RITRATTI
Biografie essenziali delle principali figure storiche trattate in questa Storia d’Italia.
Antonio Salandra
(Troia, Foggia 1853 – Roma 1931)
Politico italiano
Conseguita la laurea in giurisprudenza a Napoli nel 1872, Salandra proseguì negli studi specializzandosi nell’ambito economico-giuridico che contribuirono ad avviarlo a una brillante carriera universitaria. Nel 1886 fu eletto alla Camera come deputato di Foggia e nella capitale del Regno strinse un sodalizio con Sidney Sonnino, con cui fondò nel 1901 il «Giornale d’Italia»; in Parlamento prese posto nel centrodestra, da dove non mancò di criticare il trasformismo inaugurato da Depretis e più tardi le modalità di far politica adottate da Giolitti. Sottosegretario alle Finanze durante il primo governo Rudinì, nell’ultimo governo Crispi fu ancora alle Finanze per passare infine al Tesoro; dopo l’esperienza maturata con Crispi, Salandra ricoprì diversi altri incarichi ministeriali. Nel marzo 1914, dopo le dimissioni di Giolitti, fu designato presidente del Consiglio e il suo governo dovette far fronte a due momenti critici. Il primo, culminato con la «Settimana rossa» dell’estate 1914; la seconda, con la crisi europea che portò alla Prima guerra mondiale.
Salandra, coadiuvato dal ministro degli Esteri San Giuliano, mantenne l’Italia in una posizione neutrale in quanto non mancò di sottolineare che la Triplice Alleanza aveva un carattere difensivo e i membri contraenti erano chiamati a intervenire solo se uno dei tre fosse stato aggredito. Le circostanze verificatesi tra giugno e luglio 1914 non assolvevano a questo principio, da qui la decisione maturata da Salandra il 3 luglio 1914. Nei mesi successivi tuttavia la crescente pressione degli interventisti italiani orientarono il capo del governo a intervenire a fianco dell’Intesa, decisone su cui pesò la scelta di Sonnino a nuovo Ministro degli Esteri dopo la morte di San Giuliano. Alla luce del rifiuto austriaco di compensi territoriali all’Italia in caso di vittoria, Salandra e Sonnino avviarono contatti con i Franco-Inglesi che portarono al Trattato di Londra del 26 aprile 1915. Il passo successivo di Salandra era di convincere il Parlamento alla guerra: l’opposizione parlamentare lo spinse a dare le dimissioni, che il Re respinse, per cui il 24 maggio 1915 il Regno d’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria. Il governo gestì però per poco più di un anno la conduzione della guerra, in quanto nel 1916 dovette dare le dimissioni a causa del successo dell’offensiva austriaca nel Trentino (la Strafexpedition).
Nel 1919 Salandra fu delegato alla Conferenza di pace di Parigi e rappresentò nel 1923 l’Italia a Ginevra, presso la Società delle Nazioni. All’avvento del fascismo appoggiò l’ascesa di Mussolini, persuaso che fosse possibile ricondurre il fenomeno fascista all’interno della normale dialettica parlamentare. Nel 1925 lasciò la vita politica.
Leonida Bissolati
(Cremona 1857 – Roma 1920)
Politico italiano
Tra i fondatori nel 1892 del Partito Socialista Italiano figura Leonida Bergamaschi Bissolati, laureatosi in legge a Bologna, il quale aderì senza indugi ai primi movimenti socialisti dopo aver rivestito la carica di consigliere comunale a Cremona tra le fila dei radicali. Organizzò le prime manifestazioni contadine nel Cremonese tra il 1889 e il 1895 per promuovere miglioramenti nelle condizioni di vita nelle aree rurali. Nel 1896 fu nominato direttore de «L’Avanti!», il foglio ufficiale del Partito Socialista, e l’anno seguente sedette tra i banchi del Parlamento, da dove tra il 1898-1899 si batté con decisione contro le misure adottate dal governo conservatore di Pelloux.
Convinto della necessità di appoggiare i governi liberali di Zanardelli e Giolitti, nel 1901 si schierò con l’ala moderata e riformista del Partito Socialista, che tuttavia fu messa in minoranza nel 1903 e Bissolati dovette lasciare la direzione del giornale. Non si trattò di un abbandono definitivo, dato che vi ritornò nel 1908 e vi restò fino al 1910, quando entrò in disaccordo con i riformisti guidati da Turati. Nel febbraio di due anni più tardi venne espulso dal partito perché non si era opposto alla guerra di Libia, circostanza questa che lo portò a costituire con altri ex socialisti il Partito Socialista Riformista Italiano, che contrariamente alle sue aspettative non riscosse il successo sperato. Allo scoppio della Prima guerra mondiale fu tra i principali esponenti dell’interventismo: Bissolati vedeva nella guerra il momento culminante della lotta dei popoli per emanciparsi dall’oppressione, nonché l’affermarsi delle nazionalità. Arruolatosi volontario con gli alpini, entrò in seguito nei governi Boselli e Orlando come ministro dell’assistenza.
Fermo sostenitore di un accordo per il reciproco rispetto dei diritti nazionali tra l’Italia e popoli che costituivano l’ex Austria-Ungheria, Bissolati appoggiò dopo l’armistizio le delimitazioni delle frontiere assegnate al Regno d’Italia, entrando in questo modo in forte contrasto con le posizioni di Sonnino, al punto da rassegnare le dimissioni dal governo Orlando il 27 dicembre 1918.
Francesco Saverio Nitti
(Melfi 1868 – Roma 1953)
Politico italiano
Fu tra i principali studiosi italiani del problema legato all’arretratezza del Meridione, che fu al centro di gran parte delle sue pubblicazioni (nel 1900 scrisse in merito alla questione Nord e Sud). Parallelamente agli studi universitari Nitti si dedicò al giornalismo divenendo redattore per il «Corriere di Napoli» e corrispondente della «Gazzetta Piemontese»; un’attività che continuò a coltivare anche dopo l’Università, scrivendo per «La Scuola Positiva», «Il Mattino» e «La Riforma Sociale». Nel 1899 fu nominato docente d’economia a Napoli, periodo in cui prese parte attivamente ai dibattiti sulla questione meridionale. In questo ambito non mancò di muovere critiche su come si fosse giunti all’Unità nazionale, che a suo avviso ebbe delle diverse conseguenze tra il Nord e il Sud dell’Italia, soprattutto quest’ultimo ne soffrì dal punto di vista fiscale e di sviluppo industriale.
Nel 1904 fece il suo ingresso nel mondo politico, eletto deputato tra le fila dei radicali, e qualche anno più tardi venne designato da Giolitti a ricoprire il dicastero dell’Industria e del commercio, incarico retto fino al 1914. Fu in questo periodo che Nitti si segnalò per l’introduzione di alcune riforme, come quella delle assicurazioni sulla vita, che suscitò grosse polemiche ma di fatto divenne legge nel 1912 e permise la costituzione dell’Istituto Nazionale delle Assicurazioni. Svolto nel 1917 l’incarico di Ministro del Tesoro nel governo Orlando, il re Vittorio Emanuele III gli affidò la direzione dell’esecutivo nei tumultuosi mesi che coincisero con la ratifica dei trattati di pace seguenti alla Conferenza di Parigi del 1919. In un periodo così profondamente segnato da agitazioni sociali, tensioni internazionali e dall’affermarsi del fascismo, Nitti non riuscì a mantenere il controllo della situazione e gli scontri politici e sindacali segnavano la vita quotidiana del Regno.
Presentate le dimissioni nel giugno 1920, sotto la pressione orchestrata dai nazionalisti e dai fascisti, Nitti si dedicò agli studi sulla situazione politica ed economica dell’Europa postbellica (L’Europa senza pace, La decadenza dell’Europa, La tragedia dell’Europa). L’avvento al potere di Mussolini lo spinse a rifugiarsi all’estero, prima in Svizzera, a Zurigo, e poi in Francia, a Parigi, dove si dedicò alla stesura di opere antifasciste e scrisse il saggio più importante La Democrazia. Arrestato nel 1943 dai nazisti a Tolosa venne deportato in Austria, da cui fece ritorno in Italia nel 1945. Nel dopoguerra Nitti riprese l’attività politica abbandonata anni prima; fu membro della Consulta Nazionale, deputato all’Assemblea Costituente e infine senatore di diritto dal 1948 al 1953. Fondò inoltre con Ivanoe Bonomi, Orlando e Benedetto Croce l’Unione democratica nazionale.
Gustav Stresemann
(Berlino 1878 – Berlino 1929)
Politico tedesco, cancelliere del Reich, Premio Nobel per la pace
Fu il fautore, per quanto la sua opera abbia suscitato tra gli studiosi non pochi contrasti interpretativi, della riconciliazione tra la Francia e la Germania dopo il 1918, sforzo che gli valse il Premio Nobel per la pace nel 1926 con il francese Aristide Briand.
Figlio di un commerciante di birra berlinese, studiò a Lipsia tra il 1898 e il 1901 letteratura e storia per dedicarsi successivamente all’economia politica. Nel 1903 entrò nel mondo della politica aderendo al Partito nazional-liberale, tre anni più tardi fu eletto consigliere comunale a Dresda e nel 1907 deputato al Reichstag. La sua ascesa politica andava di pari passo con l’affermazione nel mondo dell’industria: nel 1910 fu nominato membro del direttivo dell’associazione degli industriali tedeschi. Tuttavia l’appoggio dato a provvedimenti di natura sociale lo portò a scontrarsi spesso con i settori estremisti del partito in cui avevano un ruolo determinante gli industriali della Sassonia che ottennero il suo allontanamento dalla direzione del partito e la perdita del seggio parlamentare. Nel 1914 fu eletto per la seconda volta al Reichstag e nel 1917 fu designato capogruppo dei nazionali liberali; durante il primo conflitto mondiale sostenne la politica monarchica e i piani di espansione economico-militare di Guglielmo II. Dopo il 1918 costituì il Partito Popolare Tedesco (Deutsche Volkspartei), di carattere liberalconservatore, che presiedette sino alla morte.
Durante la Repubblica di Weimar, in seguito alle dimissioni del cancelliere Wilhelm Cuno, dal 13 agosto al 23 novembre 1923 Stresemann fu designato al cancellierato con un governo che comprendeva tra l’altro anche i socialdemocratici. Tra le sue prime preoccupazioni vi fu quella di modificare l’ordine decretato dal Trattato di Versailles mediante un accordo con la Francia. Per questa ragione appoggiò in un primo tempo la resistenza passiva della popolazione tedesca nella Ruhr occupata dai Franco-Belgi, ma nel momento in cui la situazione politica ed economica si fece sempre più difficile interruppe la lotta per le pressioni francesi. Sul fronte interno, la necessità di controllare l’inflazione lo spinse a una riforma della valuta tedesca e alla creazione di una banca nazionale, mentre ricorse all’esercito per reprimere il tentato putsch di Hitler a Monaco e le azioni dei comunisti. Ma proprio in seguito alla repressione delle agitazioni sociali la maggioranza che lo sosteneva si disgregò con l’uscita dei socialdemocratici dalla compagine di governo.
L’anno seguente Stresemann fu Ministro degli Esteri nel governo di Wilhelm Marx; in questa veste normalizzò le relazioni con la Francia per avere la possibilità di modificare il trattato del 1919. Mise quindi a punto con Poincaré la creazione nel 1924 di una commissione, diretta da Charles Dawes, che regolamentasse i pagamenti delle riparazioni di guerra cui la Germania era stata costretta dalle potenze dell’Intesa; ottenne l’inizio dell’evacuazione della Ruhr nel 1925; infine avviò con Briand le trattative che portarono al congresso di Locarno dell’ottobre 1925 sulla sicurezza collettiva, nonché all’ingresso della Germania nella Società delle Nazioni. La stretta e proficua collaborazione di Streseman con Briand contribuì al raggiungimento della conciliazione franco-tedesca che suscitò però un’ondata di forti critiche in Francia; in secondo luogo, nel 1928 permise l’adesione tedesca al patto Briand-Kellogg, con cui si rinuncia alla guerra per regolare le vertenze internazionali.