Negozi di uccelli

RISSA

Asciugo col fazzoletto

il sangue che mi cola

dal labbro.

Non ti ascolto. Sono sordo, sì

sono sordo. Va’ tu

che sei così bravo

a recuperare i cavi

del tramonto

adesso che scende la notte.

Mi rinfacci l’ombra

come se a seminarla

fossi stato io.

INVERNO A CLEVELAND

Pallade, dea che mescoli

la calma luce della ragione e i lampi

della guerra,

che ghiacci col glauco

delle pupille i campi

di baseball delle Accademie e le ondine

del lago Erie,

decolli dal Terminal Tower

con armi nervine

feroce storia in fieri,

a te solo appartiene

il tumulto degli eventi, tu sola

conosci?

Noi bambini dementi

perdiamo bava di oscene parole?

Oh, la mia speranza che ansima

con ali di fringuello sul gelo!

Lei non agita testa di Medusa

ma dal cielo

il suo occhio abbraccia il mondo,

e vola ai margini del girotondo

di elicotteri e polvere

che tutto in su si avvolge come un turbine.

CABLE-CAR IN SALITA

La strada altalena

si solleva pian piano sotto il peso

di un colibrì

e queste sono le cose

che mi vengono addosso:

il quartiere cinese

con vetrine di dolci e di spille

il cielo come una voglia

di papaya.

Aggrappato al cable-car

ingoio il tuo vento e il suo odore

di pane appena cotto

e arriva il suono

dei clacson sospesi sul mare

laggiù verso Oakland, città

che dopo il diluvio ti scrolli

le penne

e dai tunnel subacquei

escono i castori e alzano

grattacieli grondanti in un’aria

di tempeste e d’azzurro.

NEGOZI DI UCCELLI

Quando mi trovo in città sconosciute

cerco negozi di uccelli:

l’ho fatto a Ginevra a Londra

a New York ad Hong-Kong

(dentro c’è un piccolo vento, nervosi

colori saettano in angoli d’ombra).

Ma non ho visto

in Asia shama d’Asia

in Europa cutrettole d’Europa

in America mimi poliglotti d’America:

sempre la stessa alata confraternita

di ogni parte del mondo

in gabbie made in Japan.

PRONTI ALL’INGRASSO

Pronti all’ingrasso con visi miti e rosei

e una sconfinata libertà di percorrere

la terra avanti e indietro

senza frontiere né impedimento

di locali culture,

non c’è odio nei cuori

anche se un jumbo cade,

danno ai bimbi un computer perché sappiano

la distanza che c’è da qui alle stelle,

intelligente alternativa

al gelato e al giocattolo.

PICCOLA ODE

Pigrizia mia compagna sei tu

che rallenti gli scatti

del tempo in corsa e ne fai

un cuscino d’aria

perché la fucsia vi adagi

la sua testa violetta

e metti da parte giorno

dopo giorno parole

per un domani più limpido.

Sei tu mai delusa

che sospendi la vita nel bacio

che ti agglutina al mondo

perché sei cuore troppo gonfio

e vuoi che niente si stacchi

dal suo grumo iniziale,

tu nata dalle mie costole,

non divisa e non divisibile

dal compatto universo

dove sono cadute le mie unghie e i miei anni.

PALINODIA

Dio della notte, affonda in nuovi miasmi

la santità dell’ombra

della tua ancella

mentre di fatue pompe

si veste il nuovo sindaco in suo nome.

Città cui torme di vampiri succhiano

sangue denso di tempo, addio, con te

ho chiuso ormai.

Addio gabbiani fatti azzurri

da cieli cupi,

addio dottore sottile che invano

un freddo obliquo sguardo opponi

allo scirocco.

O dieu, purifiez nos cœurs!

Stàccati dalle mie scarpe

marmellata di moscerini!

(1985)