Capitolo Venticinquesimo

Rama affronta la battaglia

Vibhishana decise di unirsi a Rama. Attraversò l’oceano e arrivò al campo di Rama in meno di un’ora. L’intelligente Rakshasa rimase sospeso in aria e chiese di vedere il capo delle scimmie. Sugriva si presentò subito, e alla vista dei cinque enormi Rakshasa bardati di armatura e adorni di gioielli celestiali si preoccupò, pensando che i Rakshasa fossero venuti per attaccare le scimmie. O forse questo era un astuto inganno, di quelli che piacciono tanto ai Rakshasa. Sugriva scrutò con attenzione Vibhishana che sembrava una montagna o una nube, pari in splendore a Indra. Tutti e cinque i Rakshasa erano armati.

Sugriva disse a Hanuman: “Questi Rakshasa devono avere qualche intenzione malvagia in seno. Raccogliamo alberi e macigni, e finiamoli in fretta prima che possano mettere in atto il loro piano”.

Mentre Sugriva parlava Vibhishana gli disse dal cielo: “Io sono il fratello del malvagio Ravana che ha rapito Sita con l’inganno. Io gli ho ripetutamente consigliato di restituire la principessa, ma il demone non mi ha ascoltato. Sono venuto qui per cercare rifugio da Rama”. Vibhishana chiese alle scimmie di informare Rama della sua presenza. Sugriva era ancora sospettoso, corse da Rama e gli disse: “È improvvisamente apparso uno dei nemici, che cerca senza dubbio l’opportunità di ucciderci nel sonno. O forse è una spia. Potrebbero esserci altri Rakshasa invisibili. Non dobbiamo fidarci di questi demoni. Ti prego, dimmi come ci dobbiamo comportare”.

Sugriva disse a Rama chi era e come si chiamava il demone e cosa gli aveva detto. Il re delle scimmie era sicuro che Vibhishana avesse cattive intenzioni, forse era mandato da Ravana, e suggerì di ammazzarlo subito coi suoi compagni.

Rama ascoltò attentamente, guardò gli altri capi delle scimmie e chiese: “Avete sentito il suggerimento di Sugriva. Voi cosa ne pensate?”

A turno dissero la loro opinione. Tutti pensavano che Vibhishana dovesse venir trattato con la massima cautela, e che fosse interrogato e messo alla prova prima di dargli fiducia.

Rama si rivolse a Hanuman e gli chiese cosa pensasse. La scimmia, che aveva studiato le sacre scritture, si inchinò e disse: “Benché tu sia facilmente in grado di capire le intenzioni di questo Rakshasa, stai cercando i nostri pareri per la tua gentilezza e umiltà. Ti dirò quindi cosa sento a questo proposito. Dovremmo accettare Vibhishana come uno dei nostri. Non penso che abbia secondi scopi”.

Hanuman disse che non aveva percepito inganno nel discorso o nelle espressioni di Vibhishana. Se una persona ha cattivi intenzioni, le rivela sempre nelle sue espressioni. Hanuman sentiva che Vibhishana aveva deciso saggiamente che la causa di Rama era superiore a quella di Ravana, e il Rakshasa pareva essere una creatura morale che desiderava aiutare Rama.

Hanuman, che aveva dato un parere diverso dai suoi compagni, chiese a Rama cosa ne pensasse. Rama ringraziò tutti, e disse: “Non posso rifiutare di accogliere chi cerca rifugio. Devo accogliere chi mi supplica, qualunque siano le sue intenzioni. Gli uomini buoni e retti approvano questo comportamento”.

Sugriva si agitò, perché era ancora convinto che Vibhishana fosse ostile. Il re delle scimmie provò a convincere Rama. “Che importa se le sue intenzioni sono buone o cattive?” argomentò, “Dopo tutto si tratta sempre di un Rakshasa che alla fine tornerà alla sua natura. Inoltre, se ha abbandonato il fratello, come possiamo fidarci della sua amicizia?”

Sugriva voleva far prigioniero Vibhishana e forse anche ucciderlo. Il Rakshasa era il fratello di Ravana, e la sua alleanza con Rama non poteva essere più forte del legame di sangue.

Sugriva guardò Rama con aria preoccupata, ma lui sorrise e gli rispose gentilmente: “Le tue preoccupazioni sono ben fondate, o nobile Vanara, ma io ci ho pensato attentamente. Anche se questo demone fosse maligno, che male può fare? Posso distruggere tutte le orde dei Rakshasa con un dito. Non dobbiamo aver paura, e seguire sempre le istruzioni dei veda”. Rama spiegò che, secondo le regole delle sacre scritture, anche i nemici devono essere accolti con ospitalità. Se una persona cerca rifugio bisogna offrirgli aiuto anche a costo della propria vita, senza chiedersi delle sue intenzioni. E se si respinge qualcuno che di conseguenza perde la vita, si commette un grave peccato, e la persona respinta acquisisce tutti i meriti di colui che l’ha respinto. Rama disse poi: “Se qualcuno viene da me dicendo una sola volta ‘Io sono tuo’, io gli farò coraggio e lo proteggerò sempre. Questo è il voto solenne che faccio davanti a voi. Anche se Ravana venisse da me non gli negherei rifugio. Portatemi Vibhishana, che è già sotto mia protezione”.

Tutti i presenti furono toccati dalle parole di Rama, e Sugriva, con le lacrime agli occhi, disse: “Non mi meraviglia che tu dica queste cose, o Rama, tu sai meglio di tutti cosa è bene, e sei dedito alla virtù. I miei dubbi sono sciolti, che Vibhishana sia accolto come amico, come uno qualunque di noi”.

Sugriva portò a Vibhishana il messaggio di Rama, e il Rakshasa, sentendosi rassicurato scese a terra con i suoi amici. Si recò da Rama e si prostrò, con le mani ingioiellate protese a toccare i piedi di Rama. Poi si alzò sulle ginocchia e disse rispettosamente: “Sono Vibhishana, il giovane fratellastro di Ravana, ed essendo stato insultato da lui sono venuto qui, abbandonando la famiglia, gli amici e la mia casa. O Rama, tu sei l’unico rifugio per tutti gli esseri, e la mia vita ora dipende da te”.

Rama guardò con affetto Vibhishana, e gli diede il benvenuto. Poi gli chiese di parlargli delle forze e delle debolezze di Ravana. “In verità, dimmi tutto quello che sai di Ravana e di Lanka”.

Vibhishana parlò del dono di Brahma a Ravana, e descrisse le qualità dei capi guerrieri, Kumbhakarna, Indrajit, Prahasta, Mahodara e gli altri. Erano tutti in grado di affrontare anche i più potenti guerrieri dei Deva, e Ravana con loro aveva dato battaglia ai quattro guardiani dell’universo mettendoli in rotta.

Rama rispose: “Ho sentito parlare di queste imprese di Ravana che tu mi hai raccontato fedelmente. Ora ascoltami! Dopo aver ucciso in battaglia Ravana e i suoi seguaci, ti incoronerò re di Lanka. Giuro sui miei tre fratelli che non tornerò ad Ayodhya prima di aver ucciso Ravana, i suoi figli e i suoi parenti”.

Vibhishana si inchinò di nuovo a Rama, e promise di aiutarlo nella battaglia imminente. Rama ordinò a Lakshmana di andare a prendere dell’acqua di mare, e con quell’acqua consacrò Vibhishana come re di Lanka. Le scimmie saltarono per la gioia per aver assistito a tutta questa grazia, e Vibhishana rimase seduto a capo chino.

Hanuman andò da Vibhishana e gli chiese un suggerimento su come portare l’esercito attraverso l’oceano.

Vibhishana ci pensò sopra e raccomandò che Rama chiedesse al Deva dell’oceano di rivelargli un mezzo per attraversarlo. L’oceano era stato scavato da un grande re che era un antenato di Rama, e senza dubbio il Deva lo avrebbe aiutato. A Rama il consiglio piacque, e stese subito sulla spiaggia un tappeto di erba Kusha, si sedette e si mise a pregare il Deva perché si rivelasse.

In quel mentre una spia di Ravana volò sopra l’esercito dei Vanara, valutandone le dimensioni e la forza, e tornò a tutta velocità da Ravana. La spia si inchinò a Ravana e riportò. “Un’onda sconfinata di scimmie e di orsi si sta muovendo verso Lanka come un oceano. Sono sparsi sulla riva del mare per cento miglia in tutte le direzioni. Alla loro testa ci sono i due principi, Rama e Lakshmana. Sono accampati sulla spiaggia e studiano il modo di attraversare l’oceano”.

Ravana si preoccupò e ordinò a un demone di nome Suka di portare un messaggio a Sugriva. “Dì alla scimmia che non ha nulla da guadagnare attaccando Lanka, non gli ho fatto alcun male. Che gli importa se ho rapito Sita?”

Ravana disse a Suka di mettere in guardia Sugriva. Un esercito di scimmie e orsi non poteva sconfiggere i Rakshasa. Neanche i Deva potevano conquistare Lanka, cosa dire di pochi esseri mortali? Era meglio che tornassero al loro paese.

Il potente Suka si trasformò in un grande uccello e volò rapidamente sul mare. Sorvolando l’esercito delle scimmie, individuò Sugriva e restando in aria riportò il messaggio di Ravana. Ma le scimmie balzarono in aria e lo afferrarono mentre parlava e si misero a picchiarlo brutalmente. Suka chiese pietà a Rama. “Merita la morte solo quel messaggero che dice quello che pensa invece di riportare il messaggio del suo sovrano. O Rama, io ho riportato fedelmente il messaggio di Ravana, e quindi devo aver salva la vita:”

Rama ordinò alle scimmie di lasciar andare Suka, e il demone risalì in aria e chiese la risposta di Sugriva. Il re delle scimmie disse al demone: “Dì a Ravana che non sono suo amico o seguace. Si è inimicato Rama, e quindi è anche il mio nemico giurato. Il demone si merita che lo uccida colle mie mani per aver rapito Sita, e questo avverrà a tempo debito”.

Sugriva disse anche che Ravana non sarebbe potuto fuggire, neanche se avesse cercato rifugio nell’angolo più remoto dell’universo, e sarebbe stato ucciso con tutti i demoni. I Rakshasa non erano all’altezza di Rama con il suo esercito. Ravana non era tanto potente perché aveva rapito Sita quando Rama non c’era. Ora si trovava di fronte al disastro per l’attacco di Sugriva e del suo esercito.

Quando Suka se ne fu andato, Rama ritornò sulla riva del mare concentrando la sua mente su Samudra, il Deva del mare, e aspettò pazientemente che si manifestasse. Passarono tre giorni e tre notti, con Rama immobile sulla spiaggia, e ancora il Deva non apparve. Rama si infuriò e disse a Lakshmana: “Quanto è superbo questo Deva! Io sono stato seduto qui, chiedendo umilmente la sua presenza, e lui non si è mostrato. La tolleranza, la gentilezza e il linguaggio rispettoso sono considerati una debolezza dai cattivi. Il mondo rispetta solo coloro che sono duri e arroganti e violenti. O Lakshmana, con le buone non si ottiene la fama, la vittoria e nemmeno la popolarità. Prenderò l’arco e le mie frecce fiammeggianti e prosciugherò l’oceano, così che le scimmie potranno camminare fino a Lanka”.

Rama era furioso con Samudra, si sentiva insultato. Si erse sulla spiaggia, luminoso come il fuoco della distruzione universale, incoccando rabbiosamente le sue frecce. Ne scagliò a centinaia e il mare ruggì sollevando grandi onde. Nuvole di vapore ne coprirono la superficie, e i pesci, i serpenti marini e le balene furono scaraventati da tutte le parti. Si sollevarono onde alte come il monte Mandara, e perfino sul fondo dell’oceano vennero travolti i Danava e i Naga.

Lakshmana corse da Rama e lo trattenne. “Non c’è bisogno di questo, fratello mio!”, esclamò, “Gli uomini del tuo calibro non cedono all’ira. Puoi ottenere i tuoi scopi senza questa violenza”.

Dal cielo dei Rishi invisibili dissero: “O Rama! Trattieniti! Calmati!”.

Ma la furia di Rama non si placò, mise nell’arco una grande freccia d’oro e cominciò a richiamare alla mente i Mantra per invocare il Brahmastra. Piegò l’arco con forza guardando rabbiosamente il mare in tempesta. Di colpo il cielo si oscurò, soffiarono venti impetuosi e scoppiarono i fulmini mentre la terra tremava. Il mare si ritirò a dieci miglia di distanza e si sollevò ad un’altezza spaventosa. Rama rimase immobile puntando la sua freccia.

Improvvisamente apparve Samudra, che uscì dall’oceano come il sole all’alba. Portava brillanti ornamenti d’oro e una ghirlanda di fiori rossi. ed era vestito con una tunica rossa, splendente come una lucida gemma scura. I suoi occhi erano come larghi petali di loto, ed aveva una corona di fiori celestiali. Sul petto aveva un grande gioiello che diffondeva una luce bianca, ed era attorniato da molte Devi dei fiumi. Andò da Rama, e mise ai suoi piedi un grande mucchio di gioielli splendenti presi dal fondo del mare. Parlò con voce tonante. “Ogni elemento, o Rama, ha il suo stato naturale. La mia natura è quella di essere senza fondo e di non poter essere guadabile. Non voglio deviare da questa natura, né per amore né per paura. Tuttavia ti dirò in che modo potrai far sì che il tuo esercito attraversi l’oceano. La scimmia di nome Nala è il figlio di Vishvakarma, l’architetto dei Deva. Lui può costruire un ponte su di me, che io sosterrò”.

Il Deva avrebbe fatto sì che le feroci creature degli abissi non fossero aggressive. Rama rimase fermo con la freccia pronta nel suo arco. Tuttavia era grato al Deva del mare e disse: “Questa infallibile freccia ormai deve essere lanciata. Dimmi, tu che sei la dimora di Varuna, dove la posso mandare”.

Samudra chiese a Rama di lanciarla in una regione settentrionale del mare, che era infestata da demoni malvagi. Samudra non era contento che quelle acque fossero contaminate. Rama assentì e scagliò la sua freccia che prosciugò quella parte dell’oceano. Allora Samudra scomparve.

Nala era entusiasta del compito che gli era stato dato, e disse a Rama che Vishvakarma, l’ingegnere dei Deva, gli aveva dato in dono i suoi talenti. Nala era sicuro di poter costruire il ponte, e ordinò alle scimmie di raccogliere i materiali necessari. Le scimmie saltarono con gioia mettendosi alacremente al lavoro.

Presto furono ammucchiati sulla spiaggia migliaia di alberi e grandi massi che vennero gettati in acqua con grandi spruzzi. Nala costruì il ponte usando rami di rampicanti per misurare e disegnare linee rette. L’oceano permise che anche le pietre galleggiassero. Nala fece legare tra loro pietre, tronchi e canne, e il ponte crebbe, allungandosi verso Lanka.

Il primo giorno ne costruirono cento miglia, e l’entusiasmo crebbe, così ne costruirono centocinquanta il secondo giorno e quasi duecento il terzo. In questo modo il ponte fu completato in cinque giorni. Vibhishana e i suoi quattro ministri si misero sulla sponda di Lanka con le mazze in mano, pronti a respingere quei Rakshasa che avessero attaccato il ponte.

I Deva e i Gandharva, assieme ai Rishi guardarono il ponte con meraviglia. Era largo ottanta miglia e lungo ottocento miglia. Le scimmie e gli orsi vi si riversarono urlando di gioia, e come un’onda si lanciarono verso Lanka. Davanti a loro c’erano Rama e Lakshmana sulla groppa di Hanuman e Angada. In breve raggiunsero Lanka e si accamparono sulle rive.

Rama si sedette assieme a Lakshmana e Sugriva, e disse al re delle scimmie di tenere le truppe pronte per la battaglia. Parlò dei cattivi presagi che aveva visto. “Soffiano venti carichi di polvere. La terra trema e cadono gli alberi. Nelle nuvole brontola il tuono e cadono gocce di sangue, e le bestie feroci ringhiano guardando il sole”.

Rama descrisse tutti i segni e disse che presagivano la distruzione di tutti e due gli eserciti. “Presto verranno uccisi dei grandi eroi fra i Vanara, gli orsi e i Rakshasa” , disse Rama con gravità.

Sugriva fece schierare l’esercito in formazione da battaglia e lo dispose attorno alla città dei Rakshasa da oriente a occidente. Vicino a Lanka si sentiva il rumore assordante dei tamburi di guerra che proveniva dall’interno delle mura. Le scimmie furono felici di sentire quel frastuono che faceva rizzare il pelo, e ruggirono fragorosamente sovrastando il suono dei tamburi. I demoni, sentendo i ruggiti, strinsero più forte le loro armi.

Rama guardò Lanka e sentì una fitta di dolore per la separazione da Sita. Finalmente lei era qui, e anche il vile Ravana era in questa città. Rama, che non vedeva l’ora di affrontare il demone, parlò con Lakshmana. “Ecco la splendida Lanka, costruita tanto tempo fa da Vishvakarma. Assomiglia al cielo pieno di nuvole bianche”.

Rama aveva schierato l’esercito a forma d’uomo, con le braccia che avvolgevano la città. Le scimmie più forti erano state poste nei punti chiave, e Rama stesso con suo fratello era alla testa della formazione. Le scimmie sradicarono alberi e rocce dicendo fra loro: “Facciamo a pezzi questa città”.