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Nonostante fosse pomeriggio, Rita trovò l’amico al Don Rodrigo impegnato in una partita a scala quaranta, davanti a un boccale di birra fresca. Senza troppe cerimonie, gli chiese se poteva concederle un’oretta: doveva assolutamente parlargli.

«Finalmente ti degni di venirmi a cercare» fu il primo commento di Leonida. «Non dirmi che vuoi di nuovo cambiare lavoro e ti serve il mio parere» continuò, passando al solito tono scherzoso, già dimentico dell’approccio risentito.

Al diniego della ragazza, serissima in volto, Leonida finì la mano, vuotò il boccale, cedette il suo posto a un altro giocatore, uscì e si sedette con lei a un tavolino esterno.

Notando l’eccitazione e il nervosismo di Rita, le prese affettuosamente la mano: «Stai tranquilla, non agitarti. Qui non ci sente nessuno, puoi parlare liberamente. Che cosa c’è di così urgente da farmi abbandonare una partita a carte?».

«Ti voglio parlare della mia inchiesta.»

«Ma sei ancora in ballo? Credevo che ti fossi rassegnata, ormai» fu il commento stupito del “gatto”.

«Tutt’altro. E meno male che ho continuato, non immagini fin dove sono arrivata» rispose orgogliosamente Rita. «Adesso ti racconto.»

E tutto d’un fiato ripercorse il tragitto della sua investigazione, senza omettere il minimo particolare, concludendo: «Come vedi, non per vantarmi ma credo di aver trovato l’assassino. Di quale dei due tizi si tratti, ancora non si può capire, ma sta di fatto che la povera Ines è innocente, come ho sempre pensato. E questo è quello che conta. Per quanto mi riguarda, sono nella situazione di chi ha preparato una bellissima torta, ma non ha il forno per cuocerla, per la malora! Mi aiuti a trovarlo, questo benedetto forno?».

«Diavolo, Rita, prima di tutto mi scuso per aver dubitato di te» rispose Leonida. «Ti conosco bene, so che sei una ragazza sveglia e intelligente, ma non immaginavo fino a questo punto: senza l’aiuto di nessuno, con le tue sole forze sei riuscita a portare a termine un progetto che avrebbe fatto tremare i polsi a un investigatore professionista. Complimenti davvero... non vorrei averti come commissario incaricato di indagare su qualche mia malefatta, mi faresti finire di sicuro in gattabuia! Per fortuna fai un mestiere molto più redditizio!» chiuse con l’immancabile battutaccia, per poi farsi nuovamente serio: «Hai ragione, adesso bisogna pensare alla prossima mossa, non puoi più andare avanti in prima persona, sola soletta».

«E mica posso rivolgermi al commissariato di Lambrate: quelli mi caccerebbero fuori a pedate nel culo, per bene che mi vada. Non so come muovermi, per questo sono venuta a chiedere il tuo consiglio.»

«Fammi pensare» riprese meditabondo Leonida. «Con la mia attività non dovrei avere amici dall’altra parte della barricata, invece, ti stupirai, ma uno ce l’ho. Oddio, amico è forse una parola grossa... ma c’è un vicequestore che ho conosciuto qualche anno fa, quando ancora era commissario capo, con cui, sembra incredibile, ho instaurato un buon rapporto nonostante ci trovassimo sulle sponde opposte. È il dottor Valentiniani, sulla cinquantina, funzionario capace e con molto senso dell’umorismo; l’ho incontrato in occasione di un grosso furto di cui ero stato accusato e che invece, una volta tanto, non avevo commesso, e lui se ne è reso conto subito. Adesso sta alla Questura Centrale, posso provare a chiamarlo e vedere se può fare qualcosa: una volta che gli avrò spiegato bene la situazione, capirà che in fondo gli stiamo proponendo di porre rimedio a un clamoroso errore della polizia. Andiamo a casa mia, in questo momento non c’è nessuno: io gli telefono e tu mi stai vicino per suggerirmi se non so rispondere a qualche domanda.»

Cinque minuti dopo iniziava la strana conversazione fra il capobanda e il vicequestore. Dopo gli immancabili convenevoli, sollecitato dal Valentiniani, Leonida introdusse l’argomento: «Dottore, mi scusi se mi permetto di disturbarla, ma lo faccio per un valido motivo: e se non mi sbaglio la mia telefonata potrebbe trasformarsi in un grosso favore che un presunto bandito fa a un alto funzionario della polizia».

«Ciocca, bandito non tanto presunto,» lo riprese bonariamente il vicequestore «se hai finito con le manfrine, vuoi venire al sodo? Non ho molto tempo da dedicarti.»

«Obbedisco. In poche parole, c’è un caso di omicidio chiuso troppo in fretta, che ha mandato in galera un colpevole... innocente, le basta? Le piacerebbe riaprirlo con la soluzione servita su un vassoio d’argento?»

«Detta così, come si fa a dire di no? Ma mi sembra che tu stia proponendo qualcosa di troppo fantastico per essere vero. A proposito, da quando in qua fai l’informatore della polizia? Non mi risulta che tu sia nel nostro libro paga» commentò il vicequestore, che, al di là della frase scherzosa, aveva drizzato le antenne.

«Lei sa che ho uno spiccato senso della giustizia, ed è proprio per cancellare una grande ingiustizia che ho osato contattare un importante esponente delle alte sfere della polizia milanese...»

«Il senso di giustizia di quando vai a svaligiare le case dei ricchi, a mo’ di moderno Robin Hood?»

«Lei sa che io non svaligio nessuna casa, signor vicequestore, e lo ha verificato di persona. Mi guadagno da vivere onestamente come meccanico, e se le serve far revisionare la macchina, non faccia complimenti, sono sempre a sua disposizione.»

«Hai proprio una bella faccia di tolla, Leonida Ciocca detto “il gatto”... e chissà perché ti chiamano così.... però sei troppo furbo per farti cogliere in fallo. Ma, tornando a bomba, riconosco che mi hai incuriosito, raccontami pure questa mirabolante storia» disse il Valentiniani. Conoscendo la fama dell’interlocutore, dubitava che si fosse esposto contattando un appartenente alla squadra del “nemico” senza una buona ragione. «Se, come dici, si tratta di un caso di omicidio, abbiamo scherzato anche troppo. Vai.»

Leonida sintetizzò a grandi linee i fatti che gli aveva esposto Rita, di cui sottolineò il ruolo di unica protagonista/investigatrice. E terminò raccomandando al vicequestore di incontrarla: lei gli avrebbe fatto un resoconto ancor più completo e dettagliato.

«Si chiama Margherita Grande, ed è anche una splendida ragazza, male che vada si sarà lustrato gli occhi, dottor Valentiniani.»

«Ciocca, sei proprio un impertinente, ma ti rendi conto di quello che proponi, al di là del piacere di ammirare le grazie della tua amica? Guarda, faccio un atto di fede e ti do retta, ma occhio che se mi fai perdere del tempo te la farò pagare. Di’ pure a questa bella signorina di telefonarmi e la riceverò subito... via il dente via il dolore» concluse il vicequestore, ostentando uno scetticismo che in verità non provava, avendo realizzato che il Ciocca gli aveva sottoposto una questione interessante.

Deposta la cornetta, Leonida diede il numero della Questura all’amica, che, dopo aver riempito di baci il viso del “gatto”, lasciò passare mezz’ora e chiamò il Valentiniani, che la invitò a presentarsi in Centrale lo stesso pomeriggio, alle sette.

Rita si preparò all’incontro scegliendo l’abbigliamento castigato adatto all’occasione, e alle sette in punto chiese all’agente di guardia di annunciarla al dottor Valentiniani.

Il quale, aperta la porta della stanza, se fu colpito dall’avvenenza della donna, da vecchio volpone non lo diede a vedere, forse anche perché preparato dalle parole del “gatto”. Introdusse Rita nel suo ampio ufficio, la fece accomodare, le offrì una bibita fresca, per la precisione un Chinotto, e intavolò il discorso: «Signorina, il suo amico Ciocca mi ha chiesto di riceverla perché, a suo dire, lei ha fatto delle scoperte, che in buona parte mi ha anticipato, in merito all’omicidio che ha avuto come vittima il signor Valerio Bongiovanni. Anzi, secondo quel simpatico farabutto, lei ha addirittura quasi risolto un caso che era stato chiuso con un errore nell’individuazione del colpevole, anzi della colpevole. Se le sue deduzioni sono corrette, ci troveremmo di fronte a una gravissima cantonata del commissariato, alla quale sarebbe nostro dovere rimediare il più presto possibile. Adesso beva la sua bibita e poi con calma mi racconti di nuovo tutta la storia... Più o meno la conosco, ma voglio risentirla direttamente da lei».

«Il mio amico Ciocca ha esagerato, io non pretendo di aver risolto un bel niente» attaccò Rita che, superata la comprensibile timidezza, aveva ripreso coraggio, non mancando però di mostrare la modestia adeguata al suo ruolo di “apprendista inquirente”. «Mi sono solo data un po’ da fare cercando informazioni qua e là, nella speranza di scoprire qualche particolare che potesse scagionare la mia amica Ines Minola. Tutto è cominciato quando...» e Rita passò al racconto della vicenda, dalla scoperta del delitto in poi, riferendo i passi e i progressi del suo operato.

Dopo un’ora buona, con la gola ormai secca per il gran parlare, mise il punto finale riferendo le dichiarazioni di Giorgia Vallenera, non senza aver dato la giusta enfasi, con un pizzico di vanità, agli espedienti messi in atto per rintracciarla.

Il vicequestore, dopo essere stato zitto e attento ad ascoltare, limitandosi a prendere qualche appunto, riprese la parola: «Complimenti, signorina Grande, lei è stata bravissima, molto più degli uomini del mio commissariato, lo devo ammettere, anche se a malincuore. Mi ha convinto: ci sono buone probabilità che la sua amica non sia l’assassina del Bongiovanni. Dunque vale la pena riaprire il caso, ed è mia intenzione far ripartire ufficialmente le indagini. Ma a questo proposito abbiamo un piccolo problema». Pausa. «La prego di non offendersi, ma lei si rende conto che, nella mia posizione, non posso dare il via alla procedura solo sulla base delle dichiarazioni di una bella ragazza che ha condotto una sua inchiesta personale arrivando a conclusioni senz’altro valide, ma... Sia chiaro che io le credo, ma lei capirà che non posso agire affidandomi a notizie che potrebbero appartenere alla categoria del “sentito dire”. Mi servono elementi di prima mano, per rimettere in moto la macchina investigativa».

Dopo un attimo di riflessione, proseguì: «La signora Giorgia Vallenera in De Rossi sarebbe disponibile a presentarsi alla Questura Centrale e a ripetere tutto quello che le ha detto, a partire dal fatto che era l’amante della vittima? Se sì, ecco che verremmo a sapere da una testimone diretta informazioni che autorizzano la decisione di riaprire le indagini. E per essere precisi, questo devo sentirmi dire dalla signora: a) il marito era gelosissimo e sospettava una tresca della moglie con il Bongiovanni, o meglio, ne era a conoscenza; b) all’ora del delitto, lo stesso non si trovava in casa, dove è rientrato più o meno un’ora dopo l’omicidio; c) sempre il signor De Rossi ha fatto delle parziali ma compromettenti ammissioni su un suo pesante intervento, diciamo così, nei confronti della vittima, “togliendola di mezzo” per usare le sue parole».

«Ho capito, lei ha perfettamente ragione a non basarsi solo sulle mie parole» ammise Rita. «In quanto alla signora Giorgia, nonostante alcune comprensibili perplessità, penso che sarà disponibile a incontrarla, e mi auguro che possa confermare punto per punto quello che lei vuole sentirsi dire. La chiamo, le riferisco del nostro colloquio e le chiedo di contattarla, d’accordo?» concluse, evitando di sbilanciarsi troppo, viste le ultime esitazioni di Giorgia.

«Benissimo, forse è meglio che sia lei a chiamare per prima, per rendere la cosa un po’ meno ufficiale. In caso di resistenza da parte della signora, interverremo noi. Io rimango in attesa di una telefonata, questa sera sono in Questura fino a tardi. Vorrei incontrarla domani stesso, e subito dopo, se mi avrà convinto anche lei, farò ripartire le indagini, che ovviamente non saranno più affidate allo stesso commissariato che le ha condotte così maldestramente.» Dopo un attimo di pausa, continuò ribadendo i suoi elogi alla ragazza: «Signorina Grande, i miei complimenti glieli ho già fatti, ma, mi creda, sono ancora stupito per come ha portato avanti un’inchiesta senza nessun supporto ufficiale, in assoluta autonomia. In particolare, mi ha impressionato il colpo di genio con cui ha stanato la testimone chiave... ne avessimo in polizia di gente con il suo talento investigativo! Adesso tocca a noi concludere l’opera, e mi dispiace molto ma dovremo farlo senza la sua partecipazione, come sarebbe invece giusto. Cercheremo di essere alla sua altezza» aggiunse con una punta di adulazione.

«Non mi prenda in giro, dottore» rispose Rita, consapevole del fatto che l’ultima frase era stata solo una simpatica galanteria.

«Lungi da me l’idea» ribatté il Valentiniani. «Forse ho un po’ esagerato, ma la mia stima nei suoi confronti è genuina, glielo assicuro. Per quanto ci riguarda, sarà nostro compito fare quei controlli che lei non ha potuto effettuare, interrogando gli inquilini dello stabile dove è avvenuto il delitto, principalmente allo scopo di fare luce sulla presenza sul posto della Balilla, fatto chiave per avere la certezza che la coppia De Rossi-Messinese era lì. E, se ci saranno conferme ai sospetti sul marito, toccherà a lui sottostare al nostro interrogatorio.»

«Speriamo che tutto si risolva in fretta e che la mia amica possa uscire subito di prigione» commentò Rita.

«Signorina Rita, come avrà intuito lei mi ha quasi convinto sull’identità del colpevole, ma solo quando lo avremo incriminato la sua amica potrà essere scarcerata, mi spiace ma bisogna aspettare ancora un po’. Per intanto, mi permetta di ringraziarla per la sua preziosa e spontanea collaborazione, e porti i miei saluti a quella simpatica canaglia di Leonida Ciocca, che mi ha fatto un grosso favore mandandola da me.»

«Mi scusi, dottor Valentiniani, avrei io un piccolo favore da chiederle: per cortesia, mi può tenere informata sull’andamento dell’inchiesta? Non intendo passo per passo, ma almeno gli esiti finali me li potrebbe comunicare in anteprima?»

«Certamente, ci mancherebbe altro! Ci conti, lo farò con molto piacere.»

Stremata per la tensione del colloquio in Questura ma fiera di aver fatto colpo su un alto funzionario come il Valentiniani, sulla via del ritorno Rita pensò a quanto, a volte, fosse strana la vita: lei, che esercitava un mestiere “proibito”, era stata ricevuta in pompa magna, trattata con i guanti ed elogiata da un vicequestore della polizia milanese, e l’indagine sull’omicidio di Valerio sarebbe ripartita solo grazie alle sue scoperte... roba da non crederci!

Arrivata in via Spallanzani, si godette la cena preparata dalla signora Angiolina, manifestando un’allegria contagiosa che stupì la nonna e i fratelli, abituati ai continui sbalzi di umore dell’ultimo periodo.

Dopo mangiato, telefonò subito a Giorgia Vallenera pregandola di contattare il dottor Valentiniani per concordare un colloquio.

La donna, stranamente, non aderì subito all’invito, ribadendo che si sarebbe troppo esposta sul piano personale, e poi non voleva mettere lei un cappio al collo del marito. Rita, stupita per la sua reticenza, cambiò tono e le suggerì di affrontare quell’incontro, prospettandole nuovamente la possibilità di guai peggiori, a cominciare dalla accusa di complicità nell’omicidio.

Alla fine Giorgia cedette e promise che avrebbe chiamato immediatamente il vicequestore.

Fatto con una fatica non prevista anche questo passo, Rita si rilassò in attesa dell’evolversi degli eventi, che ormai non erano più nelle sue mani.

Terminò la serata in compagnia della comitiva del Don Rodrigo, dove riferì a Leonida l’esito dell’incontro col vicequestore.

Il commento del “gatto” fu: «Bene, mi fa piacere, anche perché grazie a te ho acquisito una benemerenza che mi potrà venire buona: essere in buoni rapporti con un vicequestore può far sempre comodo... a un cosiddetto delinquente abituale. In quanto a te, stai attenta perché il Valentiniani è un vecchio marpione... quello è capace di invitarti a cena per festeggiare la fine dell’inchiesta, ma occhio a non fare passi falsi, e ricordati che anche tu, bene o male, sei una piccola fuorilegge!».

«Stai tranquillo, non ho nessuna intenzione di mettere in piedi una relazione con il vicequestore, che mi pare sia anche sposato, stando alla fede che porta al dito. In ogni caso, ti dirò che è un bell’uomo, e nemmeno tanto vecchio... Certo che se poi capita in Monte Rosa, come faccio a dirgli di no?» concluse facendo l’occhiolino all’amico, che rispose con una fragorosa risata.