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Preparativi
L’ennesimo sospiro.
In questa settimana scandita dai soliti ritmi frenetici e logoranti, ho perso il conto dei sospiri di frustrazione che sono sorti spontanei.
Rob.
Ho tentato in tutti i modi di recuperare il numero di telefono, la scheda errata della signora Robinson, ma quel computer ha perso la memoria di quella mattina, cancellando tutti i numeri chiamati tra cui anche quello dell’uomo dei miei sogni.
«Secondo te posso denunciarli?» domando distratta a Joy, appena rientrata dall’Oregon, che se ne sta lì a fare il gioco delle coppie con i miei calzini.
«Denunciare chi? Per cosa?» Alza lo sguardo allibita, per poi concentrarsi di nuovo, esultando sul secondo paio di calzini felicemente ricongiunto.
«Il call center per avermi negato la possibilità di innamorarmi!» sbotto con ovvietà, lancio dentro la valigia un’altra manciata di bikini e mi siedo sul tappeto, con la schiena appoggiata al letto.
«Tolto la possibilità di innamorarti? E di chi? Che stai farneticando?» Joy, confusa, accantona per un attimo la mia biancheria e viene di fronte a me per osservarmi con i pugni sui fianchi. Sembra una zuccheriera.
«Ti ho parlato di Rob…» borbotto, nascondendo la faccia tra le braccia.
«Sì, giusto, Rob; l’uomo dalla voce sexy.»
«Proprio lui, esatto! A quest’ora potrei essere con lui a fare l’amore su questo materasso.»
«Invece sei a fare la valigia per la crociera che il signor Kowalski ti ha regalato, non mi sembra stia andando così male.»
«Soffro il mal di mare e ho il terrore del mare aperto, maledetta batofobia! Ma non ho avuto il coraggio di dirglielo» ammetto sollevando il capo verso di lei che trattiene malamente una risata.
«Sul serio?» La sua reazione mi fa desistere dal continuare la lista dei contro che ho incasellato sotto questa vacanza.
«A New York mi sono azzardata a prendere il battello per Staten Island e me ne sono pentita per tutto il resto del giorno, fai tu…» Scrollo le spalle, nella mia testa risuona ancora la voce di Rob, la sua voce profonda e graffiata, un po’ rude eppure così dannatamente avvolgente.
«Sei maledettamente pessimista.»
«Ho appena perso l’uomo della mia vita, vorrei più comprensione.» Butto lo sguardo verso la soglia dove Nanà arriva, strofinandosi all’uscio. Mi sta guardando male, lo vedo. «Lei mi odia perché sa che la sto abbandonando» mugugno.
«È una gatta, non ti odia e non la stai abbandonando.»
«La sto affidando alle cure di un ottantenne. Auguro al signor Kowalski una lunga vita davanti, ma mi auguro che non venga colto da demenza senile proprio adesso che ha la mia gatta in custodia.»
«Oddio, che ti succede, Renée?» Allarga le braccia e le fa ricadere a peso morto lungo i fianchi, mi osserva esasperata dal malumore che mi trascino dietro da un anno a questa parte.
«Lo so…» biascico.
«Dov’è finita la ragazza piena di sogni e di vitalità che ho conosciuto al negozio di dischi? Quella era una tipa cazzuta e adesso sei… sei…» fa una pausa cercando il termine che trovo io.
«Fallita, proprio come il negozio di musica.»
«Eri ottimista un tempo.»
«Un tempo credevo di poter avere ancora la vita che sognavo per me stessa, oggi ho fallito in tutti i campi in cui una persona può fallire: amore, lavoro, vita sociale.» La guardo facendo una piccola pausa. «A parte te e Luke, non è che abbia molte amicizie.»
«Col tuo malumore lo credo bene» mi rimbecca e incasso il colpo taciturna. «Devi ritrovare la grinta che ti contraddistingue.»
«Ho paura di averla perduta per sempre.» Mi assale il magone all’improvviso, non mi piace questa nuova me, è totalmente diversa da quella che mi sono lasciata indietro; piagnucolona, depressa cronica e cinica. Il romanticismo, la speranza, le ambizioni si sono volatilizzate nell’aria come una piuma spazzata via dalla burrasca.
«Non è vero, sono sicura che se scavi a fondo la ritroverai, non l’hai perduta per sempre, hai solo dimenticato dove si trova.» Si siede accanto a me, anche Nanà viene a strusciarsi contro i miei stinchi. «Hai avuto un anno difficile, eppure ti sei tirata di nuovo in piedi.» La guardo scettica. «Okay, forse stai ancora barcollando, ma ti stai rialzando, non sei rimasta nella fossa, non sei andata a fondo. Ci vuole una grande forza per superare un anno come quello che hai avuto tu, ma non sei affondata.» Mi stringe la mano per darmi conforto e sorrido.
«Non parliamo di roba che affonda: devo prendere una maledetta nave» borbotto e scoppiamo a ridere. La mia somiglia più a una risata isterica, l’idea della crociera non mi alletta granché, nonostante sia grata a Luke per il regalo; poi Rob è un pensiero ossessivo.
«Non affonderà neanche la nave, pensa piuttosto a goderti questi giorni. Abbronzati, bevi cocktail alla frutta a bordo piscina e fai tuffi in acque cristalline. Potessi, andrei io al tuo posto.»
«Ci proverò, sperando che la nausea non mi invalidi tutto il viaggio.»
«Prima di arrivare al porto fermati a comprare le pasticche per il mal di mare; come vedi c’è una soluzione a tutto.»
«Mi ci fermo subito» sentenzio, scattando in piedi e andando dritta alle scarpe da ginnastica che indosso decisa per poi infilarmi la felpa color pesca, sportiva col cappuccio e l’interno di lana.
«Dove stai andando?» mi chiede, si tira in piedi e si spolvera i pantaloni palazzo.
«A fare jogging.»
«Adesso?»
«Sì, sono le sei del pomeriggio, ho bisogno di sfogare questa ombra depressiva che mi attanaglia da quando ho perso Rob.»
«La pianti con questo Rob? Nemmeno con Simon ti sei buttata tanto giù» borbotta e ha ragione.
«Forse perché ho sempre saputo, in un angolo remoto di me, che Simon è un coglione. Non può essere un coglione l’uomo della mia vita.»
«Ricorda di mettere nel borsone una crema solare; anzi, ricomprala che la tua è certamente scaduta.»
«Lo farò» rispondo fermandomi un attimo per darle un abbraccio. «Grazie.»
«Figurati, se non mi prendo io cura di te…»
«Sei un surrogato di madre perfetta» la prendo in giro, mentre ci avviamo all’uscita.
La osservo montare in auto e io cerco di abituarmi al vento gelido che spira tra i palazzi, per le strade di una Chicago innevata.
Strofino le mani dentro ai guanti tra di loro e ci soffio alito caldo; accanto a me sfila una coppia che si scalda in un abbraccio tenero, lei gli sussurra qualcosa e lui sorride con occhi solo per lei.
«‘Fanculo» mi esce tra i denti stretti.
«Come scusa? Ce l’hai con noi?» La ragazza, con fare spigoloso, si volta verso di me con occhi di ghiaccio, il ragazzo per adesso si limita a osservarmi incredulo. Merda.
«N-no! Non ce l’ho con voi, scusate!» Devo finirla di esternare i pensieri ad alta voce. «Ho la brutta abitudine di parlare da sola.» Abbozzo un sorriso tirato che esce poco cordiale con questo gelo e questo pressante malcontento.
«Dai, andiamo a casa» suggerisce l’uomo alla fidanzata che, dopo aver mostrato una smorfia di disappunto, decide di lasciar perdere una sfigata come me.
«Dovrebbe togliersi questa brutta abitudine» mi provoca, poi si rifugia di nuovo nell’abbraccio dell’uomo e svoltano l’angolo.
«Dovrebbe togliersi questa brutta abitudine » ripeto in falsetto. «Vaffanculo, doppio vaffanculo.» Basta, faccio due saltelli sul posto, sciogliendo la muscolatura delle spalle, e poi mi decido a correre tra le strade trafficate da auto indolenti.
Prendo grandi respiri, l’aria punge dentro le narici e una nuvoletta di fiato cristallizzato sbuffa fuori dalle mie labbra come il fumo di un vecchio vagone a vapore. Non so perché Rob, come lo chiamo io, abbia assunto con così poco un aspetto tanto ossessivo nella mia mente minacciata dall’esaurimento nervoso, magari è proprio questo, l’esaurimento mi rende facile preda di deliri e innamoramenti istantanei senza alcun senso. Eppure non riesco a smettere di immaginare come sarebbe stato quel drink insieme a quell’uomo misterioso. Cosa mi avrebbe detto? Mi sarebbe piaciuto anche dal vivo? E io, io sarei piaciuta a lui? La mia fantasia ha galoppato verso lidi irraggiungibili dalla realtà, dimenticando che gli uomini, di solito, fanno sforzi solo per conquistarti, ma dopo diventano pigri, svogliati e si dimenticano di rispondere ai messaggi. Sono certa che Rob non lo sia; lui, finché è al sicuro nella mia fantasia, è un uomo dolce, premuroso, che ricorda le date e fa sentire importante una donna, la fa sentire amata e al sicuro. Sicuro saprà far bene l’amore… Arrossisco di desiderio a questo pensiero, accelero il passo e imbocco il sentiero del parco che si è svestito delle foglie sulle sue fronde e ospita ora batuffoli bianchi che brillano sotto un debole sole. Faccio qualche giro del parco, dribblando tra le persone che lo popolano: anziani che passeggiano, bambini che giocano con la neve e altri sportivi che tengono al loro benessere. Mi devo fermare, mi appoggio alle gambe per riprendere fiato e adocchio una panchina su cui è stato dimenticato un giornale e un dépliant di vacanze estive. Mi siedo e mi rigiro tra le mani quel foglietto colorato dove è ritratto un bel mare caraibico e mi viene da sorridere. Avrò perso Rob, ma ho un gentiluomo ottantenne che tiene a me e mi ha regalato un viaggio da sogno… Basta che mi ricordi di comprare le pastiglie per il mal di mare.