Furono raccolti per la prima volta nel volumetto: Sonetti, Napoli, Tocco, 1884; e ristampati in appendice a Zi’ munacella, Napoli, Pierro, 1888, e a ’O Fúnneco verde, 2a ediz., ivi, 1891.
Dispietto
«li Quartiere»: si chiama così la parte di Napoli che è tra via Toledo e il presente corso Vittorio Emanuele, nella quale erano nel secolo XVI e XVII acquartierate le milizie spagnuole.
La serenata
«la Vecaria»: carcere posto nell’antico Castel Capuano, dove poi furono trasportati i tribunali («la corte del vicario»). Nella prima ediz., a questo sonetto seguiva la nota: «Sanno tutti per le bocche dei monellucci e degli sbarazzini il ritornello della prima terzina; ma il fatto non sanno che è una vendetta assai strana. Angelarè fu un Angelo Rega, sbirro, e perseguitò la piccola malavita di due quartieri infimi napoletani. Arrestato lui, mi pare, per fatti sconci di donnacce e ruberie in cui si trovò impegolato, fu messo in carcere alla Vicaria. Ne seppero quei tali sbarazzini perseguitati; e sotto alla finestra sua, passando con chitarre e mandolini come per andare a svegliare le amanti, intonarono un ritornello, il quale colpì il carcerato peggio d’un ceffone. Dicesi che, per averlo parecchie volte dovuto sentire, egli ne impazzì. Certo, il ritornello non viene da nessuna leggenda; un fatto c’è dal quale deriva».
Sfregio
«sfregio» è a Napoli la vendetta degli innamorati gelosi, che con colpi di rasoio o di altra arma da taglio deturpano i volti delle loro donne.
«Sanità»: regione di Napoli sottoposta alla collina di Capodimonte, detta così dalla chiesa e convento di S. Maria della Sanità. Gli abitanti di quella regione si chiamano ancora popolarmente «d’ ’o monte», e hanno fama di rissosi e camorristi.
Versi pubblicati la prima volta nel citato volumetto: Zi’ munacella, col titolo: Vierze nuove.
’E cecate a Caravaggio
«Caravaggio»: l’ospizio dei ciechi, ch’è nell’edifizio dell’ex collegio degli Scolopii (a Piazza Dante), detto di Caravaggio, perché sull’altare maggiore della chiesa annessa è un quadro della Vergine di Michelangelo da Caravaggio.
’E ccerase
«’o Granatiello»: il luogo dov’era il fortino del Granatello sulla spiaggia di Portici.
’O vico d’ ’e Suspire
«’o vico ’e Ppaparelle» : è un vicolo nel quartiere del Pendino, detto così perché sulla fine del secolo XVI una Luisa Paparo vi fondò un conservatorio per fanciulle povere. Cfr. CELANO, Notizie della Città di Napoli, ediz. Chiarini, III, 208, e CAPASSO in Arch. stor. nap., XIV, 745-6.
«’e capesucietà»: il capo-società è, nella società della camorra, il camorrista capo di ciascun quartiere. Cfr. A. DE BLASIO, Usi e costumi dei camorristi, Napoli, 1897, pag. 4-5.
Donn’Amalia ’a Speranzella
«’a Speranzella»: vicolo presso la strada di Toledo, detto così per la chiesa di S. Maria della Speranza, fondata nel 1559 da due nobili spagnoli.
Ncopp’ ’e Cchianche
«’e Cchianche ’a Carità»: vicolo presso la piazza della Carità a Toledo detto così dalle chianche o beccherie. «Di panche erano specialmente provveduti i macelli o le beccherie per mettere in mostra distese le carni che vi si vendevano, donde le stesse beccherie nel dialetto si dissero Cchianche» (CAPASSO, in Arch. stor. nap., XV, 429).
’O vico d’ ’e Scuppettiere
C’erano a Napoli, prima del risanamento, e in parte sono ancora, vicoli degli armieri, spadari, parrettari, ecc.; e tra questi uno degli scuppettieri.
A Capemonte
Per una festa che ebbe luogo nel giardino del palazzo reale di Capodimonte, presso Napoli, edificato, com’è noto, nel sec. XVIII, da re Carlo Borbone.
Avite maie liggiuto…
Questi versi formavano l’introduzione della raccolta: Zi’ munacella.
Questa serie di sonetti fu pubblicata per la prima volta a Napoli, Pierro, 1886; e 2a ediz., ivi, 1891, nella «Collezione minima», n. 6.
’O Fúnneco verde
«’o Fúnneco verde» era un vicolaccio al principio della strada di Porto, ora distrutto nei lavori del risanamento. Molti vicoli in prossimità del porto si dicevano fondachi per essere stati un tempo depositi di mercanzie. Cfr. SUM-MONTE, Historia della città di Napoli, Napoli, 1675, I, 242. «addó se dice ca vonno allargà»: allusione ai lavori del risanamento edilizio, che allora (1886) si stavano per iniziare. «lu culera de duie anne fa»: l’epidemia colerica, che infierì in Napoli nel 1884.
«acqua d’ ’o Serino»: dell’acquedotto del Serino, allora (1885) di recente inaugurato.
Ll’appuntamento p’ ’o dichiaramento
Il «dichiaramento» è il duello dei camorristi. Cfr. DE BLASIO, op. cit., pagg. 103-118 e c. D’ADDOSIO, Il duello dei camorristi, Napoli, Pierro, 1893.
Dopp’ ’o magnatismo
Nel 1886, gli esperimenti ipnotici, che si fecero pubblicamente in alcuni teatri a Napoli, destarono molta curiosità e discussioni.
«’o Fondo»: il teatro del Fondo della separazione dei lucri, edificato nel 1779, ora detto Mercadante, in Piazza Municipio.
’A suppresa ’o iuoco piccolo
Il «gioco piccolo» è il gioco del lotto abusivamente esercitato da privati.
Chiacchiariatella ’e niente
«Capille nire»: titolo di una canzone, che era molto popolare a Napoli una ventina d’anni fa.
Sonetti raccolti per la prima volta nel volumetto: Zi’ munacella, Napoli, Pierro, 1888.
«Chiesa del rifugio». Il conservatorio di pericolanti con l’annessa chiesa di S. Maria del Rifugio, fu fondato alla fine del secolo XVI, in un palazzo degli Orsini, poco lungi da Castel Capuano.
«’e Bianche». La confraternita di S. Maria Succurre miseris, detta poi dall’abito dei Bianchi della giustizia, istituita nel 1519, aveva per compito l’assistenza dei condannati a morte. Cfr. s. DI GIACOMO, Luci e ombre napoletane, Napoli, 1914, pagg. 231 e segg.
«’o fatto ’e Masaniello»: la rivoluzione popolare del 1647.
«vico Tre Re»: un vicolo presso la via Toledo, così detto per l’antico albergo all’insegna dei Tre re, ossia dei re magi.
1a ediz., Napoli, Pierro, 1887; 2a ediz., ivi, 1891 (nella «Collezione minima», n. 3).
’A luna nova
Si veda per intero in questo volume, Canzone.
È una nota leggenda, della quale si ha anche una elaborazione francese di Jean Richepin.
Furono raccolte in un volume di Canzoni napoletane, illustrate da E. Rossi, con autografi musicali, etc., Napoli, Bideri, 1891. Altre furono pubblicate nel volumetto Chi chiagne e chi ride, Milano-Napoli, Ricordi, 1899.
A Marechiare
«Marechiaro» o «Marechiano» (Mare planum), insenatura della spiaggia di Posillipo, vedi lo scritto del Di Giacomo: Marechiaro, nel vol. Napoli, paesi e figure, Napoli, Perrella, 1909.
’E spingole frangese
Imitazione di un canto popolare dell’Italia meridionale. «turnese»: vecchia moneta napoletana, in uso fino al 1860.
Lariulà
Da Orazio, Carm., lib. III, 9.
’A mugliera ca primm’ ’e spusà
«Seca sè, seca mulleca»: principio di una filastrocca che si recita ai bambini: cfr. L. MOLINARO DEL CHIARO, Canti del popolo napoletano, Napoli, Argenio, 1880, pp. 37-38, II ediz. Napoli, Lubrano, 1916.
«Mannise»: o falegnami di carri: cfr. CAPASSO, in Arch. stor. nap., XVI, 716-32.
’A testa d’aruta
«San Giorgio»: una qualsiasi chiesa (non si riferisce a nessuna delle varie chiese di Napoli, che s’intitolano da San Giorgio).
Palomma ’e notte
Imitazione di un canto popolare veneto.
Ll’appuntamento
Libera imitazione di una canzone dello Xanrof.
Questi sette sonetti furono pubblicati in un opuscolo: Napoli, Pierro, 1895, con due illustrazioni di V Migliaro. Se ne hanno due riduzioni teatrali dello stesso Di Giacomo: A. S. F., scena lirica ivi, 1896; e in prosa, scene napoletane, Napoli, tip. Melfi e Joele, 1897, ristampate nel vol. Teatro di S. D. G. Lanciano, Carabba.
I versi messi per epigrafe sono un noto canto di carcerati.
«San Francisco»: il carcere di S. Francesco di Paola, fuori la porta Capuana.
Mamma r’ ’a Sanità.
La Madonna, che si venera nella chiesa di Santa Maria della Sanità.
Poesie raccolte la prima volta con questo titolo in un volumetto pubblicato a Napoli, Pierro, 1898.
Nummero vintuno
Son. I. «Spitale ’a Trinità»: l’ospedale militare posto nello antico monastero della Trinità delle Monache; intorno al quale v. A. FIORDELISI, nella Napoli nobilissima, vol. VII, 1899, pp. 145-150, 187-191.
Son. III. «’a Cunciaria»: la strada della Conceria nel quartiere del Mercato.
«Pantellaria»: l’isola di Pantelleria, dove si relegano i condannati al domicilio coatto.
Furtunata
«Puggeriale»: luogo presso Napoli dove sorgeva già un palazzo reale ed una villa dei re della dinastia aragonese, e dove, dal principio del secolo XIX, è il cimitero della città di Napoli.
«nu giuvanuttiello ’e mala vita»: mala vita significa qui, e di solito, la società della camorra; ma anche, talvolta, la vita della prostituzione e altre forme di degenerazione sociale.
Capillò!
«S. Arcangelo a Baiano»: vicolo nel quartiere di Pendino, dov’era il monastero di monache benedettine detto di S. Arcangelo a Baiano: cfr. CAPASSO, in Arch. stor. nap. XVI, 707-709.
«Nunziata»: la pia casa dell’Annunziata, ospizio dei trovatelli.
Ncopp’ ’a nu muntone ’e munnezza
«Donnalbina»: l’ex monastero benedettino di S. Maria di Donnalbina, nel cui edifizio è posta ora la «Casa paterna», fondata dalla duchessa Teresa Filangieri-Ravaschieri, per raccogliere ed educare i ragazzi della plebe.
«Turretta»: si chiama così una piccola piazza a capo della Riviera di Chiaia, dov’era una torre costruita nel 1563 per difendere quella spiaggia dalle invasioni dei barbareschi.
Angeleca
«’o vico ’e Buoncammino»: un fondaco in sezione Porto, ora distrutto pei lavori di risanamento, detto così per la chiesetta omonima: cfr. CECI, in Arch. stor. nap., XV, 420-5.
Briggeta
«Muoio piccolo»: il molo piccolo che era l’Arcina o darsena del tempo del Ducato.
Nuttata ’e Natale
«’o Viscuvato»: il Duomo di Napoli.
’A strata
Queste sei poesie furono pubblicate nel 1900 in una serie di sei cartoline, illustrate con scene di vita napoletana, dal titolo: Napoli illustrata.
Stasera
«na luciana»: popolana della regione di Santa Lucia.
’O pranzo a ’o nnamurato
«San Francisco»: il carcere di San Francesco, v. sopra nota alla parte VII.
L’acciso
«Santo Severino»: la chiesa del convento di S. Severino e Sossio al largo S. Marcellino.
Cimarosa
Versi pubblicati la prima volta nel volume: Aversa a Domenico Cimarosa nel primo centenario della sua morte, XI gennaio MCMI, Napoli, Giannini, 1901.
Na tavernella
«Antignano»: collina presso Napoli, dove fu già la villa del Pontano.
Si dummeneca è bon tiempo…
«Marechiare»: v. sopra ; «Tuleto» la via di Toledo, ora ribattezzata ufficialmente Via Roma; «Chiaia»: la via di Chiaia.*
Si è Rosa ca mme vo’…
«Mastugiorgio»: Mastro Giorgio, guardiano e curatore di pazzi, detto per antonomasia da un celebre personaggio di tal nome, Giorgio Cattaneo, che nel secolo XVII esercitò quell’uffizio nell’ospedale dell’Incurabili: cfr. E. BUONOCORE, Mastrogiorgio (Napoli, 1908).
p. 547 Inť ’a Villa
«’A Villa»: la villa di Chiaia, sorta sulla spiaggia nel 1784 per opera di Carlo Vanvitelli: cfr. B. CROCE, in Napoli nobilissima, I, 1892, fasc. I-IV.
Parole d’ammore scuntento
«’a Posta»: la strada che conduce alla Posta, già pal. Gravina.
Lassammo fa’ Dio…
Fu pubblicata la prima volta col titolo Fantasia in un opuscolo con illustrazioni di P Scoppetta e spunti musicali di E. de Leva, Napoli, 1898.
Ia ediz. Napoli, Ricciardi, 1916
Voce d’ammore antiche
Sono raccolte per la prima volta in questo volume.
Della, già famosa al suo tempo, Taverna del Cerriglio il Celano, secentista, scrive ch’era «una celebre osteria posta in piedi da un tale che per soprannome era detto Cerriglio». Ma Giambattista Basile, nelle Muse napolitane (Egroca III – Talia, o vero lo Cerriglio) si domanda già prima (1635): Pecché sto luoco doce e nzuccarato, è Cerriglio chiamato? E ne mette avanti di tutte le sorte, e arriva fino a dire che così si chiama perché chi v’entrava aveva l’abito di salutarlo alla greca: Kaire!
Giovan Battista del Tufo, di cui la Biblioteca Nazionale di Napoli possiede il curioso e interessantissimo manoscritto: Ritratto o modello delle grandezze delizie e meraviglie della nobilissima Città di Napoli, ve lo descrive come il paese di Cuccagna dei poeti, degl’improvvisatori, de’ cantatori, delle belle e facili donnette, dei mastrodatti e dei mastri di scuola. la lì, al Cerriglio, ove, se vi recate,
vi vien portato ogni gentil boccone:
e quivi ancor, per l’honorata gente,
v’è l’uscio per entrar secretamente…
È lì che Micco Passaro innamorato, eroe popolare e spadaccino insigne, convita amici ed amiche: (Giulio Cesare Cortese, Micco Passaro nnamurato. Canto I): è lì che alcuni personaggi della Tabernaria di Giambattista della Porta movono lento pede, è lì che le scene pastose e colorite di Titta Valentino trovano il loro più acconcio teatro. Era quella, insomma,
la casa de li spasse,
lo puorto de li guste,
dove trionfa Bacco,
dove se scarfa Venere:
dove gaude lo core,
se dà sfratto a l’affanno,
e s’allonga la vita pe cient’anne.
[Nota di S.d.G.]