CAPITOLO 14

Alla Daviddi non mi prendo il disturbo di telefonare, temo che troverebbe il modo per estorcermi qualche altro lavoro non retribuito e non ufficiale. Le mando solo un messaggio per dirle che la pista era sbagliata: si trattava di uno scherzo telefonico, niente a che vedere con il cadavere trovato a Bologna nel cassonetto. Mi risponde quasi subito: sei andata a parlare con la signora Doria? Ma non si stanca mai di tormentarmi questa? Non le rispondo, tanto lo so che mi richiamerà, la Daviddi non molla mai.

Nello studio non c’è più nessuno, Giacomo se ne è già andato, naturalmente, ma ho bisogno di rinfacciargli il giro a vuoto che mi ha fatto fare quindi lo chiamo al cellulare.

— Stella sei tu? Hai visto i miei messaggi? Ho un sacco di buone notizie da darti! Ora però devi scusarmi ma sono in radio, vado in onda tra un minuto, cosa vuoi?

Il tono mi innervosisce ancora di più.

— Voglio sapere perché hai dovuto mandarmi a indagare su uno scherzo telefonico, guarda che non tutti quelli che telefonano alla radio raccontano cose vere, dovresti saperlo.

— Cosa vuoi dirmi, che la signora scherzava dicendo che era un’assassina? Ma ne sei proprio sicura?

— Certo, sono un’investigatrice esperta io, ma cosa credevi? Se vuoi lavorare con me non dovrai mai più fare supposizioni e collegamenti campati per aria, altrimenti hai sbagliato mestiere.

— Ma è fantastico, quindi io non devo avere nessun rimorso se non le ho creduto, anzi ho fatto bene, perché non era vero niente. Benissimo, allora anche il mese di lavoro in più non lo devo fare, visto che il caso non esiste.

— Che cosa stai dicendo? Guarda che io ho lavorato per arrivare a questa conclusione. Il mese in più faceva parte dei patti e rimane eccome. Senti, domattina ti aspetto qui per andare a Badi, non te lo dimenticare, e porta qualcosa da cambiarti perché ci fermeremo qualche giorno. — Chiudo la comunicazione senza aspettare risposte. Questo ragazzo mi fa sempre perdere la pazienza, ma perché mai me lo sono preso come assistente? Forse perché è gratis. Ma fra due mesi deve sparire. Giacomo ha detto di avermi mandato dei messaggi, il primo dice: finito confronto dei nani con la foto di Orfeo. Ce ne sono solo sette perfettamente identici. Puoi pagare tu la ricompensa? Io purtroppo non ho neanche lo stipendio. Non se ne parla, l’idea è stata sua e le sette ricompense la paga lui. Sette ricompense! Ma vogliamo scherzare? Altro messaggio: il caso Leandri si è praticamente risolto da solo. Questa è davvero bella, che cos’avrà combinato questa volta il mio assistente? Sono davvero curiosa di saperlo. Provo a richiamarlo ma non mi risponde, probabilmente è in diretta radio. Gli mando un messaggio: chiamami appena puoi, voglio sapere di Leandri. Altri messaggi spiccano sul mio cellulare ricordandomi che devono essere aperti, sono tutti di Piero e non ho nessuna intenzione di leggerli. Forse domani, o forse mai.

Mi guardo intorno, il mio studio non è più quello, con le pareti ridipinte e i mobili nuovi, non lo riconosco e non mi ci riconosco. Un senso di nostalgia mi prende lo stomaco, mi chiedo perché mai mi sia venuto in mente di rinnovare la mia vita in questo modo, mi piaceva come era prima, nel suo grigiore, la sua polvere, il suo caos perenne, la sua malinconia incrostata ai muri. Io sono così, non è imbiancando che posso cambiare. E poi un viaggio improvviso, ci mancava solo questo per gettarmi nello sconforto.

— Per fortuna non tutto cambia, come vedi io sono sempre qui.

— È vero, Silvia, sulla tua presenza posso sempre contare, non offenderti però se ti dico che ne farei volentieri a meno. — Soprattutto farei a meno del confronto tra me che invecchio e lei che rimane sempre bella e giovane. E poi ride, ride sempre, costantemente allegra e senza problemi, lei.

— Non dire così, lo so che ti mancherei se me ne andassi. Poi dove potrei mai andare, il mio posto è vicino a te, per sempre. — Questa suona più come una minaccia. — Allora domani partiamo! Che bello, mi sono sempre piaciuti i laghi, con la loro acqua ferma, gli alberi e le montagne che si riflettono sulla superficie. Lo sai che i laghi sono pieni di leggende e di fantasmi?

— Mi mancano solo quelli, io sinceramente ne avrei già abbastanza dei miei. — E ride Silvia, ma che cosa avrò mai detto di così spiritoso.

— L’anima degli annegati rimane lì, intrappolata sotto il pelo dell’acqua, se guardi con attenzione la superficie in certi riflessi puoi scorgere i volti di chi ha trovato la morte tra le sue fredde acque.

— Vorrà dire che non la guarderò, devo solo parlare con qualche parente della Doria, girare per i sentieri intorno alla casa, tutto qui. Il lago non esercita nessuna attrattiva nei miei confronti, più me ne tengo alla larga e meglio sto.

— Io non vedo l’ora di andarci invece, non avrai creduto che me ne sarei rimasta qui da sola vero? Dove vai tu vado anch’io. Non potrai mai liberarti di me.

Lo so, Silvia, lo so purtroppo e va bene così, non vorrei mai dimenticarmi le mie colpe e i miei rimorsi, posso rinnovare tutto intorno a me, ma quella che non cambia sono io, per quanto ci stia provando. Posso solo cercare di tenere a bada la bestia finché ci riuscirò.

— Bene, Silvia, allora vai a preparare la valigia, domani si parte.