«Non è corretta l’affermazione secondo la quale Hans Saler, disobbedendo ai miei ordini, si sarebbe trattenuto ancora due giorni al campo IV. È altrettanto sbagliata l’affermazione che era tutto da smontare e che anche una semplice distorsione della caviglia, questo secondo Saler, avrebbe potuto portare a una catastrofe. È corretto che insieme a Saler e Mändl, per venire incontro a un loro desiderio, avevo concordato una loro permanenza al campo IV fino al 30 giugno, dopodiché sarebbero rientrati al campo base accompagnati dai portatori.»
Karl Maria Herrligkoffer
«Ho sentito che Reinhold Messner ha affermato che in situazione di tempo atmosferico minaccioso, che verrebbe annunciata dal lancio di un razzo rosso, intraprenderà un tentativo di salita solitaria alla vetta, cioè a dire che cercherà di arrivare più in alto possibile.»
Gerhard Baur
«Con il tempo cattivo, sul versante Diamir avremmo ben presto perso l’orientamento. Per fortuna il tempo restò relativamente buono.»
Reinhold Messner, 2009
«I compagni non volevano e non potevano credere che fossimo scesi dall’altro versante, verso Diamir. Fino a quando io non feci la mia ricomparsa.»
Reinhold Messner, 2009
«I campi più alti non furono smantellati completamente, anzi furono attrezzati con tenda, ossigeno e viveri. È infine corretto che con le squadre, che una dopo l’altra scendevano dai campi alti, ero in costante contatto visivo e via radio, per cui anche nel caso di una semplice distorsione il soccorso sarebbe intervenuto al più presto.»
Karl Maria Herrligkoffer
«Alla fine mi hanno salvato la vita quelli che temevo di più. Fu così che tornai indietro e potei raccontare come erano andate veramente le cose.»
Reinhold Messner, 2009
Reinhold è al margine del villaggio, incerto. Si guarda alle spalle ancora una volta. Si vedono due ragazzini che cercano di raggiungerlo. Uno porta un fucile. L’altro è uno di quelli di prima. I due cercano di spiegargli che intendono accompagnarlo. Quello con il fucile è quello della casa della preghiera.
Il fucile! Provai paura perché camminavo veramente a stento.
Reinhold si siede. I due ragazzini si siedono vicino a lui. Sembrerebbero non aver nulla da perdere.
In quella gola nessuno mi avrebbe sentito, e tanto meno mi avrebbero mai ritrovato.
Reinhold vorrebbe che i due tornassero indietro, alle case. Loro gli fanno vedere che vogliono trasportarlo. Ma senza fucile, spiega Reinhold a gesti. Glielo danno. Lui lo osserva, lo gira fra le mani. Provenienza britannica, di una ventina d’anni circa. Non è carico. Reinhold chiede a gesti se intendono ucciderlo. Entrambi scuotono la testa.
Dopo un attimo andai avanti, nonostante tutto. Cosa avrei dovuto fare di diverso?
Tutti e tre si alzano e lungo un sentiero stretto scendono al fiume.
Ero preparato al peggio.
Reinhold diventa sempre più lento. I piedi gli fanno sempre più male.
Quando proprio non ce la feci più, li pregai di trasportarmi.
Quello senza fucile si carica Reinhold sulla schiena. Corre. A piedi nudi. Un ponte: due tronchi e qualche piccola lastra di pietra appoggiata sopra. Sotto un torrente impetuoso. Uno dei due è già passato al di là. Reinhold cammina sopra il ponte, un passo dopo l’altro. L’acqua marrone. Reinhold barcolla per un attimo. Quello con il fucile passa tutto all’altro. Si inginocchia, Reinhold si tiene forte alle sue spalle. Sono visibili da molto lontano. Quello con Reinhold sulle spalle corre avanti. L’altro porta il fucile e un sacco bianco sulla schiena.
In questo modo mi portavano un po’ l’uno e un po’ l’altro. Nei tratti in salita camminavo io. Dove trovavamo l’ombra facevamo una sosta.
Di nuovo campi. Una cascina isolata. Il sentiero passa oltre muretti, campi di mais e prati. Il sole è a mezzogiorno.
Faceva molto caldo.
Si fermano alla casa. Il contadino si affaccia. Reinhold si sdraia su una specie di branda che si trova davanti alla casa. Gli altri parlano fra loro.
Non capivo neanche una parola.
Un ragazzino porta del tè bollente. Reinhold lo sorseggia. Gli altri due bevono latte. Il ragazzo osserva a lungo l’uomo sdraiato. Poi si siede al suo fianco e inizia a massaggiargli le gambe. Inizia dall’alto, impasta, accarezza, preme. Di nuovo vengono inquadrati i campi. Una macchia verde in mezzo alla gola arida. Adesso Reinhold è seduto sulla branda. Dobbiamo proseguire, fa segno, avanti, fuori dalla valle, verso Diamirai. Uno degli altri due ha capito.
Primo portatore: Eg din.
Indica i piedi di Reinhold e il fatto che non ce la fanno più a trasportarlo.
Mi faceva pena pensare a quelli del campo base. Nessuna notizia da noi da più di quattro giorni. Dovevo riuscire a proseguire, ancora in quella giornata. Un altro giorno sarebbe stato troppo.
Reinhold manda uno dei suoi portatori a Diamirai. Da lì gli verrà incontro con altri. Poi chiede al ragazzino della cascina di accompagnarlo, trasportandolo nei tratti pianeggianti. Ci si mette in movimento. Uno corre avanti.
Inquadratura dal pendio opposto: un sentiero stretto in mezzo alle rocce del lato sinistro della gola. Tre punti si muovono in direzione dell’inizio della vallata, sono molto lenti. Il sole è a picco in cielo. Inquadratura ravvicinata: una parete di roccia alta più di cento metri. In basso il fiume. Loro camminano in alto. Arrampicano. Primo piano sugli scarponi di Reinhold. Ogni passo è guardingo. I ragazzini a piedi nudi.
Quelle persone meritavano tutta la mia ammirazione.
Diamirai. In una piazza ci sono degli uomini. Sono appena arrivati dal lavoro e subito si attivano per portare aiuto al sahib malato.
Il sentiero traversa una cengia rocciosa. I tre sono seduti su una placca e si riprendono. Reinhold ha appoggiato la testa sulle ginocchia. Sembra dormire. Gli altri due arrostiscono gli aghi di un cespuglio, forse per farne tabacco. – Arriva un ragazzino. Arriva da Diamirai ed è diretto a Diamir.
Reinhold: Sahib?
Vorrebbe domandargli se da qualche parte ha magari visto i suoi compagni, e indica in direzione di Diamirai. L’altro scuote la testa.
Non possiamo esserci mancati.
Lentamente Reinhold si inerpica lungo un canale ripido. Uno lo precede, uno lo segue. In un’occasione quello davanti gli porge la mano, poi quello dietro lo sostiene.
Ogni volta pensavo che sarebbe stata l’ultima salita, e ogni volta se ne presentava un’altra.
In fila indiana un gruppo di ragazzi e adulti sale lungo un sentiero stretto. Ci sono anche dei bambini. All’improvviso si arrestano. Si vedono due ragazzini che dall’alto vengono giù. Il primo porta Reinhold in spalla. Il secondo ha il fucile e il sacco. I due passano oltre il gruppo, scambiano qualche parola. Tutti quanti camminano verso valle. Si fermano a riposarsi sotto una roccia, all’ombra. Nei pressi scorre dell’acqua. È marrone scura. Bevono tutti, uno alla volta. Un ragazzino si mette la maglietta davanti alla bocca per filtrare l’acqua che beve.
Reinhold arriva all’acqua, come può. Gli altri lo aiutano. Si inginocchia e beve a lungo.
Avvertii la sabbia fra i denti.
Il viso è sporco, la bocca bagnata, i capelli incollati.
Reinhold fa segno che vuole proseguire.
Era mio dovere cercare di informare gli altri al più presto.
Gambe larghe, un leggero barcollamento, poi cominciano a camminare speditamente verso il basso. Reinhold sulla schiena di un ragazzino slanciato. I suoi piedi sono avvolti in brandelli di pelle. Ogni passo rivela una incredibile sicurezza. Ripide pareti di roccia. Il sentiero ci passa in mezzo. Qualcuno sostiene il portatore. Livello di difficoltà dell’arrampicata: secondo grado.
Volevo scendere, arrampicare da solo, non avevo nessuna voglia di cadere in quel punto.
Il ragazzo va avanti, scuote la testa, come volesse dire: non se ne parla nemmeno, me la cavo benissimo io.
I portatori attraversano il primo prato. Qualche pianta.
Poi la gola si allargava.
Il suo portatore si ferma. Tra le foglie di una grossa pianta si vedono albicocche mature.
Indica in su con il dito. I ragazzini cominciano a lanciare sassi in mezzo al fogliame. Raccolgono le albicocche cadute e le portano a Reinhold. Le mangia.
Era la prima frutta fresca dopo quasi due mesi.
Adesso sono gli uomini a trasportare Reinhold. Reinhold è issato sulla schiena di uno di loro e osserva i campi. Piccoli canali d’irrigazione delimitano il pendio e attraversano prati e zone coltivate.
Mi stupì molto il livello di sviluppo raggiunto da quella popolazione. Persone che probabilmente arrivano alla vallata dell’Indo magari una volta nella vita, raramente più spesso.