7
C’era una… vodka
Si dice che la crociera sia una vacanza romantica, che culli con le sue onde l’amore nascente o che si rafforza… Si dicono tante stronzate. Tutto ciò che viene cullato sono i lombi dell’ennesimo Peter Pan che declina i verbi al futuro come mezzo per raggiungere un fine nel presente: il letto.
Leonard è proprio uno di questa categoria, almeno a giudicare dal suo magistrale evitarmi in questi tre giorni che hanno seguito l’amplesso.
«Perché dici questo?» chiede Dorothy con quella voce carezzevole, mentre liscia la mano posata sul tavolino nella sala ristorante.
«Perché sta cenando con un’altra, un’uscita a quattro e prima, al buffet degli antipasti, ha finto di non vedermi.» La guardo intensamente. «Ti basta?»
«Direi che è sufficiente.» Schiocca la lingua e, sistematasi sulla seduta, inizia a guardarsi attorno ruotando il collo come una civetta. «Ti tirerò io su di morale.»
«No, no! Come vorresti farlo? Propinandomi un altro Peter Pan?»
«Oddio, non devi sempre vedere il sesso come qualcosa di legato a una relazione, può essere bello anche se preso da solo, singolarmente… anzi, spesso è pure meglio.»
«Non sono una santa, faccio sesso occasionale, ma a trent’anni non mi basta più.»
«Aspetta di averne ottanta e aver passato tutta la vita sempre con
lo stesso pene.»
«Non mi sembra di correre il rischio di annoiarmi con lo stesso pene al momento.»
«Tieni, finisci questo squisito vino italiano, io vado a prendere qualcosa di più forte.»
Qualcosa di più forte
, nel linguaggio di Dot, significa un cazzo di vassoio di shot a base di vodka che mi sfila davanti impertinente; lo sguardo licenzioso di Dot su quei bicchierini strapieni denotano il sospetto di un problema di alcolismo non esposto né, men che meno, riconosciuto.
«Devo lasciarti un indirizzo dopo, ricordamelo.»
«Che indirizzo?» Gaia mi guarda, è su di giri, mentre posa al centro questo tripudio di superalcolici.
«Quello degli alcolisti anonimi» mormoro sbigottita contando i bicchieri. Troppi.
«Non sono tutti per noi, sciocca!» Mi dà una pacca e la guardo stranita.
«E per chi sono?»
«Dobbiamo fare gruppo e uno degli aspetti positivi del bere è che facilita la socializzazione!»
Il fare gruppo
, sempre nel linguaggio di Dot, significa circondarsi di arzilli over sessanta che, devo ammetterlo, conoscono l’arte del corteggiamento vecchio stampo e si impiegano come api operose nel metter la cara Dot al centro del loro piccolo universo. Qualcuno, più audace, si spinge persino a tentare un approccio con me, tentativi che ricaccio cordialmente con sorrisi educati ma perentori. Nonostante la mia sfiga cronica nel reparto sentimentale, aspiro ancora a un uomo con la prostata funzionante e con tutti i denti originali al proprio posto.
Non so quanto sia passato, ma devo arrendermi al potere della vodka… Dopo qualche shot mi ritrovo al tavolo a cantare in coro
assieme ai miei compagni di serata, attempati vero, ma pur sempre vitali.
«Non provarci, Malcom, non mi incanti con il tuo savoir-faire» lo pungolo, ridacchiando senza controllo.
«Chiedo solo un ballo» insiste.
«Sono una pessima ballerina.»
«Hai davanti a te il diretto discendente di Fred Astaire!» Gonfia il petto tronfio e mi porge una mano con un mezzo inchino.
«Sei bravo col tip tap?» lo prendo in giro, ma accetto l’invito di questo poco più che cinquantenne, in confronto agli altri è un ragazzino.
Impacciata, cerco di seguire il tempo di questo swing che riempie il salone, Malcom mi guida con esperienza e maestria, ma sono troppo negata e, soprattutto, sono alticcia per poter avere un pieno controllo sulla mia coordinazione. Questo si traduce con vari piedi calpestati e, per concludere in bellezza, un dito piantato nell’occhio.
«Forse avrei dovuto ascoltarti» mugola, coprendo l’occhio offeso con il palmo.
«Ti avevo avvertito!» pigolo mortificata. «Mi dispiace.»
«Malcom, a lei serve un compagno più giovane» s’intromette Dot. «Uno come lui.» Volto lo sguardo su di lei che tiene per mano un recalcitrante – ma altrettanto ubriaco – Kilian.
«No, lui è la mia persecuzione» biascico, roteando gli occhi al cielo.
«L’hai visto bene? Ogni donna si farebbe perseguitare da lui.» Senza vergogna, esprime il suo pensiero ad alta voce.
«Dot!» Lo gridiamo in sincrono io e Kilian. La donna si mette a ridere e poi lo spinge letteralmente verso di me, facendomelo rovinare addosso e per poco non cado all’indietro.
«Rimorchiato anche stasera?» Il suo tono artefatto da troppe bevute mi fa salire il nervoso, lo guardo in cagnesco.
«Malcom è un vero signore, un Fred Astaire.»
«Sì, è quasi un coetaneo.»
«Ha poco più di cinquant’anni, non esagerare.»
«Balli con me?» chiede e mi spiazza. Trangugia la vodka che gli ha passato Dot e poi posa sul tavolo il bicchierino vuoto.
«Perché dovrei farlo?»
«Non lo so, per stare con qualcuno che è più vicino alla tua età.»
«E la tua fidanzata non è gelosa?» Allungo le vocali, decisamente sono ubriaca.
«Molly non è la mia fidanzata.» Mi chiude il braccio attorno alla vita e mi spinge un po’ più distante dal tavolo.
«Se mi interessasse la tua incolumità, ti direi di salvarti e non ballare con me, di certo ti colpirò ripetutamente.» Lo guardo, traballo a destra ma mi rimetto in equilibrio.
«Vuoi uccidermi con un ballo?»
«Chissà, potrei riuscirci?»
«Possiamo scoprirlo…» propone e me lo ritrovo addosso, col naso in aria lo guardo da vicino, le sue labbra sono carnose e profumano di cioccolato, gli occhi sono lucidi, ma mi mettono a fuoco e mi rendono inquieta.
«Dovresti mettermi le mani attorno al collo.» Mi afferra gli avambracci e li posiziona, questo mi obbliga a sollevarmi sulle punte, tanta è la differenza di altezza tra noi due. «E lasciati solo guidare dalla musica.»
Annuisco, ma poi il suo odore si fa più intenso e mi sembra così buono che mi viene voglia di affondare il naso nell’incavo del suo collo, per odorarlo meglio. Lo faccio, ma la vodka non mi fa rendere conto di niente, nemmeno che sto volteggiando tra le sue braccia, stretta al suo corpo atletico che mi guida in passi sconosciuti.
«Vedi, sei brava» dice, mi sorride e, per la prima volta, sorrido anche io di rimando.