Madeline rivide suo padre solo il mattino dopo.
Per tutta la notte cercò invano di prendere sonno, girandosi e rigirandosi nel letto, pensando all’incontro fra suo padre e Lord Rutherford. Pregava soltanto che Mr. Langley non avesse sfidato a duello il barone perché non avrebbe avuto alcuna possibilità di sopravvivere. Questi, infatti, era un uomo crudele e spietato, che non avrebbe esitato a ucciderlo.
Il mattino seguente si alzò prestissimo e, dopo la notte insonne, si vestì e scese al piano di sotto per sapere qualcosa. Purtroppo non trovò nessuno, solo la cuoca che sfaccendava in cucina e che le chiese se volesse già la colazione.
Erano soltanto le sei, Madeline non aveva il minimo appetito e chiese una tazzina di caffè.
Quando più tardi la cuoca si mise ai fornelli, il profumo delle uova strapazzate le fece venire la nausea, tanto era tesa e nervosa.
I genitori scesero alle nove per fare colazione. Sua madre per fortuna si era calmata, anzi, si sarebbe detto che fosse del tutto rasserenata. Mr. Langley invece non sembrava affatto sereno, aveva gli occhi cerchiati e un’espressione piuttosto mesta. Però non era ferito né sembrava essere reduce da un duello con il barone.
«Papà! Come sono contenta che tu sia tornato a casa sano e salvo!» esclamò Madeline gettandogli le braccia al collo.
«Bambina mia» mormorò lui stringendola forte a sé.
«Che cosa c’è, papà? Che cosa ti è successo?» gli domandò subito Madeline, notando la sua espressione grave.
Forse il duello c’era stato, dopotutto, pensò con preoccupazione.
«Hai... hai ucciso Lord Rutherford?» domandò tremante.
«No, ma forse sarebbe stato meglio» borbottò l’uomo.
Mrs. Langley invece sorrise.
«Arthur, perché aspetti ancora? Da’ a Madeline la bella notizia.»
Madeline guardò suo padre con apprensione.
«Lord Rutherford mi ha fatto le sue scuse» incominciò Mr. Langley con un tono per nulla soddisfatto. «Mi ha detto che di solito non si comporta così, ma che è stata la passione che prova per te a sviarlo.»
«E... e poi?» domandò Madeline con crescente inquietudine.
«Poi mi ha detto che desidera compiere il suo dovere di gentiluomo e mi ha chiesto la tua mano.»
Madeline si sentì morire.
«Non posso dire che mi sia simpatico, non avrebbe mai dovuto insidiarti. Però devo ammettere che sembra molto innamorato di te e spero che, con il tempo, anche tu possa imparare ad amarlo» concluse Mr. Langley, cercando di sembrare più ottimista di quanto fosse in realtà.
«No!» urlò Madeline come se quello fosse un incubo. «No, non lo sposerò mai!»
Sua madre cercò di convincerla.
«Mia cara, Lord Rutherford è un barone!» le ricordò. «Oggi stesso spedirà gli inviti per il ballo in cui verrà annunciato ufficialmente il vostro fidanzamento.»
«Non mi importa, non voglio sposarlo!»
Mrs. Langley chiese l’aiuto del marito.
«Arthur, vuoi che ci renda ridicoli davanti a tutta Londra? Che disonori la nostra famiglia rifiutando un matrimonio così insperato, così vantaggioso per tutti noi? Non pensa a suo padre e a sua madre» si lamentò, «non pensa a sua sorella.»
A Madeline sembrava tutto irreale. Possibile che non capissero che preferiva morire che sposare un uomo come Lord Rutherford?
«Papà, per favore... Io non posso sposarlo, te lo giuro» lo supplicò.
Mr. Langley era un brav’uomo, ma ormai non c’era più rimedio.
«Ci sono soltanto due possibilità» disse alla figlia. «Se non te la senti davvero di sposare Lord Rutherford, allora io sarò costretto a sfidarlo a duello. Ormai è in gioco il tuo onore, la tua reputazione sarà rovinata, se non diventi sua moglie, e anche quella della tua famiglia. Angelina non riuscirà più a trovare marito, però io non voglio costringerti a fare nulla contro la tua volontà. Se veramente pensi di non riuscire a sposare il Barone di Rutherford, gli chiederò soddisfazione.»
«Arthur! I duelli sono illegali e tu potresti rimanere ucciso!» esclamò Mrs. Langley aggrappandosi al braccio del marito. «Che cosa faremmo senza di te? Madeline sposerà il barone e fra qualche anno ci ringrazierà per questo matrimonio.»
«Amelia, non posso costringerla. Deve decidere da sola.»
Decidere da sola... Madeline aveva già deciso, ma non poteva permettere che suo padre rischiasse la vita per lei né che sua sorella rimanesse nubile per colpa sua.
Non aveva scelta. Per quanto provasse soltanto nausea al pensiero di farlo, avrebbe sposato Lord Rutherford.
«Lo sposerò» dichiarò con tutto il coraggio che le restava.
«Ne sei sicura, mia cara?» le domandò il padre, mentre sua madre si precipitava a congratularsi con lei.
«Brava, brava! Sapevo che avresti capito che era la scelta migliore. Sarai baronessa, avrai tutto quello che desideri e tua sorella si vedrà aprire le porte dell’alta società.»
Era chiaro che stava pensando che, se era riuscita a dare in sposa lei a un barone, per Angelina avrebbe potuto pretendere anche un duca.
«Scusatemi, ma vorrei ritirarmi in camera mia» mormorò Madeline per sottrarsi a quelle felicitazioni che la facevano stare male.
«Certo, mia cara, sei emozionata. Ti capisco, sai? Anch’io mi sentivo come te quando i miei genitori hanno accettato la proposta di matrimonio di tuo padre» le disse Mrs. Langley sorridendo entusiasta.
«È la cosa migliore che tu potessi fare, figliola» mormorò invece suo padre senza troppa convinzione.
Madeline andò a chiudersi in camera, dove pianse tutte le sue lacrime.
«Per tutti i diavoli!»
L’imprecazione del Conte di Tregellas fece voltare molti membri del suo club, intenti come lui a sfogliare i giornali del mattino.
«Lucien?»
Guy era trasalito. Si chiese che cosa avesse letto suo fratello nella copia del Morning Post che aveva fra le mani.
«Vieni, Guy, andiamo a fare quattro passi» gli disse Lucien invece di soddisfare la sua curiosità, e insieme lasciarono la sala di lettura del White’s.
Fuori c’era la bella carrozza del conte che li aspettava, ma Lucien aveva voglia di camminare.
«Ti dispiace se camminiamo un po’?» chiese al fratello, e quando Guy diede il suo assenso fece un cenno al cocchiere perché se ne andasse.
Sembrava fuori di sé e il visconte pensò che doveva essere successo qualcosa di molto grave. Mentre percorrevano St. James’s Street nel pallido sole invernale, gli domandò che cosa l’avesse sconvolto tanto.
Lucien non rispose, ma stringeva i denti come per trattenere la rabbia che stava per esplodere e continuava a camminare fissando la strada davanti a sé.
«Vuoi dirmelo o preferisci continuare a serrare la mascella come se ti stessero estraendo un proiettile dalla gamba?» gli chiese Guy.
Lucien fece fatica a rispondergli.
«Ho letto sul Morning Post che ieri sera Lord Rutherford ha dato un ballo per annunciare ufficialmente il suo fidanzamento con Miss Madeline Langley.»
«Vuole davvero sposarla?» si stupì il visconte.
«Sembra di sì.»
«Ma perché? Non gli converrebbe cercare un’altra preda?» obiettò Guy con il suo senso pratico.
«Sa che non gli darei respiro nemmeno se mettesse gli occhi su un’altra donna.»
«È vero, ma arrivare fino al punto di sposarla. A meno che...»
«Che cosa ti viene in mente, Guy?»
«Forse anche Rutherford ha pensato quello che tutta Londra sta pensando da quando ti ha visto danzare il valzer con Madeline Langley al ballo di Lady Gilmour.»
«Che cosa intendi dire?»
«Crede che anche tu sia interessato a quella donna, perciò...»
«Non dire sciocchezze!»
«Sarà forse una sciocchezza, ma è quello che hanno creduto tutti quanti. Comunque lei ha fatto la sua scelta.»
«Ti posso garantire che Miss Langley non ne voleva sapere di Rutherford. Quando ballava con me ho provato ad avvicinarmi a lui e l’ho vista diventare pallida per la paura.»
«Può darsi che abbia cambiato idea, dato che ha accettato di sposarlo» gli fece notare il fratello.
«No, non riesco proprio a crederlo.»
«Non c’è nulla di così mutevole come una donna, Lucien, e tu dovresti saperlo. Basta poco per renderle arrendevoli, qualche bel gioiello per esempio.»
«Madeline Langley non è così. Tu non la conosci, non è quel tipo di donna.»
«Forse è solo un tipo più pratico di quanto tu pensi. Renditi conto della sua posizione, per favore. Sua sorella non avrà alcun problema a trovare un marito, ma lei? Forse ha solo deciso che è meglio sposare Rutherford piuttosto che rimanere zitella.»
Lucien scosse il capo. «Ne era troppo disgustata.»
«Hai fatto tutto il possibile per aiutarla, Lucien. Se è così sciocca da voler diventare sua moglie non la puoi più difendere. Tu hai la coscienza a posto.»
«Come faccio ad avere la coscienza a posto se è proprio per colpa mia, con ogni probabilità, che lei è stata costretta a sposarlo? Se non le avessi chiesto di danzare con me forse tutto questo non sarebbe successo.»
«Stavi soltanto cercando di proteggerla, Lucien. Mettiti l’animo in pace e dimenticati di lei e di Rutherford.»
«Sai che non potrei mai.»
«E allora che cosa vorresti fare? Impedire il matrimonio? Dovresti raccontare che cosa ha fatto Rutherford, ma quali sarebbero le conseguenze?»
«Io non posso permettere che Miss Langley sposi quel depravato.»
«E se avesse deciso di sposarlo di sua spontanea volontà?»
«Anche in questo caso non l’abbandonerei in mano a Rutherford, e tu ne conosci benissimo la ragione.»
«Può darsi che sia cambiato, in questi cinque anni.»
«Uomini come lui non cambiano mai, Guy. Perché avrebbe continuato a frequentare le prostitute di Madame Fouet?»
«Sei proprio testardo!» si spazientì il fratello. «Guarda in faccia alla realtà, a questo punto c’è solo un modo per impedirle di sposare Rutherford. Dovrai essere tu a sposarla.»
«E perché no?» gli chiese Lucien con aria di sfida.
«Sei impazzito?»
«L’hai detto tu stesso, Guy, non c’è altro modo.»
«Tu e Miss Langley? Il Perfido Conte e la timida zitella che rischiava di non trovare più marito?» Il Visconte di Varington rise. «Mi stai prendendo in giro, vero?»
«Non sono mai stato così serio in vita mia» replicò Lucien.
«In questo caso» dichiarò Guy dopo un attimo di esitazione, «io ho bisogno di bere qualcosa di molto forte.»
Più Lucien ci pensava e più la cosa aveva un senso.
Sapeva bene che cosa sarebbe successo se Lord Rutherford avesse sposato Madeline e non poteva rimanere a guardare un’altra donna andare verso la morte, che ne fosse consapevole oppure no.
Per quanto il fratello avesse cercato di convincerlo del contrario, lui non riusciva a credere che Miss Langley avesse accettato liberamente quel matrimonio. La sua capitolazione era stata troppo improvvisa e sorprendente per non essere dovuta a qualche ricatto. I genitori l’avevano costretta o forse era stata lei a cedere, per evitare lo scandalo.
Per cinque anni lui aveva giurato che non avrebbe mai permesso a Rutherford di fare del male a un’altra donna e ora non si sarebbe tirato indietro.
Mrs. Langley era seduta fra Madeline e sua sorella Angelina, su una sedia dorata nel salone da ballo dell’Almack’s.
Da quando il fidanzamento con Lord Rutherford era diventato ufficiale si era dedicata a Madeline come non aveva mai fatto prima. Voleva che il matrimonio della figlia maggiore fosse degno di una baronessa e si era data da fare con lodevole zelo, comprandole un vestito dopo l’altro, un cappellino dopo l’altro. La casa dei Langley in Climington Street sembrava il negozio di un fioraio, perché Lord Rutherford mandava mazzi di fiori ogni giorno, gli inviti a balli e a ricevimenti dell’aristocrazia non mancavano mai.
Mrs. Langley era perfino riuscita a ottenere con stupefacente facilità quell’invito per partecipare al ballo dell’Almack’s. Adesso che era quasi diventata la suocera di un barone pareva che nessuno riuscisse a negarle nulla.
In quel turbine di novità Madeline sembrava muoversi come un fantasma, pallida e angosciata. Cercava di non pensare a quello che le stava accadendo, era l’unico modo per sopravvivere. Si era costruita un’armatura per proteggersi da quello che la circondava, dall’entusiasmo di sua madre, dalla tristezza di suo padre e soprattutto dalle visite quotidiane che Lord Rutherford faceva a casa sua.
Arrivava ogni pomeriggio per prendere il tè insieme a lei e a sua madre. Madeline sapeva che le avrebbe baciato la mano, che in un modo o nell’altro avrebbe cercato di sfiorarla, di toccarla, di sussurrarle parole che avrebbero fatto felice qualunque fidanzata e che invece la facevano inorridire.
Sopportarlo era un’impresa eroica, soprattutto quando partecipavano insieme a qualche ballo e doveva danzare con lui. La vera Madeline si nascondeva dietro la corazza, impermeabile a ogni sensazione. Cercava di non pensare, di dimenticare, di illudersi che tutto quello che stava succedendo non accadesse in realtà ma fosse solo un incubo da cui si sarebbe svegliata, prima o poi.
Come quella stessa sera all’Almack’s, dove avrebbe dovuto ballare il valzer con il suo promesso sposo.
«Posso presentarvi un mio caro amico, il Visconte di Varington?» chiese il colonnello Barclay a Mrs. Langley con un inchino. «Da quando è arrivato non ha fatto che ammirare le vostre care figliole. Non ho saputo rifiutargli il privilegio di conoscerle da vicino.»
Alto e prestante, il Visconte di Varington era il tipo d’uomo per cui ogni fanciulla avrebbe perso la testa. Angelina non riusciva a togliergli gli occhi di dosso mentre lui le baciava la mano.
«Ora capisco da chi le vostre figlie hanno preso la loro bellezza» disse Guy baciando la mano di Mrs. Langley. «Angelina è il vostro ritratto.»
«Adulatore» lo rimproverò Amelia ridendo, ma il complimento le fece un enorme piacere.
«Mi stavo chiedendo se Miss Angelina potesse concedermi il prossimo ballo. Forse sto pretendendo troppo dalla mia buona sorte, perché è impossibile che una fanciulla così leggiadra abbia ancora un ballo libero.»
Il cuore di Angelina batteva forte. Il visconte non era solo bellissimo, ma parlava proprio come un personaggio dei romanzi d’amore che lei amava tanto leggere.
Purtroppo aveva ragione, non c’era nemmeno un ballo libero sul suo carnet. La danza successiva era stata prenotata da Mr. Jamison, lo sapevano bene sia lei sia sua madre.
Stava per dirglielo molto a malincuore, quando intervenne Mrs. Langley.
«Siete davvero fortunato, milord» gli rispose al posto della figlia. «Mr. Jamison non si è sentito bene e ha rinunciato al prossimo ballo con Angelina. Danzate pure con lei.»
«Sono l’uomo più felice della terra!» esclamò teatralmente Guy mentre Angelina si alzava e si avvinghiava con un sorriso beato al braccio che lui le offriva.
Mrs. Langley guardò con soddisfazione la giovane coppia che si allontanava. Erano così belli che tutte le madri presenti stavano morendo d’invidia, ne era sicura.
Si voltò verso la figlia maggiore per commentare quel nuovo successo di Angelina, e solo allora si accorse che Madeline non c’era più.
«Milord, perché mi avete detto che volevate parlarmi con urgenza?» chiese Madeline al Conte di Tregellas, al cui braccio stava dirigendosi verso la porta del salone da ballo dell’Almack’s.
«Non possiamo parlare qui, Miss Langley. Sarebbe troppo pericoloso.»
«Pericoloso?» ripeté allarmata Madeline. «Non capisco. Che cosa è successo?»
«Vi fidate di me, non è vero?»
«Sì, certo» rispose lei con troppa rapidità.
La risposta le era venuta dal cuore, ma qualcosa dentro di lei l’avvertiva che non avrebbe dovuto fidarsi totalmente. La fama del conte, infatti, non era tale da ispirare fiducia a una donna rispettabile.
«Allora seguitemi.»
Per la prima volta in due settimane, da quando il fidanzamento con Lord Rutherford era diventato ufficiale, il cuore di Madeline ricominciò a battere regolarmente. Non era più di ghiaccio, era ridiventato un cuore umano, capace di emozioni. Soltanto rivedere Lord Tregellas gli aveva ridato la vita.
«Non abbiamo molto tempo» aggiunse Lucien. «Se volete sfuggire a Rutherford, allora dovete venire con me.»
«Dove?»
«Qui fuori, sulla mia carrozza.»
Madeline si fermò.
«Non posso, milord.»
«Che cosa fate? Dobbiamo uscire di qui il più presto possibile.»
«Non posso uscire dall’Almack’s da sola in vostra compagnia.»
«Preferite sposare Rutherford?»
«Preferirei morire, piuttosto che diventare sua moglie.»
«E allora perché avete accettato la sua proposta di matrimonio?»
Madeline chinò il capo.
«È una storia troppo lunga da raccontare.»
«Me la racconterete fuori.»
Se l’avessero vista lasciare l’Almack’s al braccio del Perfido Conte la sua reputazione sarebbe stata rovinata, ma sposare Lord Rutherford le sembrava una sorte comunque peggiore. Avrebbe seguito Lord Tregellas senza esitare, se la sua famiglia non fosse stata coinvolta, ma non poteva rovinare anche suo padre, sua madre e la possibilità di Angelina di sposarsi con un uomo degno della sua notevole bellezza.
«Voglio solo aiutarvi, Miss Langley» insistette Lucien. «Non sono sempre venuto in vostro soccorso? Concedetemi solo mezz’ora per dirvi quello che so di Rutherford. C’è un modo per evitare questo matrimonio, credetemi.»
Madeline scosse il capo. Non gli credeva, non c’era modo di sfuggire al barone, non senza rovinare i suoi cari. Che cosa poteva raccontarle su di lui che non avesse già intuito dai suoi modi ripugnanti e lascivi?
«Non siete in pericolo soltanto voi, ma anche la vostra famiglia» le disse Tregellas, giocando la sua ultima carta.
«La... la mia famiglia?» ripeté Madeline.
Come Lucien aveva sperato, la giovane fu colpita da quell’affermazione. Doveva amare profondamente i genitori e la sorella, con tutta la tenerezza del suo animo innocente.
«Anche la vostra famiglia è in pericolo, sì» affermò lui.
Non avrebbe dovuto credergli, si disse Madeline. Era il Perfido Conte, chiunque le avrebbe consigliato di non fidarsi. Eppure lei si fidava, l’istinto le diceva che quella era la verità, che Rutherford avrebbe potuto fare del male a tutti loro.
«Abbiamo perso sin troppo tempo, Miss Langley. Venite con me?»
«Vengo» decise lei, ricominciando a camminare verso l’uscita.
«Vi prometto che non resteremo fuori per più di mezz’ora» le assicurò Lucien per tranquillizzarla.
L’interno della carrozza del Conte di Tregellas era buio, solo la luce dei lampioni squarciava l’oscurità mentre si allontanavano dall’Almack’s.
«Non più di mezz’ora, vero?» gli domandò Madeline con voce tremante.
A Lucien faceva male il cuore nel vederla così pallida e spaventata. I suoi occhi lo fissavano timorosi, sembravano ancora più grandi sul suo viso sottile. Dubitava che avesse mangiato e dormito come avrebbe dovuto, in quelle ultime due settimane. Dovevano essere state un vero incubo per lei.
«Miss Langley, Cyril Rutherford è un uomo malvagio» le disse subito.
Non le avrebbe rivelato tutto, solo quanto bastava a dissuaderla da quel matrimonio.
«L’ho capito» mormorò lei.
«Quello che avete visto non è nulla. Non potete immaginare di che cosa sia capace quell’uomo. La sua più grande gioia è distruggere i fiori più belli e delicati, schiacciandoli senza pietà.»
«Che cosa intendete dire, milord?»
«Esattamente quello che vi ho detto, Miss Langley.»
«Non capisco.»
Lucien non avrebbe voluto scendere nei particolari.
«Una volta ha sedotto una giovane donna come voi e...»
Madeline attendeva con il fiato sospeso.
«... e l’ha uccisa» concluse il conte.
«L’ha uccisa?» ripeté Madeline inorridita. «Chi era la donna? Perché Rutherford non è stato processato per il suo delitto?»
«La sua colpevolezza non venne mai provata.»
«Siete sicuro che fosse davvero lui il colpevole?»
«Era lui, ve lo giuro, ma Rutherford aveva avuto la massima cura nel distruggere qualunque indizio contro di sé.»
Madeline era sconvolta.
«Credete... credete davvero che voglia uccidere anche me?»
«Cercherà di uccidere voi e chiunque tenti di impedirgli di farvi del male.»
Lei scosse il capo. «Non riesco a credervi» gli disse.
«Non mi credete? Che cosa provate quando siete con lui? Quando Rutherford vi tocca, vi bacia la mano, Madeline?»
Lei notò appena che l’aveva chiamata per nome.
«Disgusto... paura.»
«Ascoltate il vostro istinto, vi dice la verità.»
«Ma non posso evitare di sposarlo, non dopo che il nostro fidanzamento è diventato ufficiale» si lamentò lei. «Non posso disonorare mio padre, la mia famiglia. Che cosa ne sarebbe di mia sorella Angelina, se scoppiasse un simile scandalo?»
«Vi ho detto che c’era una possibilità per non sposare Rutherford.»
«Quale?»
«Datemi la vostra mano, Miss Langley.»
Madeline, timidamente, gli diede la sua piccola mano. Era morbida, delicata ma gelata.
«Fa freddo qui dentro. Ecco, mettetevi questa coperta sulle spalle. Non indossate il mantello e la notte è gelida» disse Lucien.
Le mise la coperta sulle spalle e i loro occhi si incontrarono. Madeline sentì un brivido ma non osò chinare lo sguardo. I loro volti erano vicinissimi, così vicini che lei temette che il conte volesse baciarla e il suo cuore cominciò a battere disperatamente.
In quel momento un cane abbaiò nel cortile di una casa davanti a cui stavano passando e l’incanto fu rotto.
Che cosa aspetti? Chiediglielo, non perdere altro tempo, si disse Lucien.
«Miss Langley?»
«Sì?»
«Volete sposarmi?»
Ci fu un attimo di silenzio, che al conte sembrò interminabile.
«Mi chiedete di sposarvi?» gli domandò lei incredula.
«Sì. È l’unica soluzione possibile al nostro problema.»
«Lord Rutherford è un mio problema, milord, non è un problema vostro» lo corresse Madeline. «Perché dovreste sacrificavi per me? Mi conoscete appena.»
«Ho le mie ragioni, credetemi. Vi basti sapere che farei qualunque cosa per impedire il ripetersi di un altro crimine.»
«Sareste addirittura disposto a sposarmi...»
«Quello che vi propongo è solo un matrimonio di convenienza» le spiegò lui.
«Non eviterà che scoppi uno scandalo» obiettò Madeline.
«Scoppierà, ma sarà di breve durata e tutti se ne dimenticheranno presto, Madeline. Io godo di una certa influenza, fidatevi.»
Lei arrossì, sentendosi chiamare per nome per la seconda volta. Lucien cercò di ricordarsi che era molto più innocente di qualunque fanciulla avesse mai incontrato. Per questo Rutherford l’aveva scelta, per questo si sentiva tanto attratto da lei.
«Lord Rutherford potrebbe non darsi per vinto. Il fidanzamento è ufficiale, potrebbe ricorrere alla giustizia.»
«Se vorrà un risarcimento glielo concederò volentieri. Se è solo questione di denaro, io ne ho in abbondanza.»
«E se non si accontentasse del denaro? Potrebbe sfidarvi a duello» insistette Madeline, agitata.
«Non aspetto altro» sibilò lui.
«Rischiereste la vita per me?» gli domandò lei con sincera apprensione.
Lucien le sorrise. Il suo animo gentile si preoccupava per lui.
«Se mai dovessi affrontare un duello con Cyril Rutherford, non sarei io a morire. Avete altre obiezioni, Miss Langley?»
«Ecco, io... Non mi sembra giusto, a dire la verità.»
«È la soluzione migliore per tutti, ve lo garantisco. Se mi sposerete sarete salva da Rutherford, potrete vivere una vita tranquilla e agiata, vedere la vostra famiglia tutte le volte che vorrete e non avrete obblighi verso di me.»
«Non avrò obblighi verso di voi? Non pretenderete nulla da me, in cambio del vostro sacrificio?»
«Tutto quello che voglio da voi, Madeline, è la discrezione. Anche se il nostro sarà solo un matrimonio di facciata, nessuno dovrà saperlo. La vostra vita non cambierà, se non per il fatto che verrete a vivere in casa mia e assumerete il mio cognome, almeno per un certo periodo.»
«Avete pensato a tutto, milord, anche a un futuro divorzio» commentò Madeline.
«Scegliete, vi prego. Volete diventare mia moglie o preferite sposare Rutherford?»
Lei era tesa e si massaggiò la fronte come se le facesse male.
«Madeline, vi prego, la mezz’ora è passata.»
«Sì, milord. Vi sposerò» rispose lei senza osare guardarlo.
«Grazie» rispose lui con evidente sollievo. Poi si affacciò al finestrino della carrozza.
«Jackson? A casa, per favore!» ordinò al cocchiere.
«Non torniamo all’Almack’s, da mia madre?» obiettò Madeline.
«Le manderò un messaggio per spiegarle la nostra decisione.»
«Preferirei dirglielo io stessa.»
«Sarebbe poco saggio, mia cara. La rivedrete solo quando saremo sposati.»
La carrozza stava già correndo verso Cavendish Square.