 1927, lo trasferisce d’ufficio a Vico del Gargano, un piccolo mandamento del circondario di Foggia.

Fulmine a ciel sereno.

Ma Leoni ha fatto i conti senza l’oste. Arturo non è tipo da lasciarsi intimidire. E dopo l’iniziale imbarazzo – “Cos’è mai potuto accadere? Di cosa mi si accusa esattamente? Chi è all’origine di tutta questa storia?” – decide di presentare un esposto al procuratore generale di Bari, chiedendo ufficialmente di essere sottoposto a una rigorosa indagine. “Lo sanno questi bifolchi con chi hanno a che vedere?” pensa Arturo. “Lo sanno che a marzo ero a Roma, insieme ad altri camerati pretori, per rendere personalmente omaggio al Duce? Lo sanno che quel giorno gli ero accanto e che lui, fissandomi dritto negli occhi, mi ha serrato la mano?”

Iscritto sin dal maggio del 1919 ai Fasci di combattimento, e regolarmente tesserato a Roma il 19 novembre del 1921, fui sempre primo agli appelli dei Dirigenti che chiamavano a raccolta i reduci dalle trincee per arginare la marea sovversiva. Nominato alla Pretura di Campi, per ragioni di delicatezza, mi iscrissi al Fascio di Botrugno, mio paese natio, mentre in Campi stessa, il 29 marzo del 1926, insieme all’onorevole Achille Starace e al Segretario Politico Provinciale di Lecce fui nominato socio onorario di questa Sezione Combattenti essendo stato Ufficiale al Fronte e decorato della Croce di Guerra e di medaglia al Valor Militare nonché prigioniero di guerra in seguito ad un aspro combattimento sul Piave. Sicché sulla mia condotta di Fascista di antica data e di Combattente ho viva speranza che niun dubbio possa turbare l’animo di chi ebbe la benevolenza di esaminare la mia condotta. Un’indagine rigorosissima su quanto mi sono permesso di esporre sarebbe la migliore dimostrazione del mio modesto vanto.

Pare che, a Campi, il fidanzamento tra Arturo Marzano e Rosa Campo avesse suscitato pettegolezzi e maldicenze. Pare che l’anonimo ricorso, subito accolto dal cavalier Leoni, fosse stato la conseguenza di gelosie e invidie: il pretore era riuscito ad accalappiare uno dei migliori partiti della cittadina! Pare che, in casa Malvani, non si parlasse d’altro, e che donna Giuseppina avesse approfittato dell’occasione per cercare di convincere Rosa a lasciar perdere il giudice e a tornare a più miti consigli: «La gente è malvagia, Rosetta, ma proprio per questo si deve evitare di dare adito alle chiacchiere, la nostra famiglia è sempre stata rispettata e al di sopra delle parti, che bisogno c’era di impelagarsi in questa storia?».

Gli anonimi accusatori, però, non avevano fatto i conti né con la cocciutaggine di Rosa né, ancor più, con il curriculum di Arturo, che poteva vantare non solo un percorso sans faute in magistratura, ma anche e soprattutto un’integerrima fedeltà al fascismo. Era stato antemarcia! Arturo non esita a ricordarlo al procuratore generale di Bari, superiore gerarchico del cavalier Leoni.

Il largo testimoniale reso in massima parte da magistrati residenti attualmente in Lecce e precedenti superiori immediati del Marzano ora in altra sede, da avvocati del luogo, da funzionari di altra amministrazione e dai Marescialli dei paesi del Mandamento, unanimemente attesta che il Marzano era da tutti tenuto in pregio. Tutti i migliori cittadini mal videro il suo allontanamento da Campi perché disimpegnava il suo ufficio con grande dignità, alacrità e imparzialità [...] È stato escluso che il fidanzamento con la signorina del luogo Campo-Malvani Rosetta avesse in qualsiasi modo menomato l’estimazione pubblica acquistatasi dal Marzano, perché la signorina prescelta apparteneva a distinta, benestante e rispettata famiglia del paese. Si è infine ventilato che tale fidanzamento, appunto, fu causa di attacchi da parte di qualcuno soltanto del capoluogo del Mandamento e che tali attacchi furono ingiustamente raccolti dal Procuratore del Re di Lecce che fu, in verità, eccessivo nel perseguitare un giovane magistrato all’inizio della sua carriera e meritevole piuttosto di incoraggiamento. Il Collegio considera dunque che tutti gli addebiti mossi al Marzano risultano assolutamente smentiti e dichiara pertanto non farsi luogo ad ulteriore procedimento.

Nel dicembre del 1927, il consiglio disciplinare presso la Corte d’Appello di Bari si pronuncia unanime scagionando il nonno da qualunque accusa e aprendogli la strada della promozione a sostituto procuratore del re presso il regio tribunale di Lecce.

Il cavalier Leoni viene invece rilevato dalle sue funzioni, e immediatamente trasferito a Potenza.

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