I documenti

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Francesco Fasani, l’ultimo testimone che ha consentito di riaprire il caso della scomparsa di Ettore Majorana, in compagnia di Bini-Majorana. La foto rappresenta la prova principe della presenza dello scienziato italiano in Venezuela. All’epoca il fisico aveva cinquant’anni, anche se portati male, come dichiara Fasani. I carabinieri del Ris (Reparto investigazioni scientifiche) hanno analizzato lo scatto e hanno stabilito una perfetta sovrapponibilità tra la fronte, il naso, gli zigomi, il mento e le orecchie di Bini-Majorana e quelli di suo padre. Dietro ai due uomini si intravede la sede del Banco italo-venezolano e, alla loro destra, l’insegna dello studio Foto Arte Miguel. La foto fu scattata da Giovanni Falsetti, cognato di Ciro Grasso, nei pressi di plaza Bolívar a Valencia.

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Fabio Majorana, padre di Ettore, è l’uomo al centro della foto.

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Il documento d’identità, la patente e il libretto di conto corrente presso il Banco italo-venezolano di Francesco Fasani.

La lista delle transazioni è breve: il primo versamento ammonta a cento bolivares e risale al 2 maggio 1956. Nei successivi sei mesi vengono depositati altri millecento bolivares. Il 13 dicembre 1956 viene fatto un prelievo di millenovantadue bolivares, che in pratica prosciuga il conto. Altri seicento bolivares sono depositati nel febbraio del 1957, mentre il 6 marzo 1957 il credito viene ulteriormente ridotto di centodieci bolivares. Un prelievo dall’importo molto simile a novanta bolivares era stato eseguito circa otto mesi prima, il 4 luglio 1956.

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Il Banco italo-venezolano oggi non esiste più. Anche il palazzo ritratto nella foto di Fasani con Bini-Majorana è in stato di abbandono. Questa immagine di Margarita Marrero immortala i momenti in cui viene rimossa l’insegna: è la fine dello storico istituto di credito.

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Questa cartolina di Quirino Majorana, zio di Ettore e anche lui scienziato e professore universitario, fu inviata al fisico statunitense William G. Conklin il 24 settembre 1920. Tra Quirino e lo scienziato americano esisteva una corrispondenza professionale caratterizzata da suggerimenti utili alle sperimentazioni. La cartolina, una volta giunta a Conklin, fu rispedita a Quirino Majorana e infine ritrovata nella Studebaker di Bini-Majorana insieme ad altri appunti.

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Foto di Quirino Majorana. © Erasmo Recami

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Copertina e frontespizio del libro L’origine della forza di William G. Conklin, pubblicato nel 1918.

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Dopo un breve soggiorno a Caracas, Francesco Fasani si trasferisce a Valencia e alloggia per circa due anni all’hotel Camoruco, all’epoca gestito da siciliani. Bini-Majorana cercava di tenersi alla larga da quel posto proprio per imbattersi il meno possibile nei suoi corregionali. Vicino all’hotel c’era la casa di un altro emigrante italiano, Leonardo Cuzzi, perito tecnico specializzato in grandi motori industriali, che Francesco Fasani frequenta nella speranza di farsi raccomandare come meccanico. Proprio in quella casa Fasani conosce Carlo Venturi, l’uomo che svelerà la reale identità di Bini. Oggi il Camoruco è uno scalcagnato bordello le cui stanze vengono affittate a ore.

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Bini-Majorana guidava una Studebaker a due porte gialla. Una macchina che a Valencia, in Venezuela, negli anni Cinquanta si faceva notare. Lo stesso Fasani ricorda che in passato l’aveva vista solamente all’attore Aroldo Tieri. Fu proprio in questa macchina che Fasani rinvenne tanti foglietti di appunti con equazioni e la cartolina dello zio Quirino inviata a Conklin. L’unicità della macchina ha contribuito all’identificazione dei luoghi frequentati da Bini-Majorana. (Foto esemplificativa del modello)

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Vista del lago di Valencia. A un estremo c’è la città di Valencia, all’altro quella di Maracay. Fasani e Bini-Majorana percorrevano spesso questa strada per andare a mangiare a Maracay.

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Dopo l’arrivo a Caracas, l’emigrante italiano Ciro Grasso si trasferisce a Valencia, punto di rifermento della comunità italiana in Venezuela.

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Ciro Grasso viene assunto dal Banco italo-venezolano, di cui diventa funzionario.

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Sinistra – Plaza Bolívar a Valencia negli anni Cinquanta. Qui Fasani incontra casualmente Ciro Grasso in compagnia di Bini-Majorana. Sarà lui a presentarglielo.

Destra – Sul retro di una foto di Ciro Grasso c’è il timbro dello studio Foto Arte Miguel, dove è stata stampata. La sede dello studio è di fianco al Banco italo-venezolano dove è stato realizzato lo scatto che immortala Fasani con Bini-Majorana. L’indirizzo presente nel timbro ha consentito l’esatta localizzazione dello scatto.

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Ciro Grasso è la prima persona che Fasani conosce in Venezuela. I due si incontrano sulla nave che da Napoli li conduce a Caracas. La foto che li ritrae insieme è stata scattata poco dopo il loro arrivo in Venezuela.

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Leonardo Cuzzi era un tenente dell’aeronautica militare. Emigrato in Venezuela dopo la Seconda guerra mondiale, gestì la centrale elettrica di Bárbula, un grande impianto che alimentava il polo dell’ospedale psichiatrico. Fasani confonde il suo cognome in Guzzi o Buzzi, però ricorda nella sua testimonianza che la moglie lo chiamava Nardin, Leonardo in friulano. Siamo risaliti alla sua vera identità cercando nel database dell’anagrafe venezuelana tutti i Leonardo il cui cognome terminava in -uzzi.

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Il polo dell’ospedale psichiatrico di Bárbula un tempo era il più grande del Sud America. Oggi è in rovina e l’area è stata in parte convertita in campus universitario.

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Dopo il golpe del 23 gennaio 1958 la famiglia Cuzzi torna in Italia, a eccezione di Leonardo e di un altro italiano, Carlo Venturi, che viveva con loro. I due lasceranno il Venezuela negli anni Sessanta e andranno a lavorare in un ortofrutta a Milano, la cui proprietà è di Leonardo Cuzzi. Qui i documenti dell’apertura dell’attività commerciale.

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Per rintracciare i parenti ancora in vita di Leonardo Cuzzi abbiamo utilizzato questa sentenza. La moglie di Cuzzi, Ada Nonino, e la figlia Ana Maria richiedono la correzione dei loro cognomi storpiati erroneamente dall’anagrafe venezuelana.

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Il visto brasiliano rilasciatogli per la luna di miele permette di ricostruire la vita di Carlo Venturi. Nel documento sono riportati i dati anagrafici e la professione, ma soprattutto l’identità della moglie, Elvira Barassi: un cognome importante.

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Elvira è la figlia del famoso costruttore italoargentino Giovanni Barassi. Fonte: familysearch.org

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La famiglia Barassi ancora oggi è una delle più importanti in Argentina. La loro fortuna economica si estende dai media al commercio. Giovanni Barassi è stato uno dei più attivi costruttori italoargentini. Il lussuoso Grand Hotel di Buenos Aires è una delle sue opere più rappresentative.

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Come attesta il documento del Consolato (sopra), Carlo Venturi arriva in aereo in Venezuela il 26 dicembre 1954. Durante la sua permanenza a Valencia viene ospitato dalla famiglia Cuzzi. Venturi rivela a Fasani la vera identità di Bini e aggiunge che insieme a Bini-Majorana è fuggito dall’Argentina del presidente Perón.

Carlo Venturi ed Elvira Barassi erano una coppia benestante. Nel «Boletín Oficial» del 2 luglio 1951 (sotto) viene annunciata la costituzione della società Vesca inmobiliaria y financiera. I Venturi e i coniugi Scazziota versano un capitale di cinquantamila pesos per avviare l’attività.

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Negli anni Cinquanta Buenos Aires era la più grande città dell’America Latina con quasi tre milioni di abitanti. Nel piccolo centro della capitale argentina la pista venezuelana e quella del professor Recami si incontrano.

1 Hotel Continental, avenida Roque Sáenz Peña 725. Nel ristorante dell’albergo il fisico fu visto scrivere equazioni su tovagliolini di carta.

2 Casa delle sorelle Cometta-Manzoni, avenida Santa Fé 2189. Ettore Majorana frequentava il loro salotto ed era molto amico della matematica Eleonora Cometta-Manzoni.

3 Casa di Carlo Venturi ed Elvira Barassi, calle Córdoba 659. Carlo è l’uomo che riconobbe Majorana in Venezuela. Confidò a Fasani che erano fuggiti dall’Argentina di Perón.

4 Società Vesca inmobiliaria y financiera, calle Carlos Pellegrini 651. La società dei Venturi è a pochi metri dai luoghi frequentati da Ettore Majorana.

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Il professore Erasmo Recami insieme a Maria Majorana, sorella di Ettore, durante una conferenza.

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Negli annni Cinquanta il presidente Marcos Pérez Jiménez ha trasformato il Venezuela nel primo esportatore mondiale di petrolio. Gli enormi ricavi spinsero Jiménez a concentrarsi sulle opere pubbliche. All’epoca il Venezuela contava quasi quattro milioni di abitanti e le competenze professionali erano scarse. Per questo motivo Jiménez favorì una politica migratoria accomodante per gli europei: risposero alla chiamata più di 250.000 italiani che contribuiranno in maniera decisiva alla modernizzazione del paese.

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Il 23 gennaio 1958 un golpe militare destituisce il dittatore Marcos Pérez Jiménez, costretto a fuggire all’estero con il suo entourage. Per le strade scoppiò la guerriglia, gli uffici pubblici vennero dati alle fiamme, gli agenti della Seguridad Nacional furono trucidati e iniziò una caccia allo straniero. Gli italiani accusati di favoritismo nei confronti del dittatore, oltre che di essersi appropriati delle fortune del Venezuela, vennero perseguitati. Il clima era ostile e nelle strade di Caracas cominciarono a circolare volantini dal contenuto piuttosto esplicito: «I portoghesi in Portogallo, gli italiani al cimitero».

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Per sfuggire alle persecuzioni Francesco Fasani si rifugia con Bini-Majorana nel convento dei cappuccini di plaza Sucre, Valencia. Fasani fu aiutato direttamente dalle autorità del Vaticano grazie all’intercessione di un suo parente con il vicario di sua santità Petrus Canisius Jean van Lierde. Riuscì a tornare avventurosamente in Italia travestito da frate, da quel momento perderà i contatti con Bini-Majorana. Oggi il convento è un polo museale e universitario. Nel 2006, durante i lavori di ristrutturazione, è stato scoperto un tunnel sotterraneo segreto che collegava la struttura con la cattedrale di plaza Bolívar.

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Il foglio delle presenze del convento evidenzia un buco proprio nei giorni del golpe.

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Bini-Majorana abitava in un borgo vicino a Valencia, lungo la strada per Maracay. Fasani non ne ricorda il nome preciso, però individua sulla mappa una località vicino a San Rafael. Setacciando l’area abbiamo scoperto che molti abitanti di una zona della città di Guacara, chiamata San Agustín, hanno riconosciuto la foto di Bini e ne associano il volto alla vistosa Studebaker gialla. Secondo diverse testimonianze la sua residenza sarebbe stata una di queste casette (nelle foto) esistenti già negli anni Cinquanta.

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A San Agustín di Guacara, dove Bini-Majorana è stato ripetutamente avvistato, sorge un vecchio cimitero. Purtroppo l’archivio dei decessi è andato in fumo mentre le tombe più datate sono state profanate.

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Il dato filiatorio è un documento rilasciato dal Saime, l’ufficio immigrazione e identificazione venezuelano. Riporta tutti i dati anagrafici degli stranieri in Venezuela e la data d’ingresso nel paese. Di seguito i datos filiatorios di alcuni Bini. Dalle ricerche che abbiamo eseguito presso gli uffici del Saime di Caracas non risultano Bini compatibili con la figura di Ettore Majorana. Quindi il fisico si registrò all’ufficio immigrazione con un nome diverso da Bini. Non è esclusa l’ipotesi che utilizzasse documenti falsi non registrati.

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Ettore Majorana in una foto che lo ritrae ancora in Italia, prima della scomparsa. © Erasmo Recami