18

Sophie udì a malapena Jack che ordinava al cocchiere di ripartire; il cuore le batteva così forte da sentirlo in gola. La vettura partì con un leggero sobbalzo che le scollò la lingua. «Mi hanno detto che sei diventato socio del Vega

«Sì.» Sotto le pieghe del suo mantello, sul sedile fra loro, Jack le coprì la mano con la sua. Le sue dita le passarono sulle nocche prima di salire verso il polso, dove le allentarono i bottoncini del guanto. «Era l'unica maniera per mantenere la parola che ti ho dato.»

«È molto più di quanto mi aspettassi» ribatté lei con voce tremula. Jack le stava sfilando il guanto e il corpo intero le fremette.

«Non dovrebbe.»

«So che cosa pensi del gioco d'azzardo...» Il guanto fu sfilato e la pelle nuda di Jack fu sulla sua. Quando si era tolto il suo? Appena lui incrociò le dita con le sue, le si spezzò la voce.

«Non devo per forza scommettere quando sono lì» mormorò lui.

«Deve essere una tale seccatura. Non posso chiederti...»

Jack le strinse la mano. «Magari volevo solo una scusa per entrare.» La guardò, gli occhi illuminati dalla luce di un lampione di passaggio. «Nonostante quello che la gente dice di me, non sono di pietra. E questa è stata una settimana lunghissima.»

A Sophie sfuggì un gemito anelante. I duchi sono pur sempre uomini fatti di carne. «È vero.»

La presa della mano di Jack si strinse e il suo pollice le sfiorò le nocche.

Era una sciocca. Non solo aveva perso il proprio cuore per l'uomo sbagliato, ma nemmeno le importava. Se quel momento con lui, l'unico contatto tra loro quello delle mani, le fosse costato ogni possibilità di un matrimonio rispettabile, non se ne sarebbe pentita. Appoggiò il capo sulla sua spalla, respirando per imprimersi il suo profumo e il suo calore indelebilmente nella memoria.

La carrozza si fermò troppo presto in Alfred Street. Jack aprì lo sportello e scese, per poi aiutarla. Le offrì il braccio e l'accompagnò fino alla porta. Osservò la casa. «Quindi è qui che vivi.»

«Sì.» Sophie tirò fuori la chiave, cercando di prolungare quel momento. «Credevo lo avessi scoperto.»

«No.» Le lanciò uno sguardo ardente. «Se avessi saputo dove trovarti, non sarei riuscito a stare lontano.»

Che Dio l'aiutasse. Tutta la sua determinazione svanì. «Entra» gli bisbigliò prima che potesse trattenersi. «Rimani con me.»

Nel vedere il sorriso trionfante di Jack, il cuore le sobbalzò nel petto. «Aspetta un attimo» le disse lui prima di voltarsi verso la vettura a nolo per parlare con il cocchiere, che scoccò la frusta e si allontanò proprio mentre Sophie infilava la chiave e apriva la porta. Lei si girò, ma Jack era già tornato, la sua espressione tesa. Le premette un dito sulle labbra e le cinse la vita con un braccio spingendola oltre la soglia, prima di richiudere il battente alle proprie spalle con il chiavistello. Le mormorò quindi: «I tuoi domestici?».

«C'è solo la mia cameriera, Colleen. Sa mantenere il riserbo...»

«Ottimo. Dove dorme?» Con le labbra Jack le stava sfiorando la pelle sensibile sotto l'orecchio e Sophie temette di svenire.

«Di sopra. A quest'ora dormirà profondamente...»

Intravide il bianco dei denti di Jack che sorrise prima di baciarla. La chiave di casa le cadde sul pavimento con un tintinnio leggero. Si aggrappò alla sua giacca, stringendolo a sé. Tutto il suo essere sembrò avvampare di piacere quando con entrambe le mani lui le strinse il volto, stuzzicandole la lingua con la punta della sua. Quando lui risollevò la testa, Sophie vacillò, ebbra del suo sapore.

«Portami al tuo letto» le bisbigliò, mordicchiandole il lobo dell'orecchio. «Ho detto al cocchiere di tornare fra due ore.»

Perché non poteva rimanere. Ciò avrebbe dovuto restituirle un po' di buonsenso, invece lo prese per mano e lo accompagnò in camera. Non c'era tempo da perdere.

Era riuscita a malapena a chiudere la porta della stanza che lui la strinse di nuovo. Con una mano le slacciò il mantello e lo lasciò cadere a terra. «Sai» le disse mentre le toglieva il cappellino, «quanto sono andato vicino a fare l'amore con te sulla mia scrivania quando sei passata a trovarmi?»

«Non avrei obiettato.» I suoi sforzi per spogliarlo erano ostacolati dalle frequenti carezze di Jack.

Lui rise sommessamente. Le permise di sfilargli il cappotto e la giacca, quindi la girò di spalle per allentarle i lacci del vestito. «È stato difficilissimo vederti di nuovo allontanarti da me. Per poco non ti ho fermata.» Una volta sciolto il bustino, le premette le labbra dietro il collo. Sophie si sorresse puntando le mani sulla parete davanti a sé; le ossa sembravano sciogliersi quando Jack la baciava in quel punto. «Ogni giorno controllo la posta, sperando che ci sia un messaggio da parte tua» continuò lui, la sua voce bassa mentre le sfilava l'abito. «Ogni volta che esco, spero di vederti.»

Le si mozzò il fiato quando la cinse forte da dietro e premette il proprio corpo sul suo. «Avevamo concordato...» Si interruppe, cercando di aggrapparsi al buonsenso. «Non è saggio...»

«Non lo è, ma non me ne importa niente» ruggì lui. «Dio mio, Sophie, ti voglio più che mai.»

Lei emise un gemito. La sua pelle formicolò, il cuore si strinse. Ti amo, pensò di nuovo, impotente. Si girò fra le sue braccia e lo afferrò con entrambe le mani per il panciotto. «Non importa nemmeno a me.»

Jack la baciò prima che finisse di parlare. Con dita trepidanti si spogliarono del tutto, poi si stesero sul letto. Sophie impazzì avvertendo il suo peso sopra di sé. Le sue mani le passarono fameliche sulla pelle. Allora lei allargò spudoratamente le gambe e con esse lo cinse per i fianchi, tirandolo a sé.

Lui tuttavia le resistette. «Ho pensato di prenderti così nel momento stesso in cui i nostri occhi si sono incrociati al Vega.» Si liberò il collo dalle sue braccia, quindi le allargò, afferrandole le mani mentre si sollevava sopra di lei. «Eri con un altro uomo e ho dovuto usare tutto il mio controllo per non correre a tramortirlo con un pugno.»

«Un amico» gli rispose trafelata. «Niente di più.»

Jack non sembrò convinto. «E lui lo sa?» La baciò sul collo, stuzzicandole la pelle finché lei non si sentì sul punto di venire meno. «Volevo che lo sapesse. Volevo che tutti sapessero che sei mia.»

Era l'invito perfetto per chiedergli che cosa significasse per lui quell'affermazione. Le era sempre più chiaro che non potevano separarsi. Philip Lindeville e la sua gelosia potevano andare a farsi benedire; Giles Carter e le sue intenzioni onorevoli sarebbero dovute sparire. Quell'uomo le riempiva la testa e il cuore e Sophie voleva stare con lui. Amante, mantenuta o qualcos'altro, non le importava: contava solo che fossero insieme.

Ma era un pensiero troppo fosco per quel momento. «Jack» implorò. «Fai l'amore con me.» Sollevò il bacino, mozzandogli percettibilmente il fiato.

«E tu mi hai pensato?» La tenne inchiodata sul letto, mentre la baciava sul volto e sul collo. «Così?»

«Sì.» Il respiro di Sophie era ormai un affanno. Jack si muoveva sinuoso sopra di lei, negandole tuttavia ciò che più voleva. «Sempre. Lo sai...»

«Bene.» Jack allora spostò il proprio peso e si spinse in lei. Sophie trattenne il fiato e premette i talloni sul materasso, desiderosa di accoglierlo completamente in sé. Lui le liberò le braccia, per poi infilare una mano sotto la sua nuca affinché lo guardasse. «Non riesco a smettere di pensarti.» Si ritirò, quindi si spinse di nuovo in lei, più forte e più in profondità. «Non riesco a smettere di desiderarti.» Si ritirò lentamente, per scivolare ancora una volta in lei con impeto. Sophie gli afferrò le natiche e cercò di spronarlo a muoversi più veloce, ma lui si sollevò sulle braccia, lo sguardo azzurro penetrante. «Sto impazzendo per te.»

Portò una mano tra di loro, stuzzicandola tra le gambe con il pollice. Quella carezza leggera ed eccitante le suscitò un tremore che divenne sempre più forte, finché il piacere non si impennò e si infranse su di lei come un'onda.

Jack spezzò i suoi gemiti d'estasi con un bacio profondo, spingendosi in lei con veemenza finché non reclinò il capo all'indietro e si irrigidì in preda al proprio orgasmo.

Quando si sdraiò al suo fianco, stringendola a sé con braccia ancora tremanti, Sophie appoggiò la guancia sul suo petto, ascoltò il battito impazzito del suo cuore e, muovendo solo le labbra, mormorò: Ti amo.

«Se tutte le serate al Vega finiscono così, non riusciranno a tenermi fuori» borbottò lui.

Sophie ridacchiò. «È la prima volta che termino una serata al Vega a letto con un duca.»

Jack cominciò a sfilarle le forcine dai capelli, ormai scompigliati. «Purché quel duca sia io, ti consiglio vivamente di farlo più spesso.»

Lei rise, ma una morsa di apprensione le strinse il cuore. Sollevò il capo così da guardarlo in viso. «Che cosa significa? Avevamo deciso che fosse finita quando siamo partiti da Alwyn House.»

«Eppure eccoci qui.» Finì di toglierle le forcine e le lasciò cadere sul pavimento. Con i capelli ormai sciolti, Sophie si accomodò meglio di fianco a lui, appoggiando la guancia sul suo braccio. «Significa...» Jack si fermò, studiandole il volto. «Quello che tu vuoi che significhi. Ho già ammesso di non avere il controllo di me stesso per quanto riguarda te. Qualsiasi cosa tu voglia darmi, la prenderò.»

Prendi tutta me stessa, fu il pensiero che le balenò in mente, ma solo per un istante. Il buonsenso e la ragione stavano riprendendo il controllo, a mano a mano che l'ondata febbrile di passione si affievoliva. Perciò scelse le parole con attenzione. «Voglio rivederti.»

«Va bene» le rispose lui immediato, un sorriso pigro che gli ammorbidiva il viso.

«Tutte le volte che potremo» continuò lei. «Capisco che tu non voglia che tuo fratello lo sappia...»

Jack sembrò piccato. «Solo per il tuo bene. Del mio e del suo, non mi importa niente. Mi rendo conto che questa non è una scelta facile per una donna. L'unica cosa che potrebbe tenermi lontano da te è la paura delle conseguenze che dovresti subire, se si venisse a sapere di noi. L'orgoglio di Philip con il tempo guarirà, ma non gli permetterò di rovinarti la reputazione in uno scatto di amarezza.»

La sua reputazione era fondamentale per trovare marito, ma se fosse diventata la sua amante quella prospettiva sarebbe sfumata. Forse il suo grande piano non si sarebbe mai realizzato; forse sarebbe stata più felice come amante di Jack, piuttosto che come la moglie di un signorotto affabile. Avrebbe trascorso il resto della vita a pentirsi, se avesse rinunciato a lui nella speranza di un matrimonio rispettabile, ma privo di passione?

Non lo sapeva. Non si sentiva più sicura di niente. Doveva seguire il proprio cuore e sperare che tutto andasse a buon fine? Bisognava chiedersi quale sarebbe stato quel buon fine nel loro caso. Era stata onesta quando aveva detto a Mr. Carter che non aveva intenzione di accalappiare un duca. Un duca non avrebbe sposato una donna come lei. Sapeva quanto fosse già sull'orlo della rispettabilità. Oltrepassarlo diventando una mantenuta, seppure quella di Jack...

Poteva correre il rischio?

Lui non le stava promettendo nulla di più che una relazione amorosa. Come lei, voleva che quella storia continuasse, ma come era stata ad Alwyn House, intima e segreta. Mentre ammetteva a se stessa che era un'idea troppo allettante per rifiutare, si disse di doverla assaporare senza aspettarsi niente di più.

«Sophie» la chiamò Jack a bassa voce. Lei trasalì e si rese conto che i suoi pensieri erano andati fuori rotta. «Qualsiasi cosa tu stia pensando, fermati. Hai un'aria così funerea.»

Lei allargò le mani sul suo petto nudo. Assapora tutto questo. Jack era di nuovo fra le sue braccia e sarebbe impazzita se avesse continuato a considerare come e quando sarebbe finita. «Non mi sembri spaventato.»

Lui sorrise. La lampada che Colleen aveva lasciato accanto al letto gli illuminava il volto con un bagliore caldo e trasformava i suoi capelli in ottone brunito. «Al contrario, mia cara. Ciò mi rende ancora più deciso a farti dimenticare ogni pensiero.»

Se solo avesse potuto. Sophie tracciò dei ghirigori con la punta delle dita sul suo petto, quelle riflessioni torve che scomparivano a mano a mano che si concentrava sull'averlo di nuovo con sé. «Non sono pensieri che si possono dimenticare.» Gli accarezzò le braccia e poi intrecciò le dita dietro il suo collo. «Stavo considerando come destreggiarmi per incontrarti fuori dal Vega. Come potremmo condividere una carrozza o magari ritrovarci a camminare nella stessa direzione per poi finire qui, ogni sera.»

Jack rise, quella risata roca e maliziosa che la mandava in visibilio. «Mi impegnerò a obbedire a ogni tuo ordine.» La stese di nuovo supina e le salì sopra. «A cominciare da adesso.»

Fecero di nuovo l'amore, adagio, finché la mente di Sophie non fu gloriosamente vuota.

Si appisolò, rannicchiata al suo fianco con la guancia sopra il suo cuore, stretta in un abbraccio, e si svegliò solo quando lui scese dal letto. Brontolò scontenta mentre lo guardava separare i propri vestiti dai suoi tra quelli sparsi sul pavimento e cominciava a vestirsi.

«La carrozza arriverà presto.»

«Vorrei tanto che non dovessi andartene» bisbigliò lei senza pensarci.

Jack sollevò la testa e le sue dita che abbottonavano la camicia si fermarono. I loro occhi si incrociarono e per un momento che parve infinito e carico di significato, la fissò come se stesse attendendo qualcosa, una parola o un'espressione che lo avrebbe tenuto lì. E allora mille ragionamenti ormai a lei familiari le balenarono in mente, ma quella volta la sua determinazione vacillò. Nel momento stesso in cui prese il fiato per pronunciare la parola fatidica – rimani – lui distolse lo sguardo.

«Devo andare.» Raccolse il fazzoletto e se lo passò al collo.

Sophie sospirò, pensando che l'avesse salvata da se stessa. «Lo so.»

Fissò lo sguardo in alto e ascoltò Jack che si rivestiva. Il pavimento scricchiolò appena quando si avvicinò di nuovo al letto.

«Quando ci rivedremo?» Si sedette sull'orlo del materasso e si chinò per baciarla, la mano sul seno nudo per una carezza tenera. «Dimmi l'ora e il giorno, tesoro.»

Sophie si alzò a sedere contro i cuscini per scongiurare la tentazione di tirarlo di nuovo giù tra le lenzuola, mandando al diavolo la carrozza. «Di solito mi reco al Vega tra le otto e le nove.»

«E quando te ne vai?»

«Non prima delle tre.» Jack le sfiorò con la punta delle dita il costato, suscitandole un fremito. «Ma è tardi. Ultimamente sto pensando di andarmene prima...»

«All'una» bisbigliò lui. «Esci all'una. Io poi verrò qui.»

«Ma se...?» cominciò lei.

«Non mi vuoi?» Jack le sorrise mesto. «Allora esci prima o più tardi e io saprò che non devo venire.»

«Ma come saprai quando esco?»

Le toccò le labbra con la punta del dito. «Presto attenzione, soprattutto a te. Non è difficile, se non devi guardare le carte.»

Sophie gli baciò il dito. «Dovresti impegnarti in una mano o due ogni tanto. Si tratta di una casa da gioco e sarai considerato strano se non giochi mai.»

Jack sollevò un sopracciglio, divertito. «Davvero?»

«Non dico che tu debba scommettere pesantemente, solo che se non lo farai mai attirerai l'attenzione.»

«Ti ringrazio per il consiglio. Lo terrò in considerazione.» La baciò di nuovo, prima teneramente, poi più intensamente finché lei non sospirò di piacere.

Dovette alzarsi per accompagnarlo e richiudere la porta per la notte. Indossando solo la vestaglia, scese con lui la scalinata stretta che portava al piccolo ingresso. Lì Jack la prese ancora fra le braccia e la strinse. Sophie appoggiò la guancia sul suo petto, di nuovo coperto da lana e lino d'ottima fattura, e le si riempì il cuore.

«Buonanotte, tesoro» le bisbigliò lui, sfiorandole la fronte con le labbra. «Ci vediamo domani sera.»

«Buonanotte, Jack.» Sophie lo fece uscire, poi lo osservò per un momento mentre si allontanava, alto e troppo elegante per quella strada modesta. Richiuse la porta con il chiavistello.

Quella era solo una relazione amorosa. Sarebbe durata poco. Ma, per Dio, avrebbe cercato di assaporarne ogni meraviglioso momento.