Benvenuti a bordo
Il Ménoli si sbrigò. Il giorno dopo riempì il surgelatore di provviste e il cuoco fu messo alla prova. L'egiziano gli servì cozze gratinate, insalata di polpi con capesante, cannolicchi e mazzancolle su un tappeto di rucola trifolata, cus-cus con gamberetti, dentice cotto nel sale, un dolce alle pesche decorato con biòccoli di panna, caffé ristretto.
"Bravo, pezzo-di-oro", gli diceva il Ménoli restituendogli il piatto pulito a ogni portata. Ormai lo chiamava così, neppure si ricordava che sul libretto di lavoro c'era scritto Al Abdul Mohammed Salam.
A ogni elogio "Pezzo-di-oro" si inchinava servilmente, socchiudendo gli occhi, gratificato: "Io fatto cucinatore anche albergo diga Assuan - diceva -, servito milioni turisti inglesi, francesi, italiani... Viaggiato anche só e gió per Nilo, quelli sì grandi battelli, gente ricca, signori e signore... Solo maiale non sapere cucinare, Allah non volere".
In una settimana tutto fu pronto.
La sera dell'inaugurazione sulla murata dell'Italia, disposto a festone, il Ménoli appese un lungo drappo rosso con sopra la scritta, cucita in bianco, "BENVENUTI A BORDO". Zampilli che aveva fatto installare lungo l'argine del Po disegnavano giochi d'acqua illuminati da faretti. Su ogni tavolo c'era una rosa bianca infilata in un vasetto a stilo e accanto un portalume con una candela di cera blu accesa. L'impianto stereo diffondeva valzer viennesi.
Poco dopo le ventuno, quando ormai i lampioni del Lungopò si riflettevano tremolando nella corrente, incominciarono ad affluire gli ospiti.
Ignaro dei salotti torinesi, per gli inviti il Ménoli si era affidato all'assessore Condona. Giunse tra i primi Severo Talucchi, con la sua signora - così la presentava, convinto che fosse una finezza - vestita come per una "prima" al Teatro Regio. Poi il Condona stesso, accompagnato da un gruppetto di funzionari comunali. Con faccia di bronzo si presentò anche l'assessore Crucci, curioso di vedere da vicino il temuto concorrente del Ristotram. Quindi convennero a frotte, come sempre accade in simili occasioni, rappresentanti della Provincia, della Regione e del Comprensorio, e con essi l'amministratore delegato e numerosi dirigenti del Consorzio Po Sangone per il trattamento delle acque, docenti universitari della facoltà di architettura gravitanti intorno all'Assessorato all'Arredo Urbano e Padano in qualità di consulenti, artisti e intellettuali, una coppia di scrittori inseparabili come Castore e Polluce che firmavano sempre insieme i loro romanzi, un baffuto giornalista de La Stampa specializzato in trafiletti gastronomici, il cronista ecologo Noè Delfini. Non mancò neppure un rappresentante dell'Associazione Disabili che pilotò abilmente la sua carrozzina prima sulla passerella e poi tra i tavoli, fino a prua, dove si installò presso il servizio degli aperitivi.
Il Ménoli, indossato un abito da cerimonia, accoglieva gli ospiti sulla porta, accanto alla moglie Carmela, di cui era riuscito a vincere quella ritrosia verso ogni mondanità tipica delle donne meridionali che hanno avuto una educazione all'antica.
"Pezzo-di-oro", che aveva spignattato tutto il pomeriggio per preparare i piatti più raffinati del suo repertorio arabo-mediterraneo, in ultimo aveva lasciato ai fornelli lo sguattero Esposito Capece e si era trasformato in cameriere ossequioso, con una livrea da maggiordomo che, magro com'era, gli pendeva addosso come su un attaccapanni.
All'aperitivo, Chardonnais e salatini caldi, seguì un menù a base di pesce che, a parte alcune superciliose riserve del giornalista gastronomo, da tutti fu visibilmente apprezzato. Venuto il turno del dolce, si spensero le luci e al chiaro delle candele, portata in spalla dal giovane Capece su un lungo piatto ovale, sbucò dalla scaletta una torta a forma di dragamine che eruttava lapilli dai fumaioli di marzapane, mentre intorno varie file di babà rappresentavano le mine. I babà, intrisi di Cognac, ardevano contribuendo all'effetto pirotecnico. Con un tuffo al cuore il Ménoli si accorse che sulla prua c'era scritto, in crema pasticcera al cioccolato, "Itaglia" con la g: errore di ortografia perdonabile all'extracomunitario "Pezzo-di-oro" ma comunque quanto mai inopportuno. Con gesto fulmineo, approfittando della semioscurità, riuscì a cancellare la g, leccandosi poi il dito mentre si guardava attorno per assicurarsi che l'incidente fosse sfuggito agli illustri commensali.
Risuonò un battimani. I calici si riempirono di spumante mentre "Pezzo-di-oro", spenti gli effetti speciali, incominciava a fare a pezzi il dragamine e a smistare i piatti e i cucchiaini.
Prima del brindisi, d'obbligo in questi casi, intervenne il Condona con un breve discorso augurale in cui ricordò l'impegno dell'Assessorato all'Arredo Urbano e Padano per ridare ai cittadini un fiume pulito e con strutture atte a ben usufruire del tempo libero, ma gli sfuggì una metafora infelice quando auspicò che da quella sera il dragamine incominciasse "una lunga e fruttuosa navigazione al servizio dei buongustai".
Serviti i caffé e i grappini, il volume del sottofondo musicale fu alzato e qualche coppia incominciò a ballare nonostante l'impaccio dovuto all'esiguo spazio tra i tavoli.
Sul tardi, approfittando della confusione, non vista si era unita ai politici e al resto della buona società anche Gisella, accompagnata da una ragazza molto più giovane di lei, pallida e smunta, che traeva dense nuvole di fumo da una sigaretta infilata in cima a un bocchino stile Anni Trenta. Il Ménoli, che all'ingresso non l'aveva rilevata nonostante il trucco vistoso, quando la scorse durante il brindisi ebbe un tuffo al cuore. L'avvicinò con la scusa di mescerle un altro po' di spumante e le sibilò tra i denti: "C'è mia moglie!". "So stare al mondo", ribatté lei dura. E aggiunse a voce più alta: "Questa è Giusy, la mia amica".
Verso l'una incominciò il deflusso. Il Ménoli si piazzò di nuovo accanto alla porta e a ogni signora consegnò una rosa bianca recuperata dai tavoli, mentre agli uomini allungava un biglietto da visita in sottile foglia d'argento, con su inciso: "Dragamine Italia / Ristorante sul Po / di Ménoli Arcangelo / Gradite le prenotazioni". Seguiva il numero telefonico. Era stata una sua idea, rivelatasi alquanto costosa, ma che gli parve molto apprezzata.
Alla fine, quando tutti se ne furono andati, incluse, con suo grande sollievo, Gisella e Giusy, si accasciò sulla prima sedia che trovò, sopraffatto. Posò allora uno sguardo circolare sui tavoli in disordine, i moccoli di candela agonizzanti, le tovaglie macchiate, i mozziconi di sigaretta spiaccicati sul pavimento, e provò uno sconforto insostenibile. Era così che incominciava la sua carriera di ristoratore, con un'orda di commensali incivili e non paganti? Ma durò soltanto un attimo. Carmela, il giovane Capece e "Pezzo-di-oro" stavano già incominciando a rigovernare.