25

Sophie dormì fino a tardi e si svegliò con un sorriso sulle labbra.

Jack si era fermato più del solito. L'alba stava rischiarando sopra i tetti della città quando lo aveva salutato alla porta, incuranti se qualcuno li avrebbe visti. Era quasi troppo bello per essere vero, aveva pensato quando era tornata in camera e si era infilata di nuovo a letto, ancora caldo del corpo di Jack. Si era presa un rischio enorme e stentava a credere che fosse stata ripagata oltre la sua più fervida immaginazione. Lui voleva sposarla e non intendeva dare peso al suo passato. Per la prima volta in dodici anni, qualcuno teneva a lei più che a chiunque altro.

Si era attardata a fare colazione e stava scrivendo la buona notizia alle amiche quando entrò Colleen.

«C'è qualcuno per voi, madam.» La domestica le passò un biglietto da visita.

Sophie rimase senza fiato nel leggere il nome: Visconte Makepeace. Di scatto lo riconsegnò a Colleen. «Caccialo.»

La cameriera rimase sorpresa. «Madam?»

«Caccia quel vecchio odioso da casa mia» ripeté a bassa voce. Non voleva mai più rivedere il visconte. Che cosa poteva volere? Aveva cambiato il proprio nome al fine di tagliare ogni legame con lui.

«Ma non è così vecchio» protestò Colleen. «Ed è stato garbato con me. Ne siete sicura?»

«Non è vecchio?» Suo nonno doveva avere quasi ottant'anni. La cameriera scosse il capo, gli occhi sgranati dallo stupore. «Ed è stato garbato?» L'altra annuì.

Sophie credeva che il nonno non fosse in grado di essere cortese, certamente non con i domestici. Si portò una mano alla gola. Poteva trattarsi solo del fratello maggiore di suo padre, George... suo zio. Il padre lo aveva descritto freddo come il nonno. Lei non lo aveva mai incontrato, poiché era stato assente quell'orribile primavera in cui l'avvocato l'aveva portata a Makepeace Manor dopo la morte dei genitori. Se si faceva chiamare Lord Makepeace, allora significava che l'orco era morto.

Ma... che cosa poteva volere?

Guardinga, si incamminò verso il salotto.

Quando suo padre era stato cacciato da Makepeace Manor, si era lasciato tutto alle spalle. Aveva parlato raramente della famiglia, che non era stata né calda né amorevole. La cosa più importante che ricordava le avesse detto, in effetti, era che aveva nominato il nonno nel testamento affinché diventasse il suo tutore. All'epoca suo padre stava già malissimo, tossiva sangue, ma aveva voluto spiegarle il perché di quella decisione: Makepeace era ricco e avrebbe potuto mantenerla quando lui fosse venuto a mancare.

La madre era deceduta una settimana prima e Sophie tra le lacrime aveva mormorato che, se se ne fosse andato anche lui, avrebbe voluto morire per restare con loro. Non avrebbe mai dimenticato come il padre le avesse stretto la mano e le avesse detto di non pronunciare mai più quelle parole. Ora devi vivere per lei, le aveva bisbigliato, la sua ricca voce da tenore ormai distrutta dalla tisi. E per me. Makepeace non è un uomo gentile, ma tu sei più forte di lui. Non lasciarti intimidire. Sei una Graham, e Makepeace si accerterà che tu venga trattata come tale.

Sophie si rattristò ripensando al nonno, che con occhi torvi le aveva detto di non avere alcun desiderio di crescere una nipote. L'unico favore che le aveva fatto era stato abbandonarla all'Accademia di Mrs. Upton.

Se lo zio fosse stato simile a lui, lo avrebbe cacciato. Preparandosi a uno scontro, girò la maniglia della porta del salotto ed entrò.

L'uomo che la stava aspettando sollevò lo sguardo alla sua entrata. Si alzò. Era alto come suo padre, ma corpulento, sebbene sembrasse troppo giovane per essere suo zio. Aveva i capelli castano chiaro, non biondi come erano stati quelli del fratello, ma gli occhi erano gli stessi... ed erano gentili.

Sophie si arrestò, confusa.

«Mrs. Campbell.» Lui si inchinò e le sorrise titubante. «Sono Lord Makepeace. Io... io credo di essere vostro zio.»

Sophie si bagnò le labbra. «Che cosa ve lo fa pensare, milord?»

«I vostri genitori erano Thomas Graham, del Lincolnshire, e sua moglie Cecile?» le domandò, per poi aggiungere mortificato: «Cecile era francese e temo di avere dimenticato il suo cognome».

L'aria le parve fosse divenuta rarefatta. «Sì» riuscì a rispondere.

Lui le sorrise. «Allora sono sicuramente vostro zio. Be', l'ho capito appena vi ho vista! Assomigliate a Tom. Ho incontrato Cecile una volta sola, ma avete lo stesso colore di capelli.»

«Perché siete qui?» gli chiese incerta. «Non ho avuto contatti con la vostra famiglia da quando il visconte smise di pagare la mia retta scolastica diversi anni fa.»

Un certo imbarazzo gli balenò negli occhi. «Sì, lo so. Mio padre era un uomo cocciuto. Quando è morto, ho scoperto una pila di lettere da parte di Tom fra i suoi documenti. Tutte messe via per bene, ma non credo che abbia risposto a una sola di esse.»

A Sophie sarebbe scoppiato il cuore nel petto. Che cosa aveva scritto suo padre al nonno? Quando gli aveva scritto? Aveva sempre giurato che non avrebbe mai più parlato con Makepeace finché non avesse accettato sua moglie e sua figlia. Lei aveva immaginato che ciò non fosse mai successo. «Non che io sappia» mormorò.

Il nuovo Lord Makepeace annuì. «Mio padre e Tom hanno litigato furiosamente più di una volta. Io non sono portato per tali scenate, e poi Tom è stato un buon fratello per me. Sapevo che aveva una figlia, ma mio padre non voleva mai parlare di voi. L'ultima volta che gli chiesi vostre notizie, mi disse che eravate scappata da scuola.» La fissò, incerto. «Sono venuto a vedere se state bene, madam. Siete l'unica parente che mi sia rimasta.»

Sophie avanzò lentamente. Le ginocchia presto le avrebbero ceduto. Gli indicò il divano e lei si lasciò cadere su una poltrona. «Perdonatemi. Non so quasi niente della famiglia di mio padre. L'unico parente che abbia mai incontrato è Lord Makepeace, e la nostra non fu una riunione calda e affettuosa. Mio padre parlava a malapena dei suoi familiari.»

L'uomo ridacchiò. «Non ne dubito! Mio padre era un vecchio burbero. George era lo stesso, ma io e Tom...» Scosse il capo. «Spero di poter fare meglio.»

Sophie lo fissò, scossa. George? George era il fratello maggiore di suo padre, quello che lo aveva tormentato e preso in giro per i suoi studi di musica, quello che lo aveva canzonato perché si era rifiutato di andare a vedere il combattimento dei cani contro l'orso nel paese. Cercò di ricordare ciò che sapeva e pian piano ricordò dei dettagli. «Siete Henry» disse infine.

Lui sorrise orgoglioso. «Sì! Tom deve avervi parlato di me.»

«Sì.» Sophie si grattò la fronte. Henry era il fratellastro di suo padre, più piccolo di diversi anni. Lui lo aveva descritto come un bambino. «Avevate un riccio come animale da compagnia.»

«Humbert» rispose l'uomo con affetto.

«Siete caduto dal pony quando avevate otto anni» aggiunse lei con entusiasmo crescente a mano a mano che i ricordi le tornavano alla mente. «E vi siete rotto la gamba! Mio padre dovette aiutarvi per un mese con le lezioni, mentre eravate allettato.»

«Ci provò» disse Lord Makepeace ridendo.

Anche Sophie rise, quindi si portò una mano alla bocca per fermarsi. «Che cosa è successo a...?»

«Mio padre? George?» Lo zio annuì, sereno. «George è morto qualche anno fa. Cancro. Mio padre ha invece esalato l'ultimo respiro poco dopo le feste natalizie. Mi ci è voluto un po' per sistemare le cose e poi ho perso tempo a cercare Miss Graham. Non avevo idea che vi foste sposata» aggiunse contrito.

«Mi stavate cercando?» domandò lei sorpresa.

«Certo.» L'uomo abbassò lo sguardo sul pavimento. «Trovai i conti della vostra scuola e scrissi alla direttrice. Mrs. Upton, se non sbaglio. Vi era molto affezionata e mi indirizzò verso Bath. Be', non eravate più lì. Lord Fox mi disse che sua zia vi aveva lasciato del denaro e perciò ho pensato che foste venuta a Londra. Ho dovuto ingaggiare qualcuno perché chiedesse informazioni in città.»

«Perché?»

«Volevo sapere come stavate» le rispose lui dopo un po'. «Non ho figli. Non ho mai nemmeno trovato moglie, essendo un figlio minore senza prospettive di eredità. So che mio padre rimase scontento quando Tom sposò Cecile, ma io non mi sono poi comportato tanto meglio. Giovane e sciocco come ero, gli scrissi solo poche volte, e non sono mai riuscito a venire a trovarlo una volta che fu tornato in Inghilterra. Perciò ho pensato che dovessi quantomeno qualcosa a sua figlia, in caso di bisogno.»

Sophie scosse inebetita il capo. Se avesse saputo che aveva uno zio, uno zio gentile che avrebbe potuto interessarsi a lei, avrebbe avuto una casa in cui andare una volta lasciata l'Accademia di Mrs. Upton.

«Be', mi fa piacere sapere che state bene.» Lord Makepeace si passò le mani sulle ginocchia. «Non ho alcuna esperienza in questo, ma, se vi farà piacere, pensavo di passare a trovarvi di tanto in tanto. Accertarmi che continuiate a stare bene.» Scrollò le spalle. «Potrei raccontarvi vecchie storie su Tom, se vorrete. Aveva una decina d'anni più di me, ma lo ricordo bene.»

«Sì. Mi piacerebbe molto, milord.»

«Zio Henry, se vi va» le rispose lui, quasi timidamente.

Sophie gli sorrise raggiante. «Sì, mi va.»

Le parve che fosse arrossito. Le disse dove poteva trovarlo a Londra, quindi si alzò e la salutò con un inchino prima di infilarsi il cappello. Uscì e scese la gradinata per raggiungere un bel cavallo roano.

Sophie lo seguì, ancora intontita dalla visita. Lo zio stava raccogliendo le redini quando le venne in mente una cosa. «Zio Henry» lo chiamò.

Lui sollevò lo sguardo, in attesa.

«Ci sono delle soffitte a Makepeace Manor?» gli domandò. «Piene di vecchi mobili e magari alcuni degli oggetti di papà, di quando era bambino?»

«Le soffitte ci sono» le rispose lui sorpreso, «però non ho idea se raccolgano le cose di vostro padre. Siete... siete la benvenuta se volete venire a vedere.»

Sophie ripensò a quel pomeriggio piovoso ad Alwyn House. Magari Jack sarebbe andato con lei a rovistare tra la storia della sua famiglia. «Vi ringrazio. Lo farò.»

Lo zio Henry sorrise, si toccò la falda del cappello e si allontanò a cavallo.

Sophie richiuse la porta e si appoggiò al battente. Aveva una famiglia. Solo uno zio, ma che sembrava gentile e che non disdegnava né lei né i suoi genitori. Che le aveva domandato di poter andare a trovarla e che tacitamente le aveva offerto il suo supporto.

Le si mozzò il fiato. Aveva una famiglia. Con le sue quattromila sterline e un visconte come zio, non era più una nullità; era quasi... un buon partito.

Jack le avrebbe detto che non gli importava, ma ad altri sarebbe importato eccome. La società londinese avrebbe guardato con sdegno la donna a malapena rispettabile che aveva accalappiato il Duca di Ware. Ma come nipote di Lord Makepeace, e con la sua modesta fortuna, poteva definirsi un membro del ton. Non vedeva l'ora di raccontarlo a Jack quella sera.

La sua gioia durò tuttavia solo due ore e venti minuti.

Finì di scrivere le lettere per Eliza e Georgiana, molto più lunghe per includere la notizia della visita dello zio, quindi mandò Colleen a spedirle. Aveva infilato la lettera di Georgiana in quella di Eliza, poiché Lady Sidlow avrebbe confiscato qualsiasi messaggio scritto da lei. Provò un profondo senso di rivincita nel pensare che presto le obiezioni della donna si sarebbero sciolte come ghiaccio al sole. Non solo era la nipote di un visconte, ma anche una futura duchessa. Non vedeva l'ora di rivedere l'amica.

Fu perciò una grande sorpresa sentire qualcuno bussare forte alla porta, aprirla e trovarvi appunto Georgiana, affannata.

«Cosa...?» cominciò, sbalordita.

«Sophie, ascoltami» la interruppe l'altra. «Non dovrei essere qui. Ho promesso a Nadine tutto il mio spillatico per il prossimo mese perché non dica a Lady Sidlow che siamo venute qui invece di andare in biblioteca. Eliza mi ha scritto di te e del duca. Sei ancora innamorata di lui?»

Sophie rimase basita dall'intensità della domanda. «Sì, Georgiana...»

L'amica chiuse gli occhi. «Quella canaglia. Devi rifiutarti di vederlo, Sophie. Per il tuo bene, credimi!»

«Perché? Ti stavo appunto scrivendo. Georgiana, mi ha chiesto di sposarlo. Riesci a crederci?»

«No» ribatté seria l'altra. «Non ci credo. Oh, se solo Lady Sidlow mi avesse permesso di venire a prendere il tè! Avrei potuto scongiurare che tu...»

«Cosa? Scongiurare cosa?»

«Che ti innamorassi di lui.» La domestica che indugiava poco lontano tossì e Georgiana le diresse un cenno infastidito della mano. «Ancora un minuto, Nadine!» Tornò a rivolgersi Sophie. «Mi sono arrivate diverse voci su Ware, voci che dicono che sposerà Lady Lucinda Afton, la cui madre è amica intima della duchessa. Tutti sanno che sono entrambe a favore delle nozze. Ma lui partecipa raramente ai balli e nessuno lo ha mai visto danzare con la giovane, figurarsi mostrare alcun segno di interesse, perciò le ho considerate voci vane. Ma oggi eravamo da Gunter's e l'ho visto!»

«Jack?» domandò Sophie confusa.

«Ware!» L'amica le lanciò un'occhiata di disapprovazione. «Non pensare a lui come Jack. Era a Berkeley Square con Lucinda Afton al braccio.»

Sophie scosse il capo nonostante le stesse passando un brivido di timore sulla schiena. «Non significa che la sposerà.»

«Non l'ho visto inginocchiarsi e chiederle la mano» ribatté Georgiana, «ma passeggiavano a braccetto. Si sono seduti su una panchina non lontano dalla carrozza di Lady Sidlow e hanno parlato per un po', cordialmente e con familiarità. Lui ha ordinato del gelato per lei da Gunter's. Lady Capet, una delle amiche pettegole di Lady Sidlow che era con noi, non ha fatto altro che commentarlo. Ha detto che Ware è sempre a modo e molto serio, eppure era lì che sorrideva e rideva con Lady Lucinda. Ha aggiunto che il fidanzamento verrà annunciato presto e allora le ho domandato perché lo pensasse.»

Sophie non disse nulla. Il brivido era diventato una vera e propria morsa di ghiaccio. Ascoltò, nonostante la sua mente stesse gridando obiezioni. Jack non avrebbe mai compiuto nulla di così crudele come chiederle di sposarlo quando invece intendeva sposare qualcun'altra... Una donna della sua classe... Una che sarebbe stata approvata dall'intera società e dalla sua famiglia...

«Lady Sidlow mi ha risposto che lo pensava perché il padre del duca ha provocato la morte del padre di Lady Lucinda e perché da allora lei e la madre sono sotto la protezione di Ware. Sostiene che c'è un accordo di lunga data per cui lui avrebbe sposato Lucinda. Glielo ha detto proprio Lady Stowe, che in effetti ha scoraggiato qualsiasi altro corteggiatore per la figlia. Questa è un'ereditiera ed è incantevole e normalmente avrebbe stuoli di gentiluomini a contendersi le sue attenzioni.»

«Ma allora perché non l'ha già sposata?» ribatté Sophie. «Se la vuole, non c'è nulla che possa fermarlo.»

L'amica le rivolse uno sguardo pietoso. «Lucinda è molto più giovane di lui. Ha solo diciotto anni. Credo volesse aspettare che fosse cresciuta e fosse stata presentata a corte.» La domestica tossì di nuovo, con maggior vigore. Georgiana la zittì sollevando rabbiosamente il braccio. «Un minuto!» Tornò a parlare con Sophie. «Non posso rimanere. Dovremo già correre così, per tornare alla biblioteca prima che la carrozza di Lady Sidlow venga a prenderci. Darai retta a ciò che ti ho detto? Sophie, non sopporterei di vederti umiliata e con il cuore spezzato.»

«Ascolto sempre i tuoi consigli» le rispose a bassa voce. «Grazie, Georgiana.»

L'amica la strinse in un abbraccio fugace. «Ora vado. Avrei preferito non essere io a raccontarti tutto questo, ma non potevo aspettare. Ti scriverò non appena saprò qualcosa di più e chiederò a Eliza di spedirti la lettera. A presto!» Si strinse nello scialle e corse via con la domestica impaziente.

Sophie le guardò mentre si allontanavano. Georgiana era un'amica fidata e non avrebbe rischiato l'ira di Lady Sidlow se non per un'emergenza. Il problema era che lei stentava a credere alle sue parole. Era impossibile. Jack non le avrebbe mentito in quel modo. Avrebbe dovuto sentire la sua ammissione prima di credere che l'aveva tradita tanto crudelmente.

No. Georgiana doveva sbagliarsi. Jack le aveva chiesto di sposarlo e poi aveva fatto l'amore con lei tutta la notte. Si era fermato fino al mattino, quando tutti avrebbero potuto vederlo uscire da casa sua. Non si sarebbe comportato in quel modo se avesse voluto abbandonarla per un'altra donna o se fosse stato fidanzato con Lady Lucinda fin dal principio.

Con il respiro affannoso, si appoggiò alla porta. Si fidava di lui. Era folle a permettere che un pettegolezzo e un avvistamento fortuito da Gunter's cancellassero tutto quello che credeva fosse vero di lui.

Eppure... aveva incontrato tanti bugiardi in vita sua. Alcuni li aveva smascherati subito, altri avevano avuto la meglio su di lei, ma da ogni incontro aveva imparato qualcosa. Quando qualcuno veniva colto in flagrante a raccontare una menzogna, di solito mentiva di nuovo per nasconderla. Se Jack l'aveva ingannata, dicendole che voleva sposarla quando in realtà aveva intenzione di unirsi a un'altra, non c'era motivo di pensare che sarebbe stato onesto con lei. Georgiana le aveva riferito che Lady Sidlow sosteneva che il fidanzamento di Jack e Lady Lucinda fosse stato deciso da tempo, il che significava che avrebbe dovuto trovare una conferma altrove...

Si sentì mancare quando le sovvenne la risposta. Lord Philip. Avrebbe dovuto chiederlo a Lord Philip, quella sera al Vega.