Il primo sabato dell’anno, compiuti tutti i rituali legati a quel giorno della settimana (barbiere, manicure, bar...), Christophe tornò a casa. Sulla soglia incrociò Murielle, le prese il braccio in silenzio e la trascinò con sé.
Camminarono a lungo per le strade, urtati dai passanti, tutti con quella tipica espressione biliosa che appare sui volti della gente dopo la tregua delle feste natalizie, quando le preoccupazioni, volutamente messe da parte per quarantotto ore, sembrano ripiombarti di colpo sulle spalle.
Murielle si fermò.
«Sono stanca» disse senza guardarlo.
Girò il capo, mordendosi le labbra con aria nervosa e irresoluta.
Per un momento Christophe pensò di portarla in un albergo, ma una improvvisa ondata di tedio e di scoramento spense sul nascere la fugace fiammata di desiderio.
«Attraversiamo...».
La condusse in un piccolo caffè frequentato da camionisti e vetturini, dove era entrato qualche volta per comprare dei francobolli. Si sedettero dietro un tramezzo di legno, su una panca malandata. Il locale era rumoroso e pieno di fumo, ma la sala, molto grande e con un alto soffitto sostenuto da travi annerite, dava una sorprendente sensazione di spaziosità. Ordinarono da bere e rimasero seduti in silenzio.
«L’amore?» pensava ancora una volta Christophe. «Sì, sarebbe bello, se non richiedesse tante parole, carezze, bugie... È tutto così noioso. Vorrei partire. Ma da solo, per carità, da solo!... Appena provi a fare un passo senti la catena. Poveri cani che siamo... Vorrei vivere, semplicemente vivere, non soltanto sgobbare. Forse tutte le creature, fin dall’inizio del mondo, hanno vagheggiato una felicità senza pensieri, come nell’Eden. Certo, non si può sfuggire alla vecchiaia, alla malattia, né alla morte, ma il lavoro, almeno, la maledizione del lavoro dovrebbe esserci risparmiata... Non parlo del medico, o del contadino... ma della gente come me, la maggioranza, gli impiegatucci, il popolino dei salariati!... Lavorare, rinunciare a tutto ciò che rende piacevole la vita: i sogni a occhi aperti, gli svaghi, persino l’aria e la luce donateci da Dio, in cambio del pane quotidiano, neanche garantito... Chi ha voglia di pensare all’amore in queste condizioni?».
«Se fossi ricco,» disse a voce alta «potremmo andare avanti, ma, così come stanno le cose, è meglio finirla una volta per tutte e dimenticare. Siamo stati assennati per molto tempo. Se fossi ricco...».
Murielle impallidì un po’.
«Spiegati meglio» mormorò.
Christophe indicò con un gesto la sala piena di fumo.
«Un ambiente idilliaco...» disse.
Poi rifletté un momento e aggiunse scuotendo la testa:
«E a casa sarebbe anche peggio...».
Lei spense lentamente la sigaretta sul tavolo di marmo, dove era rimasto il segno scuro del suo bicchiere.
«Forse...».
Recriminazioni e vane lamentele le salivano, suo malgrado, alle labbra. Ma non disse niente. Christophe le prese la mano, se la portò al viso, poggiando la guancia sulle dita tremanti di lei, e dissimulò con un bacio un sorriso amaro e malinconico.
«Mia povera Murielle...».
Poi fischiettò piano:
No more money in the
bank.
No cute baby we can spank.
Oh, what to do?...
Murielle si alzò di scatto. Lui scrollò le spalle e pagò, poi si incamminarono insieme verso casa, lungo le strade buie, senza parlare.