Il mio scopo principale nel presentare il Ramayana era quello di condividere la storia essenziale di questo antico libro, cercando semplicemente di presentare l’opera in modo che fosse facile da leggere e capire. È possibile che chi ha letto questo testo trovi dei dettagli diversi da quelli di altre versioni. Di fatto rimangono numerose versioni dell’originale che differiscono per piccoli particolari. Ma la sostanza della storia è comune a tutte.
Io non mi sono riferito alla famosa versione di Tulsida, il Rama Carita Manasa, perché non volevo confondere la versione originale di Valmiki con interpretazioni più tarde. Ho incluso alcuni dettagli da un’altra opera vedica nota come l’Adhyatma Ramayana, un testo narrato da Shiva a sua moglie Parvati. In quel testo, dal Brahmandra Purana, Shiva ha spiegato delle verità spirituali del lavoro originale di Valmiki.
Il testo stesso del Ramayana spiega come Valmiki abbia potuto comporre il poema. Fu visitato personalmente da Brahma, l’architetto dell’universo, che disse al saggio di scrivere l’opera. Brahma promise a Valmiki che sarebbe stato in grado di conoscere tutto della storia. Gli disse: “Qualsiasi evento che riguardi Rama, Lakshmana e Sita, come anche i Rakshasa, le scimmie e tutti gli altri, ti verrà reso noto anche se oggi è sconosciuto”.
Valmiki si mise a meditare e compose il Ramayana che consiste di ventiquattromila versi in sanscrito.
Nel semplificare e riassumere questa lunga opera ho cercato di essere più fedele possibile all’originale, senza aggiungere interpretazioni. Spero di esser riuscito a dare un po’ di felicità ai lettori, benché il credito sia di Valmiki Muni, a cui offro i miei più profondi e umili rispetti.