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Problemi in paradiso
Oddio, non faccio che fissare l’orizzonte con la speranza sempre più flebile di scorgere nel cielo limpido una nave, una barca, un veliero, persino. Qualsiasi mezzo che possa estirparmi da quest’incubo caraibico. Non faccio che grattare le punture delle zanzare che durante la notte mi han tediato e, inoltre, mi sento le labbra davvero secche, nonostante l’aloe che continuo a passarci senza freno.
Mi manca la civiltà. Mi mancano le mie abitudini, mi manca addentare una fetta di pizza farcita, mi manca la Dr Pepper che scolo dopo la palestra, in cui in verità vado solo per spettegolare con alcune ragazze, mi manca persino il centro commerciale che, sebbene sia un ruolo mortificante, dovendo indossando improbabili costumi, sapevo che da lì a un certo punto potevo andarmene. Da qui invece pare non esserci scampo, nessuno abita questo atollo, nessuno naviga nelle acque circostanti. Il triangolo delle Bermuda si è trasferito ai Caraibi!
Resterò qui, con Kilian e i suoi rimproveri da ex marine saccente e presuntuoso. Incastrata qui con le sue erezioni che mi sconvolgono la vita.
«Dio, che palle!» borbotto tra me, non c’è molto da fare qui a parte cuocersi e cercare di sopravvivere. Volto lo sguardo alla ricerca del detestabile Kilian, ma non vi è traccia. Forse è nella foresta a fare Tarzan, ma io non sono Jane, proprio per nulla.
Sbuffo ricreando con il tremolio delle labbra un rumore annoiato e mi decido ad alzarmi per andarlo a cercare; sarà odioso, ma è l’unico essere vivente in questo posto. Ma mentre mi incammino sulla sabbia, vedo muoversi qualcosa tra la vegetazione più compatta della foresta interna.
«Kilian?» provo a chiamarlo con voce esitante. Nessuna risposta.
«Kilian, sei tu?» ripeto, stavolta con meno indugio. Ancora non risponde, ma qualcosa si muove di nuovo. «Se è uno scherzo non è divertente!» urlo stavolta, pugni sui fianchi, con il nervosismo che inizia a prendere il sopravvento.
Sento un verso, forse un risolino? Era troppo indefinito per distinguerlo, ma poi di nuovo le foglie si muovono e io sono sempre più convinta che sia quello stronzo.
«‘Fanculo, non ti darò la soddisfazione di venirti a cercare per farmi spaventare!» Spavalda, volto le spalle e torno a sedermi a poca distanza per continuare a fare la sentinella.
Vorrei così tanto avvistare una qualche imbarcazione, anche un elicottero andrebbe bene.
Mentre scruto con attenzione tra le piccole onde, una mano calda mi si posa sulla spalla.
«Hai finito di giocare?» chiedo, ma lui non dice niente, muove solo la mano, stringe le dita in un massaggio quasi piacevole che uccide nella mia gola l’ennesimo rimbrotto.
«Oddio, hai delle mani adatte a fare i massaggi, te lo concedo…» mormoro e chiudo gli occhi. Cos’è questa vena di gentilezza che muove i gesti di questo scorbutico?! «Ti sei svegliato di buonumore o è il senso di colpa per il tuo scherzo non riuscito?» lo provoco senza ottenere nient’altro che un mugugno. «Oh mio Dio!» esclamo estasiata. «Hai preso il punto che mi duole da giorni… Non ti fermare.» Sono completamente rapita dalle sue mani che mi toccano e mi fanno sentire così bene.
«Che stai facendo?» La voce di Kilian finalmente prende forma, ma mi accorgo che sembra arrivare da davanti a me, così spalanco gli occhi. Lui è proprio a pochi passi da me, in mano un pesce che penzola.
«Kilian» stridulo. «Se sei lì chi mi sta facendo un massaggio?» Impallidisco e mi volto timorosa e caccio un urlo quando metto a fuoco la faccia pelosa di una scimmia che, di risposta a me, urla anch’essa.
«Sta’ calma!» Kilian mi urla dietro, ma io vado nel panico al pensiero di essermi fatta palpeggiare da una scimmia e, in più, quegli enormi canini che sbucano mi stanno terrorizzando. Schizzo in piedi come una furia e corro da Kilian, investendolo letteralmente. Non se lo aspettava e, come mi ci getto addosso, perde per un attimo l’equilibro facendo cader la presa sul pesce.
«Merda!» sibila, mi lancia indietro e si butta a gattoni per riprendere l’animale squamoso che, a suon di colpi di coda, sta ritrovando la libertà nel mare. Io, però, sono ancora nel panico e la scimmia è ancora là che mi guarda e poi prende a correre verso di me!
«Aiuto, aiuto!» strillo impazzita e di nuovo ricerco Kilian, riscuotendolo affinché pensi adesso al pericolo più imminente e cioè quel primate che potrebbe volermi uccidere. Proprio nel momento in cui le sue dita si erano posate per un istante sul pesce.
«Renée! Maledizione!» Guarda il pesce nuotar via, in salvo, e poi si gira infuriato. Mi strattona per le spalle e mi fulmina con i suoi occhi ghiacciati. «Era il nostro pasto!» È fuori di sé e la sua rabbia mi fa dimenticare la scimmia che, nel frattempo, si è seduta e ci osserva incuriosita.
«M-mi dispiace, i-io…»
«I-io un accidente!» Crudele mi interrompe, nei suoi occhi scorre odio liquido. «Sai quanto ci ho messo a prendere quel solo, unico, dannato pesce?! Eh, lo sai?!»
«Mi dispiace, ma…» Provo a spiegare, ma lui mi sormonta di nuovo. «Due fottute ore, ci ho messo. Due! Quasi tutta la mattina sprecata perché tu hai paura di una scimmia urlatrice, del tutto inoffensiva!»
«Chi lo dice che sia inoffensiva?!» replico adirata. Perché non comprende che avevo paura?!
«Il fatto che stavi lì a mugolare come se avessi un orgasmo» mi sbatte nel viso.
«Pensavo fossi tu!» mi giustifico. «Ti prego, mandala via.» Indico la scimmia che non si è mossa di un passo.
«È solo una scimmietta, non è pericolosa e io ora ho da fare» erutta, irremovibile all’idea di accontentarmi.
«E che devi fare?» Lo seguo.
«Procacciarci del cibo.» Il suo volto è vicinissimo al mio. «Di nuovo» conclude in un sibilo.
«E vuoi lasciarmi qui con quell’animale?» Allungo il braccio verso la bestiolina pelosa, ma lui scrolla le spalle indifferente e riprende il cammino verso il mare.
«Fai amicizia, andrete d’accordo.»
«Sei uno stronzo!» gli urlo dietro, lui mi ignora.
Quando mi volto, la scimmia è praticamente a mezzo passo da me e sobbalzo. «Oddio, sta’ buona!» Lei inclina il capo lateralmente e mi guarda vispa, mi sta studiando e non so perché non voglia lasciarmi in pace.
«Non vuoi tornartene a casa tua, tra gli alberi e le liane, eh?» Cerco di mantenere una calma che non mi appartiene in questo frangente, ma la scimmia persiste nel trottarmi attorno. Provo ad allontanarmi, lei mi segue.
«Che vuoi da me?» chiedo, come se potesse rispondere. Lei si ferma, ma riprende a camminare come mi muovo io.
«Puoi andartene? Non sei la benvenuta qui!» dico piccata e lei mostra i denti aguzzi. «Okay, okay! Mi casa es tu casa » mormoro più mansueta. Meglio non irritarla, con quei denti potrebbe persino strapparmi via la faccia, se solo lo volesse.
Contrita osservo Kilian, nel mare, che tenta di prendere un altro pesce e anche se odio il modo in cui mi ha trattata, so che ha ragione ad arrabbiarsi. In fondo è lui che ci sta mantenendo vivi.
«È tutta colpa tua» borbotto contro la scimmia che ancora si aggira attorno a me. Lei inclina di nuovo il capo, come se mi ascoltasse, poi la vedo sparire dentro la foresta.
«Oh, meno male che se n’è andata» mi dico, ora posso star sola con la mia frustrazione e il malumore cresce. Non passa molto prima che veda la scimmia tornare indietro, tiene qualcosa nella manina pelosa e mi si avvicina lenta.
«Che c’è? Vuoi uccidermi?» Sgrano gli occhi e i muscoli si irrigidiscono. Abbasso lo sguardo sulla sua mano che si apre e mi mostra una banana. «È per me?» Mi indico e la scimmia fa un verso acuto, poi allunga il braccio e si avvicina di un passo, continuando a tendermi il frutto.
«Non proverai ad azzannarmi, se la prendo, vero?» titubo, ma mi decido ad accettare quel che mi pare un dono e, appena stringo la banana tra le mani, la scimmia fa altri versi acuti che sembrano amichevoli. «Grazie» mormoro, incredibile che mi abbia regalato il cibo.
«Sei più gentile tu di quanto non lo sia quel bipede laggiù.» Scruto Kilian e torno a concentrarmi sulla scimmia. «Forse però ha ragione, potremmo fare amicizia io e te, che ne pensi? Sì, certo, siamo partite magari col piede sbagliato, io sono stata una cafona, ma credo sia una situazione recuperabile.» Sorrido e addento la banana che spezzo per dividerla con la scimmietta che se la divora in pochi morsi. «Ti va di essere mia amica?» Lei di risposta fa un altro suono e mi viene seduta vicino cominciando a cercare le pulci tra i miei capelli. «Mi sa che resterai delusa, non ho pulci, o almeno spero di non aver preso anche quelle.» Mi attento a grattarle delicata la schiena, ricoperta di peli rossicci.
Forse ha capito che tra i miei capelli non troverà niente, perché torna davanti a me a osservarmi ancora.
Ma è ora che faccia qualcosa, in fondo devo cercare di rimediare, così prendo la sacca e mi avvio verso la sorgente per prendere dell’acqua da bollire e bere successivamente. La scimmia urlatrice è ormai la mia ombra e mi segue in ogni passo e, incredibilmente, inizio ad abituarmi alla sua presenza. Forse possiamo davvero diventare amiche.