Benvenuti a bordo
Il miracolo si ripeteva: non soltanto di sabato, ma ogni sera il dragamine imbarcava cuori solitari fino alla saturazione dei coperti. La voce evidentemente si era sparsa come trasmessa da un tam-tam. Dopo tre settimane il Ménoli sospese l'inserzione: il meccanismo ormai era ben avviato e girava da sé.
La jazz band dello Zavatti era stata nuovamente scritturata, a patto che si dedicasse a un repertorio romantico, adeguato alla situazione. Gisella assortiva i tavoli accoppiando le schede di prenotazione come se fossero state le carte dei Tarocchi. Ma poi, come accade nella vita, il più delle volte dopo cena i tavoli si rimescolavano perché i sentimenti non seguono le vie della logica e tanto meno quelle del buon senso. D'altra parte, nulla è più imperscrutabile di ciò che può rendere una persona irrimediabilmente odiosa o irresistibilmente attraente, ma è certo che si tratta sempre di minimi particolari.
Per la maggior parte gli ospiti dell'Italia capitavano là una sera e poi non si vedevano più. Probabilmente l'incontro era fallito, o forse la loro storia continuava altrove, in un'auto dai vetri appannati o nella saletta interna di un caffé. Altri tornavano da soli, a tentare nuovamente la sorte, come si compra il biglietto di una lotteria o si gioca un terno al Lotto, pur sapendo che alla lunga l'unico a vincere è l'Erario.
Presto però Gisella poté accorgersi che alcune prenotazioni erano di coppie ormai formate e stabili. Alcune tornavano a bordo dell'Italia per ricreare la situazione fatale del primo incontro, altre perché imbarcarvisi era un po' come scendere dal mondo, evadere dalla schiavitù logorante dell'ufficio e delle insulse relazioni quotidiane. Talvolta tornavano al dragamine anche perché, trattandosi di coppie irregolari, avevano bisogno di un luogo clandestino, o anche soltanto perché ne avevano apprezzato la cucina di fiume.
Desiderosi di complicità, dopo cinque o sei serate trascorse a bordo, gli irregolari finivano con il confidarsi, specialmente a Gisella, che, in seguito all'assunzione di un altro cameriere, si era insediata stabilmente alla cassa.
"Più che un ristorante - disse una sera a Gisella un tal commendator Elpidio Pesavento, proprietario di una drogheria - questa per me è una famiglia, una casa, un rifugio. Tre o quattro volte al mese, quando non ne posso più di mia moglie, del negozio, dei commessi, dei fornitori e dei clienti, li mando tutti al diavolo, telefono qui e passo tre ore in pace con la mia Eleonora. Il guaio è che la cena non toglie tutto l'appetito... Ci sono gli alberghi, si capisce, ma è così imbarazzante starci un'ora, poi scendere, pagare e andare via...".
"Esistono anche i pied-à-terre", intervenne Gisella.
"Mia cara signorina, si vede che lei non se ne intende", rispose il Pesavento scuotendo il capo. "Ma lo sa quanto costano? E poi bisogna intestare il contratto d'affitto, il contratto dell'elettricità, tutte faccende pericolose per chi è sposato. Sa, non sono certo gli scapoli ad aver bisogno di un'alcova clandestina...".
"Già, non avevo pensato al problema dell'intestazione", mentì Gisella porgendogli il conto e ritirando una carta di credito.
"Posso farle una domanda?"
"Mi dica".
"Sotto, oltre ai servizi, non c'è qualche cabina?"
Fin dalla mattina in cui si erano recati negli uffici del settimanale Da una mano all'altra per pubblicare l'inserzione Gisella aveva pensato a questa eventualità e ne aveva parlato al Ménoli, che aveva risposto: "Vedremo: se gli affari girano bene, possiamo ristrutturare le altre sei cabine, conservando per noi la nostra, che ci spetta perché, a suo tempo era quella del capitano". Ora sembrava che il momento fosse arrivato.
Discussero ancora un po' il progetto, che preoccupava il Ménoli per gli aspetti normativi.
"C'è il rischio - spiegava a Gisella - che se la Finanza o qualche altra autorità scopre una faccenda del genere, oltre alla multa, mi tolgano anche la licenza del ristorante".
"Come vuoi che la scoprano? Chi andrà in cabina avrà tutto l'interesse a pagare e stare zitto".
"E gli altri? Staranno zitti anche loro?"
"Con sei cabine in tutto non è poi un gran movimento. Sotto ci sono i bagni. Se qualcuno scende e non torna per un po', chi vuoi che se ne accorga? La nostra è una clientela di benestanti, e poi la gente in queste cose non bada a spese. Ammettiamo di affittare cinque cabine per sera a centomila lire l'una: sono quindici milioni al mese. Li vuoi buttare via?".
Il Ménoli si lasciò convincere. I lavori di ristrutturazione furono rapidi e neanche troppo costosi. Com'era giusto, toccò al commendator Elpidio Pesavento, accompagnato dalla signora Eleonora, sposata con un geometra calvo amministratore di condominii, inaugurare il nuovo servizio offerto dal dragamine Italia, ora adattato a diversi dragaggi.