Le foto sono sempre state la sua passione: quando era bambina le amiche si facevano regalare la Barbie, Lisa invece chiedeva una macchina fotografica. La prendevano in giro per questo, lei allora si inventava di essere la fotografa delle modelle che erano poi le bambole delle sue amichette, che per lei mettevano in posa e facevano sfilare.
Crescendo i suoi soggetti preferiti sono cambiati, ha cominciato a prediligere la natura: gli animali domestici, le piante del giardino, raffinando via via la tecnica e allargando gli orizzonti con il passare del tempo e l’evolversi della tecnologia. Intorno al Lago di Suviana ci sono tanti sentieri da poter percorrere, paesaggi da fotografare, sempre gli stessi ma sempre diversi nel susseguirsi delle stagioni e nel variare delle condizioni atmosferiche.
Quel giorno di novembre Lisa stava cercando di catturare tutte le sfumature delle foglie degli alberi, che in autunno mostrano una infinita gamma cromatica.
Una bella passeggiata come tante, un paesaggio tranquillo, senza i pericoli della città, senza i rumori e lo smog che doveva sopportare giù in pianura dove viveva per lavoro.
Lisa quando poteva si rifugiava qui, questo era il suo angolo di paradiso. E in un attimo si è trasformato in un inferno.
Sul display della sua macchina fotografica forse ha notato qualcosa di strano: un’ombra che non doveva esserci, un riflesso diverso sull’acqua ferma del lago. Chissà se l’ha visto, noi non lo sapremo mai, e nemmeno lei saprà mai che cosa ha posto termine al suo reportage e alla sua vita. La macchina fotografica è rimasta per terra, sulle foglie, rotolando fino quasi sulla riva del lago, indifferente alla fine violenta della vita della sua proprietaria.
Negli ultimi scatti solo il cielo.