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Forest Lake, Maine, 10 novembre 2008

«Uccidimi, ti prego, uccidimi» sussurrò quelle parole ormai privo di ogni forza.

Morire era l’unica cosa che Jaen desiderasse.

Perché quello che aveva vissuto era al di là di ogni umana immaginazione.

Era il Male nella sua forma più pura.

Era l’inferno realizzato.

Amalia era sdraiata accanto a lui.

Era stata fatta letteralmente a pezzi, lì, al suo fianco: una tortura durata quattro lunghissimi giorni.

Un tempo infinito in cui Romulus si era preoccupato di mantenere viva e cosciente Amalia.

Jaen non poteva vederla.

Romulus l’aveva bendato.

Ma in quei giorni aveva sentito tutte le torture che Romulus le aveva inflitto. E le preghiere, i lamenti, le urla disumane, fino alla follia della donna che aveva amato e che era stata ridotta, lì al suo fianco, a un grumo di carne sofferente.

Prima le aveva detto di resistere, sarebbero venuti a salvarli.

Poi aveva cercato in ogni modo di liberarsi arrivando a fratturarsi gambe e braccia, nel tentativo di spezzare le cinghie di cuoio che lo legavano a quella rete accanto ad Amalia.

Poi aveva pianto e urlato insieme a lei.

Poi aveva sperato di non sentirla più.

Poi aveva pregato che morisse.

Il quarto giorno, ormai ricoperta di tagli e bruciature, senza più occhi, lingua e dita delle mani, Romulus le aveva aperto la pancia e l’aveva sventrata, per poi decapitarla.

Ora la sua testa era posata accanto a quella di Jaen.

«Uccidimi, ti prego, uccidimi» sussurrava tremando, le parole appena udibili.

Romulus gli accarezzò la testa.

«Ucciderti? Ho in mente ben altro per te. Tu sei qui per rinascere. Hai mai sentito parlare di programmazione Monarch?»

Jaen era così sconvolto che non riusciva più a comprendere le parole di Romulus.

«Uccidimi» ripeté.

«La programmazione Monarch è una tecnica di controllo mentale attraverso l’induzione del disturbo di personalità multipla. Attraverso un potente trauma crea all’interno delle vittime un alter ego che può essere attivato e programmato da una persona chiamata “Gestore” o “Autore”. Vedi, Jaen, io sono malato, e presto morirò. Ma io sono l’Autore e rinascerò in te. Anche perché io sono già in te. Mi hai dato la caccia per anni, hai pensato come me, hai provato a sentire quello che io sentivo, mi hai compreso meglio di chiunque altro. Mi hai amato, Jaen. Per questo io, Romulus, rinascerò in te come una tua personalità notturna. Saremo in due a vivere nel tuo corpo. Ma tu non saprai niente di me. Tu vivrai nell’illusione di essere ancora e solo Jaen, ma d’ora in poi ogni notte tu sarai Romulus e porterai a termine la mia opera.»