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Salita verso la vetta

 

«Non porteranno un apparecchio ricetrasmittente fino al campo V. Per questo motivo intendiamo comunicare al campo V, ricorrendo ai segnali luminosi a razzo, il bollettino straordinario, specifico per la nostra spedizione, che quotidianamente alle ore 18 riceviamo via radio da Peshawar. Siamo in contatto visivo con questo campo, come con i campi II e III.»

Karl Maria Herrligkoffer

 

 

«Nel pomeriggio sul fronte opposto a noi si sviluppa una formazione nuvolosa molto affascinante, ciò non toglie che sono comunque innanzi tutto le condizioni atmosferiche a metterci una gran fretta. I due Messner vogliono tentare la vetta già domani.»

Felix Kuen

 

 

«Il rischio di salire alla vetta da solo, affrontando l’ignoto canalone Merkl, il grande traverso al di sotto della vetta meridionale (come suggerito da Herrligkoffer) nonché la cresta sud-est, era enorme. Mi ero dichiarato disponibile ad affrontarlo solo nel caso di rinnovata previsione di cattivo tempo. In due un simile attacco-lampo sarebbe stato troppo pericoloso oppure troppo lento. Da solo avrei avuto poco bisogno di attrezzatura da bivacco così come di corde, infatti per forza di cose a sera avrei fatto ritorno all’ultimo campo. E questo sarebbe stato necessario al fine di poter raggiungere il campo base prima che il pericolo delle slavine rendesse impossibile la discesa.»

Reinhold Messner, 1970

 

 

«Conformemente al bollettino meteorologico, Michl Anderl spara in aria un razzo con banderuola blu. Siamo decisamente sconcertati nel momento in cui vediamo salire verso il cielo un segnale luminoso rosso.»

Karl Maria Herrligkoffer

 

 

«Alle ore otto precise un razzo rosso solca il cielo. Restiamo in attesa di un secondo lancio. Non arriva.»

Reinhold Messner, 1970

 

 

«Fummo sconcertati quando vedemmo partire un segnale luminoso rosso. Avremmo voluto sparare immediatamente un razzo blu, ma non ne trovammo alcuno, a quel punto non era nemmeno possibile trasmettere un messaggio attraverso gli altri campi, dal momento che con loro avevamo fissato un appuntamento radio per la mattina successiva. Non ci restò che sperare che gli occupanti del campo più avanzato la mattina successiva prendessero una decisione sulla base della loro esperienza alpinistica in campo meteorologico, nonostante il razzo rosso... Perché il razzo rosso potesse significare per Reinhold Messner ‘Salita alla vetta’ resta del tutto inspiegabile, dal momento che era stato stabilito l’esatto contrario.»

Karl Maria Herrligkoffer
«Stuttgarter Zeitung», 10 agosto 1970

 

 

«È falsa l’affermazione secondo la quale un razzo rosso lanciato la sera prima dell’attacco alla vetta avrebbe significato salita solitaria di Reinhold Messner. È invece vero che un attacco alla vetta in solitaria da parte di Reinhold Messner non era stato concordato e che inoltre un razzo rosso (=tempo brutto) avrebbe significato che la cordata di punta non doveva operare alcun tentativo.»

Karl Maria Herrligkoffer, 1971

 

 

«Restammo interdetti quando alle ore 20 vedemmo salire un razzo rosso. Aspettammo un bel po’ che ne venisse lanciato un altro, che avrebbe almeno in parte mitigato il significato negativo del primo, ma non vedemmo più nulla. Era quindi chiaro che Reinhold Messner avrebbe dovuto interpretare questo segnale come l’avviso di tempo brutto in arrivo e che di conseguenza avrebbe certamente affrontato, come da accordi, un tentativo di solitaria alla vetta.»

Max Engelhardt von Kienlin, Hermann Kühn,
Günther Kroh, Gerhard Baur, Elmar Raab, Peter Vogler, 1971

 

 

«Nel corso di colloqui avvenuti in seguito, i membri della spedizione furono comunque concordi nel dichiarare che in base agli accordi in precedenza presi, il razzo rosso aveva provocato la partenza di Reinhold per la vetta. Fino alla conclusione della spedizione, a Monaco, il dottor Herrligkoffer non ha mai sostenuto una versione differente. Non ha nemmeno mai mostrato sorpresa in relazione all’attacco avviato da Reinhold.»

Max Engelhardt von Kienlin, Hermann Kühn,
Günther Kroh, Gerhard Baur, Elmar Raab, Peter Vogler, 1971

 

Mi sono alzato alle due di notte, non avevo sentito la sveglia di mezzanotte. Ero già vestito, cinque strati sotto, sette sopra, mi mancavano solo i soprapantaloni, gli scarponi e la giacca a vento nella quale la sera prima avevo stipato l’essenziale per l’attacco alla vetta del giorno 27.

Notte. Una luce fioca filtra attraverso il telo della tenda dell’ultimo campo, a 7200 metri s.l.m. Il cielo è pieno di stelle. Interno della tenda: Reinhold è seduto sul materassino gonfiabile e si sta vestendo. Günther e Gerhard dormono ancora. Reinhold prende i ramponi, la piccozza, infila nella tasca pettorale la batteria per la pila frontale, esce dalla tenda. È in piedi nell’ombra. La luna illumina i tratti più nascosti del canalone Merkl.

Una luce si muove a scatti nella notte.

Reinhold si sta infilando i ramponi.

Un raggio di luce che si insinua all’interno del canalone Merkl. Reinhold supera un dosso roccioso. Una polvere finissima scivola via dalla ripida superficie bianca. Passi che salgono un erto pendio innevato. Reinhold al di sotto di un gradino. Si toglie due paia di guanti, li infila nella tasca della giacca e comincia ad arrampicare. Le punte frontali di un rampone in una piccola fessura della parete, una mano bianca si appoggia piatta sulla roccia. La piccozza pende dal polso.

Per i tratti di roccia impegnativi come questo mi ero portato dietro i guanti di seta. Mi sentivo benissimo, la quota non mi dava praticamente alcun fastidio. Una calma profonda era scesa su di me.

Si sente il suono metallico della becca che colpisce la roccia. Gli scarponi, pesanti, nella neve. Si inerpicano, con ritmo regolare. D’improvviso si arrestano.

Ero di nuovo al di sotto di un risalto, molto ripido. Aveva l’aria estremamente difficile, probabilmente più di quanto era in realtà, direi un quarto grado.

Dita bianche che cercano una presa. Gambe divaricate in un diedro liscio. Lentamente tutto il corpo si mette in movimento, sicuro passa di appoggio in appoggio. Il canale diventa meno ripido.

Mi trovavo più o meno a metà del canalone Merkl.

Adesso il canalone si allarga. La parete che lo delimita sulla sinistra è verticale. Sulla destra ripide cenge innevate sulla parete di roccia. Reinhold si ferma un attimo, poi prosegue con rinnovato vigore. Reinhold sul canalone.

Mi sentivo sicuro, fiducioso.

Reinhold al di sotto di uno strapiombo innevato.

Nel frattempo la luna si era avvicinata e la mia stessa ombra sembrava salire con me lungo un pendio innevato. Mi riposai per un momento. All’improvviso mi ritrovai al di sotto di un tratto strapiombante. Una sorta di camino, ghiacciato, l’uscita coperta di neve polverosa. Senza volere mi sorpresi a pensare a certi ostacoli nella gola d’uscita della via Philipp-Flamm sulla Civetta. Anche in quell’occasione ero salito solo. Ma qui – la cosa mi fu immediatamente chiara – difficoltà di quel tipo non erano possibili.

Reinhold in discesa.

Ero deciso a tentare più sulla destra.

Reinhold traversa una cengia di neve molto ripida sulla destra. Terreno misto, neve farinosa che non tiene.

Speravo che il punto buono fosse dietro lo spigolo.

Reinhold allo spigolo. Si ferma e osserva.

Neanche lì sarei riuscito.

Reinhold torna indietro sulla cengia, indietro verso il canalone.

In effetti avrei voluto tornare indietro al campo V!

Reinhold al di sotto di una rampa poco pronunciata. Si estende da destra in basso a sinistra in alto, dentro il canalone Merkl.

Per me costituiva una nuova speranza, un’ultima possibilità.

Reinhold sale la rampa.

Era più facile di quanto avessi pensato, terzo grado secondo me, c’era solo un po’ di neve sulla roccia.

Reinhold progredisce sulla rampa.

Era lunga, almeno due tiri.

Abbandona la rampa per entrare sul canalone che in quel punto diventa meno ripido. In questo modo ha aggirato l’impossibile risalto.

 

Campo base. Sono appena passate le sei di mattina. Karl è davanti alla tenda e guarda verso la parete. Tiene il binocolo con le due mani. Individua un punto scuro nel tratto superiore del canalone Merkl. Si sta muovendo.

 

Ero quasi su, al termine del canalone Merkl. Solo ancora un ultimo ostacolo, un ultimo risalto coperto di neve prima di raggiungere la rampa che conduce alla spalla sud.

Una mano che pulisce le prese. Un dorso di roccia, molto ripido, che Reinhold sale lentamente. Ogni movimento è ponderato, ragionato. La roccia è stratificata verso il basso. Inoltre le placche sono coperte di neve.

A quel punto mi sentii abbastanza sicuro che ce l’avrei fatta.