11

«Non so voi» annunciò Mrs. Campbell la terza mattina, «ma se non esco da questa casa, impazzirò.»

Jack sollevò un sopracciglio. «Sotto la pioggia?»

«Più che altro è una leggera foschia oggi. In Russia la considererebbero una bella giornata.»

«Quando siete stata in Russia?» le domandò interessato.

Invece di rispondergli, lei allontanò la sedia dal tavolo e si alzò. «Direi una passeggiata in giardino per cominciare e poi magari fino al lago. Verrete con me o trascorrerete la giornata a oziare sul divano in biblioteca?»

Anche Jack tirò indietro la sedia. «Sono anni che non rimango a oziare da nessuna parte, madam.»

Il sorriso di Mrs. Campbell fu trionfante. «Allora chiediamo a Wilson di trovarci degli ombrelli.»

Aveva avuto ragione: la pioggia quasi non si sentiva quando uscirono sul porticato. Il cielo era più chiaro, perlato invece del tetro color peltro dei giorni precedenti.

Wilson arrivò con due ombrelli, ma lui ne prese solo uno. Lanciò uno sguardo verso il maggiordomo, che si inchinò e rientrò in casa, stringendo in mano il secondo. Mrs. Campbell, che osservava il giardino, non notò lo scambio di sguardi. Jack aprì l'ombrello e avanzò verso di lei. «Andiamo?» Le offrì il braccio.

La sentì immobilizzarsi per un secondo prima di stringergli la mano attorno al gomito. Fu un tocco leggerissimo, che però gli riecheggiò in ogni nervo del corpo. Sollevò l'ombrello e insieme si incamminarono.

«Chi ha progettato i giardini?» gli domandò lei quando passarono davanti alle rose, i cui petali si erano incurvati per via della bruma.

«La mia bisnonna. Confesso però di non saperne molto. Mrs. Gibbon potrebbe raccontarvi tutta la storia.»

«È da molto che è qui?»

«Una trentina di anni ormai.»

«Davvero fedele.»

«Non tutti ritengono che la mia famiglia sia orrenda.»

Lei trasalì indignata. «Non l'ho mai detto.»

«Avete definito il mio bisnonno odioso. Avete commentato con disapprovazione il matrimonio combinato dei miei nonni. Avete detto che mio fratello sarebbe un marito orribile e avete accusato me di avervi rapita.» Recitare quelle accuse lo fece sorridere, forse per via dell'espressione sconcertata sul volto di Mrs. Campbell.

«Sì» si riprese lei, «posso solo immaginare che paghiate dei salari altissimi, per avere dei servitori tanto leali.»

«E così dite che qualcuno lavorerebbe per un orco, se il salario fosse abbastanza alto?»

«Be', se non si possono trovare soldi sposando qualcuno, bisogna lavorare per guadagnarseli.» Piegò il capo e gli lanciò uno sguardo impertinente. «Per quanto un pensiero del genere debba sembrare estraneo a un duca.»

«Avete proprio ragione. Io per il mio lavoro un salario non lo guadagno affatto.»

Lei si fermò. «Non intendevo...» Richiuse la bocca e Jack si trovò a fissarla. Si trovò anche a pensare come sarebbe stato facile chinarsi e baciarla. «Vostro fratello dice che lavorate tanto.»

Sentire nominare Philip smorzò ogni strana idea di Jack. Staccò lo sguardo da quella bocca rosea. «Sì. Purtroppo lui deve ancora mostrare interesse verso il pagamento dei salari dei servitori, la raccolta degli affitti o una qualsiasi delle altre faccende noiose di cui mi occupo.»

«Io non... non intendevo offendervi. Al contrario! Vostro fratello è una canaglia irresponsabile, il che lo rende un compagno divertente ma non un uomo ammirevole. Intendevo solo...» Si girò, osservando la casa, il giardino e i prati perlati dalla pioggia. «Lavorare per un salario da servitore è ben lungi da tutto questo. Quando ci si deve preoccupare di avere abbastanza denaro per pagare da mangiare, un riparo o le medicine, allora... sì, si sarebbe disposti a lavorare anche per un orco, se pagasse stipendi straordinari.»

Jack allora capì una cosa: Mrs. Campbell era stata povera. Si era preoccupata del costo del cibo e di un riparo.

Non fu difficile mettere insieme la sua storia e immaginare come i genitori fossero morti e l'avessero lasciata, ancora bambina, con poco. Il nonno arcigno non l'aveva trattata bene e, a quanto pareva, non lo aveva fatto nemmeno il marito. Era strano che non parlasse mai di quest'ultimo. Tutto ciò formò l'immagine di una donna che cercava di forgiare la propria esistenza nel mondo per necessità. E scommettere, doveva ammetterlo, era ben più rispettabile di altre maniere in cui si sarebbe potuta guadagnare da vivere.

«Cerco di non essere un orco. Non sempre, perlomeno. Dovrete chiedere a Mrs. Gibbon se ci riesco.»

Un sorriso di puro sollievo le illuminò il volto. «Senza dubbio mi minaccerebbe per avere anche solo suggerito che lo siete! La sera del nostro arrivo, mi ha assicurato con grande certezza che con voi al mio fianco ero completamente al sicuro, a percorrere quel miglio di strada in mezzo al temporale.»

In quel momento Jack la credeva tutt'altro che al sicuro. Era in preda al desiderio per l'ospite inaspettata e gli rimaneva sempre più difficile ricordare che era un gentiluomo. Se avessero trascorso altro tempo a passeggiare in giardino, sarebbe impazzito. Ma lei voleva uscire di casa e l'asse della carrozza era ancora in riparazione.

Allora ebbe un'idea. «Cavalcate?»

«Sì, ma non ho un abito adatto.» Indossava di nuovo la divisa della domestica.

«Credo che potremo risolvere il problema.»

Mrs. Gibbon impiegò un po' di tempo per scovare un vecchio abito da cavallerizza nei bauli in soffitta, ma vi riuscì. Jack si diresse alle stalle mentre Mrs. Campbell si cambiava. I giorni in cui Alwyn aveva ospitato una decina o più di bellissimi cavalli erano ormai passati, ma ce ne erano comunque alcuni.

Stava chiedendo allo stalliere quale fosse il luogo migliore per cavalcare sotto la pioggia, quando sull'uscio comparve una figura. Sollevò lo sguardo e dimenticò ciò che stava dicendo appena vide Mrs. Campbell che entrava, spazzolando via delle gocce dalla manica.

L'abito era fuori moda, ma le calzava alla perfezione. Era di un bel verde smeraldo, con spighette dorate nella parte superiore e uno sbuffo di pizzo sul collo. La giacca attillata metteva in evidenza le curve del suo seno e della vita, e la gonna lunga e piena ondeggiava accattivante ai suoi fianchi.

Mrs. Campbell unì le mani inguantate e sollevò lo sguardo da sotto la falda larga del cappellino per incrociare gli occhi di Jack. «Andrà bene?» gli domandò con leggerezza, mettendosi in posa come per un ritratto. «Oppure la vostra nonna tornerà dall'oltretomba per punirmi per questa mia presunzione?»

«No. Se dovesse punire qualcuno, punirebbe me.» Ma ne varrebbe la pena. Pensò a tutti gli altri bellissimi abiti che dovevano essere in soffitta e gli si chiuse la gola. Sophie Campbell era una visione già quando indossava i vestiti della domestica. Con indosso quello dorato per la presentazione a corte, con dei diamanti tra i capelli e al collo, nessuno avrebbe immaginato che non fosse una duchessa...

Con un respiro più affannoso del normale, si girò di nuovo verso lo stalliere.

«I terreni prativi più elevati» suggerì Owens, un vecchio taciturno. «Il terreno assorbe bene ed è pianeggiante.»

«Perfetto. Portate Minerva per Mrs. Campbell» ordinò Jack, nominando una giumenta dal temperamento mite. Aveva già fatto sellare un cavallo per sé. Il suo preferito era a Londra, ma Maximilian era un ottimo animale, un castrato non più giovanissimo a cui non avrebbe dato fastidio la pioggia.

Si mise in disparte mentre Minerva veniva preparata e condotta nello spazio centrale della stalla. C'era un montatoio lì e Owens vi stava portando la giumenta pensando di aiutare Mrs. Campbell a salire in sella.

Jack la vide avvicinarsi, la gonna raccolta in una bracciata. «Lasciate che vi aiuti» propose, intercettandola prima che raggiungesse il blocco. «A Minerva non piace il montatoio.»

Owens gli lanciò una strana occhiata a quella bugia – Minerva era bene addestrata – ma obbedientemente fermò il cavallo.

Jack intrecciò le dita e si piegò appena. Dopo una breve esitazione, Mrs. Campbell puntò il piede sul suo supporto e gli appoggiò le mani sulle spalle. Lui prese un bel respiro e le diede una spinta. La vide sedersi con facilità sulla sella, ma le rimase vicino mentre agganciava il ginocchio al pomo e si aggiustava la gonna.

Minerva si mosse e per un breve e rovente secondo, la gamba di Mrs. Campbell gli premette contro il petto. Sentì il suo ginocchio all'altezza della propria spalla e, senza alcun preavviso, si immaginò quelle ginocchia che lo stringevano in vita mentre si muoveva sopra di lei, assaporando ogni lembo di pelle voluttuosa, mentre con impeto la faceva sua...

Che Dio lo aiutasse.

«Vi ringrazio, Vostra Grazia» disse lei, interrompendo quei suoi pensieri sempre più carnali.

Lui annuì e montò in sella a Maximilian, aggiustandosi discretamente i pantaloni una volta che fu salito.

Attraversarono il cortile, quindi si immisero nel viale che portava al bosco.

«Gli appezzamenti prativi si trovano dietro il bosco» le spiegò. «Owens dice che il terreno è piuttosto solido e potremo cavalcarci bene.»

«Splendido.» Mrs. Campbell cavalcava bene ma con molta cautela, come se fosse da tempo che non saliva in sella.

«Tuttavia, non possiamo essere avventati. È bagnato e non voglio rischiare che Minerva si ferisca alle zampe.»

«Ma certo.» Lei accarezzò il collo della cavalla. «Inoltre, non voglio umiliarmi correndo all'impazzata per poi finire con il sedere sul fango.»

Jack rise, sebbene lo stomaco gli si fosse annodato al pensiero del suo sedere, infangato o meno. «Allora una cavalcata leggera» propose e spronò Maximilian al trotto. Quando si guardò alle spalle, lei stava tenendo lo stesso passo. Aveva il volto illuminato dalla gioia sotto la falda del cappello.

Attraversarono il bosco, seguendo sentieri che si snodavano tra gli alberi ed evitando le pozzanghere più grandi. Quando raggiunsero l'ampio campo, aveva smesso di piovere.

«Bontà divina» esclamò Mrs. Campbell al suo fianco. Fermò Minerva e indicò meravigliata davanti a sé. «Guardate...»

Un arcobaleno brillava in fondo al grande prato. Lui sollevò un sopracciglio a mo' di domanda e lei con un sorriso radioso annuì. Ripartirono, attraversando il prato al piccolo galoppo. L'aria era umida e fresca e Jack si rese conto di quanto Mrs. Campbell avesse avuto ragione nel voler uscire di casa. Non rimpiangeva certo la giornata trascorsa in soffitta, ma in quel momento si sentiva incredibilmente più vivo.

Raggiunsero l'altro capo del terreno e rallentarono al passo. «Mamma mia» esclamò lei, lanciando un gridolino poco signorile. «È stato meraviglioso!»

Aveva perso il cappellino e delle ciocche di capelli le svolazzavano sul volto. Gli occhi le brillavano e le guance erano arrossate, e Jack pensò di non avere mai visto nessuno così spudoratamente felice. Scoppiò a ridere e fu attraversato da un brivido al pensiero che ne era lui il responsabile. «Finalmente! Qualcosa di Alwyn House che potete gustare.»

Mrs. Campbell finse di colpirlo con il frustino, ma il suo sorriso era ampio e contagioso. «È un posto meraviglioso grazie a Minerva. Minnie, cara, sei stata magnifica!» Si abbassò sul collo della giumenta per accarezzarla tra le orecchie.

Jack si girò e guardò alle proprie spalle: il cappellino era caduto sull'erba calpestata, un punto grigio nel mezzo del prato verde. «Minerva segue Maximilian ovunque vada. È innamorata di lui.»

«Oh?»

«Guardate. Lasciate le redini lente» le ordinò, quindi spronò il proprio cavallo verso il cappello.

«Ma non è giusto!» gridò lei quando Minerva prontamente lo seguì.

Jack sorrise. «Perché sceglie di seguire il proprio cuore?»

Lei sollevò gli occhi al cielo poiché l'aveva pungolata con le sue stesse parole. «Perché mi ero sentita orgogliosa di essermi ricordata come andare a cavallo e invece semplicemente Minerva vi seguiva.»

«Da quanto tempo non cavalcate?» Avevano raggiunto il cappello. Jack smontò e lo raccolse.

«Oh, anni. Mantenere un cavallo costa molto di più che noleggiare una vettura.»

Maximilian stava annusando Minerva con fare amichevole. Jack aveva scelto quella coppia proprio perché andava tanto d'accordo. «Visto? Vero amore.»

«E io non lo contesto, poiché dimostra la mia convinzione: che il vero amore è raro, ma potente.» Allungò una mano verso il cappello.

«Come sapete che è raro?» Jack se lo tenne. Gli piacevano quelle ciocche di capelli che le erano ricadute attorno al volto.

Lei mosse le dita per richiedere il copricapo. «Quanti matrimoni fondati sul vero amore potete nominare?»

«Diversi» ribatté lui.

Mrs. Campbell sollevò le sopracciglia. «Ma nessuno nella vostra famiglia.»

Allora Jack sospirò e le passò il cappello. «Per loro scelta.»

Lei si aggiustò il cappellino, nascondendovi ogni ricciolo ribelle. «Immagino che sia questa la differenza tra noi, Vostra Grazia» gli rispose infine, riprendendo le redini. «Io credo che sia raro e non metterei mai il dovere o il vantaggio sociale al di sopra di esso. Continuiamo?» Spronò Minerva, lasciandolo fermo sul campo a chiedersi perché le avesse posto quella domanda. Le sue opinioni sull'amore non avrebbero dovuto interessarlo.

Cavalcarono per un po', attraversando il prato più volte. Jack si rese conto che Mrs. Campbell non gli aveva posto una domanda ovvia: perché non potevano tornare a Londra a cavallo? Il campo non era pieno di solchi e pozzanghere come le strade, ma era comunque solido. Sembrava che con un po' di attenzione avrebbero potuto affrontare anche le strade. Visti i giornali che ogni mattina si trovava sul tavolo della colazione, lui immaginava che Owens avesse cavalcato Maximilian fino alla locanda di posta più vicina con regolarità.

Ma lei non gli chiese nulla e Jack cominciò a sospettare che si stesse divertendo.

Tornarono alle stalle che il cielo era molto più chiaro. Owens prese i cavalli e Jack offrì a Mrs. Campbell il braccio dirigendosi verso casa. Lei lo prese a braccetto con naturalezza.

«Grazie. Per avermi portata a cavalcare.»

«È stato un piacere, Mrs. Campbell.» Rimase sorpreso da quanto fosse vero.

«Sapete, non credo di avere trascorso così tanto tempo esclusivamente con una persona da quando i miei genitori sono morti» notò lei.

«È insolito anche per me.»

«Viene quasi da dire che siamo diventati amici.»

A parte il fatto che covava dei sentimenti verso di lei che non si rivolgevano agli amici, Jack concordò di cuore. «Vero.»

Lei lo guardò in tralice, come se avesse intuito quella sua esitazione. «Non mi aspetto che duri una volta che ce ne saremo andati da qui. Ma forse... solo per ora... potete chiamarmi Sophie.» Jack si fermò di colpo. Lei gli sorrise e accennò un ghirigoro con la mano. «È solo che mi sono stancata di sentire in continuazione Mrs. Campbell. Se lo trovate sconveniente, di certo...»

«No.» Jack appoggiò la propria mano sulla sua, stretta al braccio. «Mi fraintendete... Sophie.»

Il suo sorriso divenne ancora più luminoso. «Molto bene... Ware.»

Jack sapeva che chiamarla per nome apriva un varco in una barriera dal quale non sarebbero potuti tornare indietro. Amici, aveva detto. Non durerà una volta che ce ne saremo andati da qui. Gli sembrava proprio il primo passo sulla strada della tentazione. Ogni pizzico di familiarità in più avrebbe portato a un altro e a un altro ancora, poiché non riusciva a vedere la fine di quel suo interesse per lei. Sapeva che stava giocando con il fuoco, ma invece di cercare di estinguere quei tizzoni ardenti, le strinse la mano e le sorrise guardandola negli occhi del colore dello sherry.

Si sarebbe preoccupato del pericolo più tardi.