Arrivato nei pressi della riva il corpo galleggiante si rianima, si aggrappa alle rocce e si issa sulla terra ferma, grondante e gocciolante. Ho smesso di respirare qualche minuto fa e non me ne sono accorta. Con un gesto aggraziato si toglie i lunghi capelli neri dalla faccia e mi guarda: è Silvia. Riprendo a respirare e la insulto con tutto il cuore.
— Ti sembro in vena di scherzare forse? Non è bello quello che hai fatto. Mi hai spaventata a morte e per oggi ne ho avuto già abbastanza.
— Ma come sei diventata sensibile! Pensavo mi avessi riconosciuta dai capelli. Allora, non ti è piaciuta la gita tra i boschi?
— Silvia, perché non te ne torni a galleggiare a faccia in giù nell’acqua? Almeno stai zitta.
Lei ride, con la sua bella e coinvolgente risata cristallina, mi ritrovo a sorridere sulla scia, senza volerlo. E mi sento meglio.
— Stella, Stella. Dovresti ringraziarmi invece per essere venuta qui. Sei talmente concentrata sui tuoi pensieri di vendetta che non hai neanche pensato di vedere se il telefono ha ripreso vita. Prova un po’ a guardarci. — Mi sento davvero stupida, tiro fuori dalla tasca il cellulare con una mano graffiata, sporca e piena di schegge. Spingo il tasto e miracolosamente riappaiono tutte le tacche. Chissà da quanto tempo ha ripreso campo, avrei potuto chiamare aiuto da un pezzo.
— Grazie Silvia, senza di te non ci avrei nemmeno guardato. — Ma Silvia non c’è più, né sulla riva né sull’acqua.
— Pronto Giacomo, grazie a Dio hai risposto subito. Mi sono persa nel bosco, poi ti racconto. Potresti venire a cercarmi per cortesia? Sono sulla riva del lago, non dovrebbe essere difficile trovarmi. Io al buio non riesco a vedere il sentiero per tornare da voi.
— Stella, eravamo tutti molto preoccupati per te, abbiamo già finito di cenare, ma come caspita hai fatto a perderti? E che ci facevi nel bosco da sola?
— Non ero da sola, chiedi a quella carogna di Luigi. Comunque smettila con le domande stupide e vieni a prendermi, sono davvero a pezzi.
— Resisti e non ti muovere. Arrivo il prima possibile.
E chi si muove? Rimango qui, la schiena contro un tronco secolare, i piedi sui sassi della riva, nelle orecchie versi di uccelli notturni e rumori che non so definire, davanti agli occhi lo scintillio della luna sul lago. Ora che sono più rilassata sento tutti i messaggi che mi manda il corpo: stanchezza, dolore ai muscoli, graffi e spine varie piantate nelle mani, e fame, tanta fame. Ma me le pagheranno tutte, certo che me le pagheranno.
Devo essermi appisolata, mi riprendo di colpo nell’udire alcune voci che mi chiamano.
— Qui! Sono qui! — Urlo con quanto fiato ho in gola, dopo poco comincio a vedere la luce delle torce che ondeggia tra gli alberi creando effetti psichedelici. Mi faccio sentire finché arrivano da me. C’è Giacomo con tutti gli uomini della famiglia: Armando e Antonio.
— Stella, eccoti qui, stai bene? Ci hai fatto stare in pensiero.
— Sì, sì, sto bene. Bella educazione che insegnate ai vostri figli, complimenti. Soprattutto lei! — dico ad Armando.
— Io? E che c’entro io? Io l’ho lasciata con Luigi sulla panchina del tramonto alcune ore fa, Luigi è rientrato prima di cena dicendo che lei era rimasta nel bosco perché voleva investigare un po’ in giro.
— Ah sì? Così ha detto? Ma le pare che mi metto a girare per il bosco di notte, cosa vuole mai che possa trovare? Nemmeno i funghi. — Sono così arrabbiata che soffio dalle narici come un toro e parlo sputando.
— Riunione di famiglia, voglio tutti nel salone. Dobbiamo parlare e mettere le cose in chiaro. E subito! — Sì ma prima dobbiamo arrivare a casa, non ho ancora fatto i conti con la strada che ci rimane da fare, che nelle mie condizioni di stanchezza si rivela infinita.
In casa mi stanno aspettando tutti, sembrano visibilmente preoccupati, soprattutto Dorella.
— Oddio Stella, che sollievo vedere che sta bene, con tutte le disgrazie che sono capitate per un attimo ho pensato…
Grugnisco e mi metto al centro della sala.
— Sedetevi per cortesia, devo parlarvi.
— Stella, non vuole prima mangiare e farsi una doccia? Possiamo parlare domattina. Senza contare che i bambini stavano per andare a letto.
— No, dobbiamo parlare adesso, però intanto se qualcuno mi porta un piatto con qualcosa di commestibile gliene sarei molto grata. — Non posso allontanare il momento, devo dire a costoro che razza di fanciulli stanno allevando. Tra un boccone e l’altro racconto tutto, di Luigi, della radura, degli animali impiccati. Non di Silvia naturalmente. Rimangono tutti ammutoliti guardandosi l’uno con l’altro.
— Non è così Luigi? Diglielo, digli pure lo scherzo crudele che mi hai fatto.
— Ma… non so perché stai raccontando questo. Io stavo scendendo con te quando mi hai detto che volevi indagare un po’ in giro da sola. Tutto qui. Non so niente di radure, scherzi, animali impiccati e quelle cose lì. Ma davvero c’era anche un cagnolino appeso? È una cosa terribile! — Luigi si copre il viso con le mani e si mette a piangere, prontamente abbracciato dalla madre prima e dal padre poi.
— Signora Spada, la smetta di raccontare cose mostruose davanti ai bambini, non so perché ci stia dicendo tutte queste bugie ma le assicuro che se insiste io la denuncio. Ho un amico avvocato che posso chiamare anche subito.
Non posso crederci, nessuno ha dato ascolto a quello che ho detto?
— Che cosa? Vi fate impressionare da due lacrimucce? Questi ragazzini sono dei mostri. Mostri spietati per di più!
— È lei il mo-mo-mostro, se ne vada da casa nostra su-subito! — Diletta si scaglia contro di me dimenticandosi la concentrazione necessaria per non balbettare.
Ma come, proprio nessuno ha il minimo dubbio? Nessuno pensa anche solo per un istante che io possa avere ragione? Cammino nervosa per la stanza, il mio sguardo cade sullo specchio posto sopra il mobile: l’immagine che mi rimanda non è delle più rassicuranti, sembro una pazza invasata. Sono sporca, spettinata, ho foglie tra i capelli e fango sul viso, gli occhi sono rossi e gonfi e mi sto riempiendo la bocca di cibo alla faccia delle buone maniere. Ma santo cielo, non capiscono che stavo per morire di fame?
Dorella mi si avvicina con fare protettivo.
— Signora Spada, non crederà davvero che i nostri bambini abbiano ucciso delle bestiole impiccandole ai rami. Li guardi negli occhi, ci deve essere un’altra spiegazione. Le assicuro che non sono stati loro, è impossibile mi dia ascolto.
Mi mette sulle spalle una coperta di pile, come si fa con una persona che non sta bene.
— Perché non fa una doccia e poi si riposa un po’? Domattina ne riparliamo e sono certa che vedrà quello che le è successo sotto un’altra luce. — Nel dire questo mi spinge dolcemente ma con forza verso le scale. — Ha vissuto una bruttissima esperienza, il bosco al buio può fare paura e le cose che si vedono possono sembrare diverse da quello che sono. È proprio sicura di quello che ha visto? E anche se fosse, ha per caso visto i ragazzi che impiccavano le bestiole? No di certo, quindi non può sapere se sono stati loro. Venga con me, l’aiuto a svestirsi.
— Ma… ma… Giacomo, tu non hai niente da dire a queste persone? Li hai conosciuti i ragazzi, ti sono sembrati normali?
— Insomma, a dire il vero sì, credo di sì. Non mi pare che abbiano fatto niente di particolarmente strano. Certo sono vivaci, tutto qui però. — Mi lascio accompagnare verso la mia camera da Dorella, tra i borbottii di indignazione generale, i pianti dei ragazzini, gli sguardi di riprovazione. Se rimanessi ancora un po’ nel salone con loro temo che mi metterebbero su una pira e mi brucerebbero come strega.
Dorella mi fa sedere sul letto, va nel bagno e riempie la vasca con l’acqua calda, poi torna e si siede di fianco a me.
— Stella, lei ha subito uno shock, lasci che l’aiuti a togliersi questi vestiti sudici, la vasca la sta aspettando. — Mi lascio spogliare e immergere nell’acqua profumata dai sali da bagno. Sento una infinita stanchezza che avvolge ogni fibra del mio corpo. Dorella mi lascia da sola con la promessa di passare tra un po’ per vedere se mi sono infilata sotto le coperte. Non so perché sia così gentile con me a differenza di tutto il resto della sua famiglia, è davvero una persona meravigliosa. In fondo io ho offeso anche le sue preziose gemelle assieme agli altri cugini. Quelle due ragazzine così belle e beneducate, così diverse da tutti i parenti, le uniche che non si sono messe a piagnucolare ma hanno continuato a guardarmi con i loro occhi inquietanti, così uguali, così freddi.
Meglio che io esca dall’acqua e mi infili nel letto prima di addormentarmi nella vasca. Mi asciugo un po’ i capelli con l’asciugamano ma non ho la forza di sollevare il phon, né di mettermi il pigiama. Sprofondo direttamente sul materasso morbido avvolgendomi nel piumino. Prima di chiudere gli occhi osservo la galleria di foto incorniciate che fanno bella mostra sopra il comò: Dorella, il marito, le bambine in carrozzina, vari momenti felici di una famiglia apparentemente perfetta. Un pensiero si insinua nel mio cervello, però sono troppo stanca per cercare di capire di che cosa si tratta. Quando Dorella viene a spegnere la luce io già sono immersa in un sonno senza sogni.