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Ripensando alla conversazione con Giorgia, Rita dovette riconoscere che l’unico fatto positivo era stato rintracciarla; in quanto al resto, aveva la netta sensazione che la signora avesse fatto buon viso a cattivo gioco, ammettendo solo quello che, prove alla mano, non poteva negare, come di essere stata l’amante di Valerio.

“Quella secondo me potrebbe dirmi molto di più, ma ancora non vuole o non se la sente, speriamo che ascolti la sua coscienza e si decida a parlare.”

Dopo cena stava per andare all’osteria, ma pensò che era meglio soprassedere: non era il caso di raccontare le cose a metà, anche perché Leonida pensava ancora che avesse rinunciato all’inchiesta, ignaro del fatto che era stata proprio una sua considerazione sugli “ultimi romantici” a darle nuovo impulso.

Tornando a Giorgia, vide la situazione meno negativa: “Da qualche piccolo segnale alla fine del colloquio, la signora mi è sembrata disponibile a collaborare, ma potrei anche sbagliarmi. Siccome tutto dipende da lei, cara la mia investigatrice, non correre troppo con la fantasia: se la bella Giorgia non si decide a sbottonarsi resterai con un pugno di mosche in mano, o poco più... Adesso rilassati con qualche pagina di Anna Karenina, e poi fatti una bella dormita!”.

La signora Vergani stava procedendo con sempre maggior convinzione sulla via dell’intrattenimento... a base di attrici famose. I primi due esperimenti, la mondina di Riso amaro e la Clara Calamai della Cena delle beffe interpretata dalla procace Carmen, avevano ottenuto un notevole successo, con grande entusiasmo dei clienti che ne avevano usufruito... sborsando per l’occasione un profumato extra. Ma non era solo l’aspetto economico a motivare la furba e vanitosa maîtresse: la sua maison, già rinomata per l’avvenenza delle ragazze, era ormai vicinissima a ottenere la patente di casa d’appuntamenti più raffinata e allo stesso tempo più estrosa della città; le voci giravano presto nell’ambiente. La madama era talmente sicura della bontà dell’operazione che aveva investito un bel po’ di quattrini in costumi e accessori che permettessero alle ragazze di interpretare altri ruoli cinematografici, selezionati personalmente da lei spulciando riviste e cronache del settore.

Quando Rita arrivò, la Vergani le annunciò la sua ultima pensata: «Oggi, come sai, devi incontrare quell’ingegnere che viene da Torino. Gli ho anticipato che lo aspetta una bella sorpresa, senza svelargli in che cosa consiste: lui ancora non lo sa, ma oggi si intratterrà con la più famosa delle attrici americane, forse la più sensuale mai apparsa sugli schermi... e l’unica in grado di darle anima e corpo sei proprio tu, che per combinazione porti anche lo stesso nome».

«Non vorrà mica dire Rita Hayworth?» chiese la giovane, cui non difettavano intuito e prontezza.

«Esatto, mia cara, hai indovinato: dalla mondina di Riso amaro passi all’interprete di Gilda, la donna che ha fatto fremere di passione milioni di uomini in tutto il mondo. Io il film l’ho visto, ma per non sbagliare mi sono studiata bene la foto della Hayworth e ho comprato un vestito fatto e sputato quello che lei indossa nel film, e per finire una parrucca di lunghi capelli rosso rame. A te resta solo il compito di truccarti in modo da somigliarle il più possibile. Per dare anche il giusto sottofondo sonoro all’atmosfera, ti ho messo in camera un grammofono e il disco Amado mio, colonna sonora del film. Non ti chiedo, né ti consiglio, di improvvisarti anche danzatrice, perché la vera Gilda è inimitabile: limitati ad accennare qualche movimento e a mostrare le gambe, che non hanno nulla da invidiare a quelle della tua omonima. Vedi,» aggiunse con tono da saggia maestra «il pericolo di queste “recite” è quello di cadere nel ridicolo: bisogna prestare la massima attenzione ai dettagli, sia nell’aspetto fisico sia nel modo di vestire, evitando però di cimentarsi in improbabili imitazioni... Segui il mio consiglio e vedrai che il nostro ingegnere proverà il piacere più intenso della sua vita.»

Pronostico azzeccato: l’ingegnere si godette l’accenno di spettacolo e la musica, ma soprattutto la protagonista della scena, e il culmine arrivò quando questa, dopo aver portato al limite il suo desiderio, gli si concesse inondando il cuscino con la setosa e fiammeggiante cascata di capelli color del rame. Come tocco finale, Rita si esibì nella simulazione di un contenuto orgasmo... falso fin che si vuole, ma più che gradito dall’attempato ingegnere che, per quanto consapevole dei suoi limiti e memore della professione della giovane, chiuse gli occhi e si cullò nell’illusione di dare piacere a una così bella ragazza... che fosse o meno Rita Hayworth.

All’arrivo a casa, intorno alle sei e mezzo, Rita ricevette la bella notizia: aveva telefonato la signora Giorgia, che voleva essere richiamata al più presto. “Cavoli, si è già fatta viva, la notte le ha portato consiglio!” pensò, estraendo immediatamente l’agendina dalla borsetta e componendo il numero della Vallenera: a quell’ora probabilmente il marito non era ancora rientrato.

La signora rispose dopo il primo squillo e chiese se potevano vedersi l’indomani stesso, a metà mattina. Questa volta propose un locale meno appariscente e più defilato della pasticceria Cova, un anonimo caffè all’inizio di via Turati, all’angolo con piazza Cavour. Rita, pur toccando il cielo con un dito, resistette alla tentazione di fare commenti e si limitò a confermare l’appuntamento per le dieci e trenta.

Dopo la telefonata si impose di tenere a freno l’entusiasmo. Ciononostante, il suo sesto senso le diceva che forse stava per arrivare a un punto nodale nella ricerca della verità sull’omicidio di Valerio.

“Se la Giorgia non dovesse parlarmi di qualcosa di importante, perché mai vorrebbe vedermi di nuovo? Mica per la mia bella faccia o per mangiare quattro pasticcini, non certo buoni come quelli del Cova!”

Si convinse poi che non era solo il suo sesto senso a darle segnali positivi: anche il più logico dei ragionamenti portava dalla stessa parte. “Che sia la volta buona?” pensò speranzosa.

Dopo cena, per distrarsi e scacciare il pensiero dell’appuntamento con Giorgia, decise di trascorrere la serata al cinema... forse ispirata dall’interpretazione della splendida Gilda. Invitò a farle compagnia, accollandosi la spesa del biglietto, la cara amica Rosanna Romei, una coetanea tutt’altro che bella ma buona come il pane, che abitava nello stesso caseggiato, un piano sotto, e al momento era disoccupata.

Le due ragazze scelsero un film americano, in programma al cinema Giardini di piazza Oberdan, che aveva fatto il record degli incassi al botteghino: Viale del tramonto, diretto dal regista Billy Wilder, con la stagionata Gloria Swanson, l’astro nascente del firmamento hollywoodiano William Holden e, in ruoli secondati, Erich von Stroheim e Buster Keaton.

Nella pellicola si affronta il tema del declino di una diva del muto non più nel fiore degli anni, che affida a uno squattrinato sceneggiatore capitato nella sua villa l’incarico di mettere mano al copione del film che avrebbe dovuto celebrare la sua rentrée. L’attrice perde la testa per il bel giovanotto, che inizialmente accetta per convenienza di diventarne l’amante, ma poi, essendosi a sua volta innamorato di una giovane avvenente, vuole troncare il rapporto. La diva, accecata dalla gelosia, gli spara un colpo di pistola e lo uccide, con il cadavere che finisce simbolicamente nella piscina, emblema del mondo esclusivo tanto rincorso dallo sceneggiatore.

Il giovanotto è interpretato dall’affascinante William Holden, idolo di milioni di donne, comprese le due amiche, che anche per questo motivo avevano scelto il film.

Dopo il cinema fecero un salto al Don Rodrigo, dove Rita offrì a Rosanna il bicchierino di grappa mandorlata della buonanotte, poi tornarono a casa, nonostante gli inviti a rimanere. Va detto che, prima che uscissero dal locale, Leonida aveva tentato di agganciare Rita, offrendosi di scambiare due parole tête-à-tête, ma lei, fedele al proposito di non affrontare ancora l’argomento dell’indagine, se la cavò con un diplomatico e sibillino «Adesso non posso, ci vediamo presto, ti chiamo io», che lasciò basito il buon Leonida.