Nonostante siano passati quasi cento anni dal trattato di St. Germain, gli italiani sanno poco e hanno capito poco del Sudtirolo/Alto Adige. Non è del tutto colpa loro: vivono in un Paese complesso e problematico, dove i problemi durano da secoli e dove una certa superficialità serve a semplificare le cose non a caso, l’Italia è il Paese della Commedia dell’Arte, delle maschere fisse, degli stereotipi. Ciò non significa che chi ci vive non sia capace di introspezione e di profondità: ogni italiano è “uno nessuno e centomila” come il personaggio di Pirandello, ma proprio per questo non ama le complicazioni. È già complicato lui. In politica gli piacciono gli istrioni, i primattori, gli sbruffoni che sanno tutto e risolvono tutto, e che poi fatalmente lo spingono a scelte catastrofiche: ma questo è un altro discorso. Ogni Paese, del resto, e ogni popolo ha le sue specificità, con qualche pregio e molti difetti. Non esistono popoli ideali o migliori degli altri in assoluto: quelli che di volta in volta hanno proclamato di esserlo hanno prodotto disastri di tale portata da poter essere considerati, in quel momento, i peggiori del mondo.
Gli italiani credono di sapere, del Sudtirolo/Alto Adige, quanto basta. Ci passano quando devono andare in Austria o in Germania, ci vengono d’inverno per gli sport invernali e d’estate per stare qualche giorno o qualche settimana in montagna, in un ambiente che sembra fatto apposta per riposare il corpo e per rasserenare la mente. Ne ammirano l’ordine e la pulizia; ne ammirano i paesaggi, e gli sembra impossibile che in un luogo così apparentemente tranquillo, così rilassante possano esistere problemi tali da essere paragonati a quelli di altre parti, ben più sfortunate, del mondo. Una minoranza di italiani, forse dà ancora credito alle fandonie che circolavano ai tempi del fascismo e della propaganda di Tolomei, sull’“italianità” di questa terra, ma ci crede soltanto per pigrizia e per abitudine, non per vera convinzione; i più hanno capito che quella propaganda era falsa ma pensano che la cosa non li riguardi e hanno continuato a pensarlo, anche quando scoppiavano le bombe e poi quando la radio e la televisione, tutti i giorni, continuavano a parlare di un “pacchetto” che nessuno o quasi sapeva cosa fosse. La gente, dappertutto, è distratta, e la maggior parte delle persone si occupano soltanto di ciò che conoscono e di ciò che le tocca nei loro interessi. Perciò io mi auguro che queste mie riflessioni “per un anniversario”, servano a raccontare agli italiani quello che nessuno gli ha mai raccontato dall’inizio, in modo tranquillo e con spirito di verità. Ciò che gli italiani hanno ascoltato finora, o era semplice propaganda o era l’eco di fatti di cronaca anche tragici ma destinati nel volgere di pochi giorni ad essere sostituiti da altri fatti di cronaca e quindi dimenticati oppure (come la storia del “pacchetto”) apparteneva a quel linguaggio della politica, che non sempre è facilmente comprensibile e non sempre merita di essere capito.
Tra i (pochi) politici italiani che hanno mostrato di conoscere bene i problemi di questa regione, ce ne sono almeno due che meritano di essere ricordati e che però erano così diversi tra loro da essere quasi opposti e complementari: Giulio Andreotti e Sandro Pertini. Giulio Andreotti, di cui molti in Italia pensano (e dicono) tutto il male possibile, secondo me è stato un abile politico e un vero uomo di Stato: che però non operava sulla Luna ma in Italia, e che quindi in varie circostanze ha dovuto “sporcarsi le mani” con le realtà di cui si stava occupando. Che altro è, la politica, se non l’arte dei compromessi? L’attenzione di Andreotti per il Sudtirolo/Alto Adige è stata costante, dagli anni Quaranta in cui era sottosegretario di De Gasperi, agli anni Novanta. Credo si possa annoverare tra i padri dell’attuale autonomia, e che si debba rendergliene merito.
Sandro Pertini, l’ex partigiano diventato nel 1978 presidente della Repubblica italiana, ha sempre mostrato interesse per questa regione, a cui lo univano idealmente vent’anni di Resistenza al fascismo. Le sue parole, soprattutto negli ultimi tempi, spesso suonavano retoriche: ma il suo affetto per il Sudtirolo/Alto Adige era certamente sincero.