«È sicura di non avere bisogno di aiuto?»
Giulia scosse il capo, e scese dall’auto di servizio facendo attenzione a non scivolare sul ghiaccio.
Erano quasi le 9 del mattino.
Il commissario Santià era stato portato in ospedale per accertamenti.
Lei aveva rifiutato.
«Sto bene, solo qualche livido» aveva detto.
Era esausta.
Rabbrividì, avvolta in un giaccone di una taglia più grande. Il suo era bruciato nel rogo della casa, di cui, all’alba, restavano solo le mura annerite.
Non c’era da illudersi: l’assassino non era rimasto là sotto. Le sue tracce erano state ritrovate sul retro della casa, si allontanavano verso il bosco. Erano compatibili con quelle ritrovate nella zona del Lapis Niger.
Un vento freddo sferzava una città quasi irriconoscibile. Coperta da una coltre spessa di neve, Roma faticava a ritrovare la normalità. Un uomo davanti all’ingresso del portone cercava di ripulire il viale dalla neve ghiacciata: a ogni colpo, la pala d’acciaio strideva contro il ghiaccio. Sembrava sul punto di spezzarsi.
Giulia si trascinò lungo le scale, aprì la porta di casa ed entrò.
Chiamò Luna, ma non ottenne risposta.
Forse la vicina che si occupava delle pulizie era già passata e aveva portato con sé Luna come talvolta accadeva.
Lasciò cadere per terra il giubbotto.
Percorse il corridoio appoggiandosi con la mano al muro. Si diresse in camera.
Posò la pistola e il distintivo sul comodino. Il letto era sfatto come l’aveva lasciato. Si sedette lentamente. Il dolore pulsava in ogni parte del corpo. Nonostante il ricovero, Santià le aveva dato appuntamento in centrale per le 15. Dovevano fare il punto sul caso. Giulia non poteva prendere la melatonina. Rischiava di non svegliarsi in tempo.
Si sdraiò senza neppure togliersi gli scarponi.
Il suono del carillon le risuonava nelle orecchie spaccandole il cervello.
Lo percepiva: un pensiero si agitava nelle stanze più profonde della sua mente, dietro la porta in cui aveva rinchiuso le esperienze traumatiche della propria vita. “Perché proprio una musica di carillon? Perché una marionetta di carne appesa?” Doveva tenersi distante da quel pensiero, non farlo uscire.
Sapeva che le scelte di un killer sono legate a fantasie interiori. Sapeva che tutto quello che aveva visto non aveva davvero a che fare con lei, benché interagisse con le parti più profonde della sua psiche. L’arte del profiling si muove a un passo dalla follia: occorre utilizzare tutte le proprie risorse psichiche, ma senza mai perderne il controllo. Giulia doveva capire come pensava il serial killer, cosa sentiva, evitando di riportare quell’orrore alla propria storia.
Non sarebbe servito a nulla.
Lo sapeva.
Ma in quel momento le sue difese psichiche erano deboli. L’esperienza di quella notte non si era ancora cristallizzata, e si muoveva, informe, nella sua mente. Se avesse chiuso gli occhi non avrebbe resistito a lungo.
Inserì le cuffie, posò il cellulare accanto a sé.
Alzò il volume al massimo.
How to disappear completely.
Rallentò il respiro, si lasciò invadere dai suoni, seppellire, come una città sommersa dall’acqua.
Riuscì a chiudere gli occhi.
Si rannicchiò.
Dondolava in modo quasi impercettibile, seguendo il ritmo della musica, in uno stato di dormiveglia. Lasciando i pensieri liberi di vagare.