«Dopo la spedizione mi sono spesso chiesto cosa potevi aver raccontato ai tuoi genitori e ai tuoi fratelli. Mi è capitato di passare per Funes, ma non ho mai osato andare a cercare i tuoi. Quali domande mi avrebbero posto? Non avrei potuto raccontare loro bugie.»
Hans Saler, lettera a Reinhold Messner
«Innanzi tutto il discorso verte intorno al colore dei due razzi, rosso e verde. Rosso avrebbe significato bollettino meteo brutto, verde avrebbe significato bollettino buono. Interrompo per un attimo il colloquio che stiamo conducendo via radio. Con Michl Anderl vado alla tenda, e insieme constatiamo che abbiamo solo 2 razzi con banderuola rossa e 2 con banderuola blu. È possibile che i razzi degli altri colori siano ai campi alti.»
Karl Maria Herrligkoffer
«Herrligkoffer fallì non solo in montagna, ma anche di fronte all’opinione pubblica. E questo avvenne perché desiderava solo per sé il massimo della fama e dell’attenzione. I suoi fedeli compagni di cordata che, nella lotta tragica per il Nanga Parbat, sostiene di aver diretto dai campi alti fino alla vetta, allo scopo di presentare, una volta rientrato in patria, un successo condiviso, non lo seguirono la seconda volta.»
Jürgen Thorwald, 1953
«Felix Kuen tuttavia, come ammise lo stesso Herrligkoffer, non riuscì a intendere le sue risposte. Nel suo libro apparso nel 1972 con il titolo Auf den Gipfeln der Welt, Kuen stesso scrive: Sentii Reinhold che diceva qualcosa, ma non il dottor Herrligkoffer. Se il tempo fosse peggiorato, lui, Reinhold, avrebbe verificato la possibilità di salire lungo il canalone Merkl. In quel modo ci saremmo almeno gettati alle spalle la parete nella sua interezza. – Farò un tentativo da solo, disse a bassa voce. A sera voleva essere di ritorno al campo V. Noi tutti ci convincemmo che aveva voluto intendere solo il canalone Merkl, e questa convinzione derivava anche dalla semplice osservazione che alla luce delle condizioni oggettive una discesa dalla vetta al campo V entro la stessa giornata appariva assolutamente impossibile.»
Horst Höfler, 2003
«Se un uomo viene accusato dell’omicidio del fratello e di negligenza premeditata, senza che ci sia una conoscenza reale degli avvenimenti, allora è del tutto legittimo parlare di una sorta di campagna menzognera e denigratoria.»
Scambio di e-mail fra Sabine Schmid e Achim Zons,
Süddeutsche Zeitung, 5 novembre 2005
«(...) Assassino non è solo colui che uccide un altro uomo, bensì, ancor prima, colui che gli si rivolge definendolo un pericoloso pezzente.»
Kurt Scharf, vescovo di Berlino, in occasione della Pasqua del 1968,
Stern, numero 50/2000, pag. 34
«La forma stilistica della sceneggiatura è originale e azzeccata. In questo modo è possibile aggirare il problema di dover costantemente parlare di se stesso in prima persona. E l’alternanza fra documenti e commenti personali alleggerisce e allo stesso tempo rende il tutto più vivace.»
Hermann Kühn, lettera a Reinhold Messner, 10 marzo 1971
In precedenza non li avevo quasi mai sfogliati. Adesso continuo a rileggerli.
Le mie prime gite con gli sci nel 1956.
A quell’epoca aveva appena 10 anni.
Furchetta col papà.
Quella volta alcuni alpinisti tedeschi ci regalarono una corda. In precedenza l’aveva avuta solo il papà. Una corda tutta per noi – una corda di canapa! – era il nostro portafortuna.
Parete sud della Grande Fermeda.
Eravamo entrambi ancora alle elementari quando per la prima volta arrampicammo da soli.
1961 – Sass Rigais, parete nord – 800 metri – IV grado – difficile da trovare, pericolo di caduta di pietre.
La sua prima scalata veramente importante. Eravamo orgogliosissimi anche perché nostro padre in precedenza l’aveva tentata inutilmente.
In quella circostanza indossammo per la prima volta il casco. Ne avevamo uno, lo mettevamo un po’ io e un po’ lui.
Anni dopo la realizzò, da solo, praticamente in due ore.
Le sue prime «prime».
Prima ancora dell’esame di maturità.
Ortles, parete nord. Proprio sopra il ghiacciaio pensile mediano. Apertura di una variante molto impegnativa.
Sul ghiaccio è sempre stato molto abile.
Pelmo – parete nord, con un temporale spaventoso.
Era troppo tardi per calarsi.
Le Courtes – parete nord in quattro ore.
La sua prima salita nelle Alpi Occidentali.
Triolet – parete nord, variante Lachenal – terza ripetizione.
Abbiamo impiegato solo tre ore, ed è tutto merito suo. Lo zaino l’ha portato lui.
Pizzo Badile – parete nord-est, temporale spaventoso – una cordata in mezzo alla cresta. Cosa possono fare? Aspettano, un solitario li passa, poi torna indietro e scendono insieme.
Nel frattempo Günther aveva raggiunto la vetta.
Sasso Lungo – spigolo nord – un’ora e un quarto.
Günther era l’unico che ritenevo in grado di farlo.
Centinaia di vie classiche nelle Dolomiti.
Non sapevo nemmeno che fossero così tante.
Agner, diretta sulla parete nord-est – 1400 m – VI grado – una delle vie più belle nelle Dolomiti.
Come si fa a dire che si è orgogliosi del proprio fratello?
Cima Ovest di Lavaredo, spigolo nord-ovest o «Via degli Scoiattoli», come viene anche detta.
Peraltro non amava eccessivamente le vie tecniche, lo so, anche a me comunque non dicevano molto.
Marmolada (Punta Rocca) – parete sud – Via Vinatzer.
L’aveva fatta addirittura due volte.
Eiger, spigolo nord, prima salita con Toni Hiebeler e Fritz Maschke.
Günther aveva più resistenza di tutti. Oppure portava lo zaino più pesante.
Droites, parete nord, non realizzata.
Era prudente.
In inverno preferiva le gite con gli sci all’arrampicata.
Non me lo sarei aspettato da lui.
Chi porta lo zaino del compagno fino all’attacco?
Era lui che lo faceva.
Chi ha realizzato circa cinquecento salite senza mai cadere?
Pochi oltre a lui.
Aiguille d’Argentiére – parete nord-est, Sass dla Crusc – pilastro centrale, Grande Fermeda – diretta sulla parete nord, Cima della Madonna – parete nord...
Prime salite nelle Alpi Orientali e Occidentali.
Seconda Torre del Sella – diretta sulla parete nord.
Difficile eguagliarla in eleganza e bellezza. «Questa sì che è una prima», dice quando arriva su.
Nel frattempo l’esame di maturità.
Anche quello senza problemi. C’era da aspettarselo.
Spitz delle Roe di Ciampiè, spigolo sud, Rocchetta, parete nord e spigolo nord-ovest, Sass dla Crusc – Gran Diedro Livanos, Cima Piccola – via Egger, Cima Vertana, parete nord superando il ghiacciaio pensile, Presanella, parete nord, meringa...
Tutte prime ripetizioni, quasi immediate.
Gletscherhorn, parete nord e Ebnefluh, parete nord nello stesso giorno.
Una cosa del genere si poteva fare solo con lui.
Pelmo, parete nord, invernale, abbandono alla cengia superiore. Tempesta furibonda.
Non c’è altro. Questa risale al dicembre scorso.
Le pagine successive sono vuote. Foto, lettere, schizzi fra una pagina e l’altra.
Come se si fosse solo interrotto per un attimo.
Foto.
Del suo amico Ulli Kössler.
La foto di una parete.
Sass de Putia, parete nord. Questa via era stata idea sua.
Qualche riga, una prima stesura.
Non sapevo nemmeno che avesse scritto delle poesie!
Lettere.
Amiche. Tutte che volevano andare in montagna con lui.
Il libro delle scalate è di nuovo al suo posto. Vicino, alcune medaglie.
Era un ottimo fondista.
In una scatola fasce di colore oro e argento, riconoscimenti.
Come mai in tutti quegli anni non le avevo mai viste? Non lo so. Non che lui se ne vantasse molto.
Un terzo libro delle scalate.
L’aveva cominciato prima di partire.
La lettera con l’invito del dottor Herrligkoffer.
Mi ricordo: «Acquisire cordate collaudate per un’impresa...» Così aveva scritto due anni fa, poi nel suo programma per la conquista della vetta ci ha separati.
Una foto della parete Rupal.
Quando una vetta la si è conquistata in due è strano essere da solo a osservarla. È come se vedessi il suo viso, come se stesse piantando un chiodo, come la sua voce.
Una lettera dal campo III: neve, slavine, tempesta.
Era uno dei pochi ad aver resistito, nonostante tutto.
Le pagine vuote nel libro delle scalate.
È destinato al meglio delle sue scalate, alle più belle giornate della sua vita.
Di nuovo le foto:
Günther al campo III.
Avevamo avuto tempo come mai prima.
Günther al campo base, sta facendo rosolare sullo spiedo un pezzo di carne di manzo.
Era un ottimo cuoco.
Günther sulla vetta dello Heran Peak.
Il suo primo seimila.
Günther al di sotto del canalone Merkl.
È sempre stato con il gruppo di punta.
Günther all’uscita della parete Rupal.
Mi ha sostituito nel battere la traccia.
Günther con uno zaino pesante.
Ha trasportato più di quindici chili al campo IV.
Di nuovo il suo libro delle scalate.
È ancora da compilare.
La Piccola Fermeda.
È stata la nostra prima vetta insieme.
Il Nanga Parbat.
La nostra ultima.
Un disegno: l’aveva fatto Paluselli nel 1966. Nel pomeriggio Günther era salito sul Cimone e poi era ridisceso lungo la cresta nord. Sono diventati amici.
Anche lui non c’è più.
Un’altra foto del Nanga Parbat.
Il tempo che ho trascorso là insieme a Günther fa sì che oggi il Nanga Parbat sia per me tanto prezioso.
Di nuovo la foto di Günther. Sotto c’è scritto: Günther!
Quello che hai realizzato oggi nessuno potrà ripeterlo. Sei un eroe oppure un pazzo.
Quando, a volte, ancora oggi, mi capita di sognare le montagne, lui è sempre al mio fianco.