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New beginnings
Dovrei essere entusiasta.
Non faccio che ripeterlo a me stessa, nel silenzio dei miei pensieri, mentre a stento nascondo uno sbadiglio dietro il tovagliolo di carta su cui è rimasta una macchia di passata di pomodoro e qualche briciola, che i piccioni vengono a divorare quando cadono sul pavimento umido dopo la pioggerella estiva della mattina.
Quando Thomas Garden della Shell House Publishing mi ha invitata a un pranzo di lavoro, un paio di giorni fa, non mi aspettavo certo di ritrovarmi a soffiare sul formaggio ustionante di un trancio di pizza consumato al tavolino a fianco di un gruppo di adolescenti che schiamazzano come durante le ore di ricreazione. A saperlo avrei evitato di indossare la camicia color senape e i pantaloni neri a palazzo abbinati a delle meravigliose scarpe a stiletto che mi stanno massacrando i piedi. Oltre a sentirmi decisamente fuori luogo in un posto simile, in cui sarebbe stato più indicato un outfit più casual come maglietta e jeans, sto sudando per la cappa di caldo straordinario che, in questo fine luglio, si è abbattuta su Chicago.
«Quindi sei d’accordo a restringere un po’ il romanzo?» Thomas, al di là delle lenti piene di impronte, mi osserva, passandosi la lingua sui denti ed emettendo un suono non proprio educato per “aspirare” via qualcosa che gli è rimasto incastrato tra gli incisivi. Lo guardo di rimando, lui è decisamente più in tono con l’ambiente: una maglietta dei Marvel e un paio di pantaloni al ginocchio di jeans.
«Di che sfrondatura stiamo parlando?» mi attento a dire, schiarendomi la gola. Non mi piace l’idea di dover seghettare il mio libro perché altrimenti loro hanno costi di stampa più elevati. È altresì vero che non ho grandi alternative all’orizzonte, devo già esser grata di esser stata notata da questa piccola casa editrice che, più che credere nei romanzi che pubblica, crede al fare i soldi. Lo so, non dovrei essere tanto ingenua da pensare che tutto sia una visione romantica, non c’è mai niente di poetico nella vita reale, sempre pragmatica e spicciola. Ormai è già al plurale le volte che l’ho visto, ci siamo accordati su un anticipo di mille dollari che, anche se certo non è sufficiente a vivere dopo aver mollato entrambi i miei lavori per potermi dedicare anima e corpo a questo libro, l’eredità di mia zia mi aiuta a pagare le spese fisse, ma non posso vivere solo di quelli, prima o poi finiranno e allora ho iniziato a fornire lezioni private come insegnante di lingua inglese. In pratica insegno agli stranieri la mia lingua madre, per lo più a spagnoli e italiani, essendo loro gli unici che riesco a comprendere anche solo vagamente.
«Pensavamo di pubblicare il tuo libro quanto prima e, oltre a darci il vantaggio di accelerare i tempi, ci permetterà di venderlo anche nella versione tascabile e ti ho già spiegato che i costi di stampa si riducono se il libro non supera un certo numero di pagine.»
«Sì, me lo hai spiegato, ma vorrei capire se stiamo parlando di modifiche massive» insisto.
«Non lo mangi quello?» Indica il biscotto al cioccolato che ci hanno offerto all’ordine e scuoto il capo. «Non ti dispiace se…» Con l’indice volteggia sopra il dolce, fatico a trattenermi dal volgere gli occhi al cielo, ma annuisco.
«Quindi?» La mia persistenza non terminerà nemmeno adesso che lui mastica a bocca aperta l’impasto che, più che croccante, sembra duro come il legno massello.
«Devi fidarti di me, Renée, vedrai che andrà molto bene e, se le cose prenderanno la giusta piega magari potrai arrivare in tutte le parti dell’America, non solo negli Stati Uniti.» Invidio la sua fiducia, mi sono informata e la Shell House Publishing non vanta grandi affari editoriali e i loro libri raramente scalano le classifiche, ancor più unici i romanzi da loro pubblicati diventati bestsellers. So che non è facile, se prima affibbiavo la responsabilità di tutto questo al fatto che ci sono più scrittori che lettori, ho cambiato idea quando ho iniziato a lavorare con il mio editor Thomas. Se gli editor della casa editrice sono tutti come lui, capisco perché non sta cavalcando nessuna onda, se non quella dello scarico.
«Spero solo che sia apprezzato» commento, ingoiando l’orgoglio di voler trovare qualcuno che creda davvero in ciò che ho scritto e non mi veda come una specie di maialino rosa col buco nella schiena in cui infilare i risparmi.
«Sono certo di sì, ma a tal proposito forse sarebbe il caso di sistemare un po’ il protagonista maschile, mi sembra decisamente troppo poco ricco.»
«È ambientato in un’isola deserta,» ribatto scettica, «a che dovrebbe servire un conto corrente rigoglioso?»
«Beh, sai che alle donne piacciono i tipi alla Christian Grey, anzi andrei un po’ più pesante nelle scene di sesso; più perversione stuzzicherebbe il pubblico» esclama, insensatamente fiero della sua brillante banalità.
«Praticamente dovrebbe diventare un altro libro, mi stai dicendo questo?» compunta lo fisso e lui sbuffa sonoramente.
«Che palle, perché voi autori siete tutti così viziati?!» Scuote il capo, frustato. «Trattate quei fogli di carta come fossero figli.»
«Perché lo sono! Non lo avrò partorito dalla vagina, ma l’ho comunque messo al mondo io!» Mi infiammo all’improvviso sotto le sue accuse, ma poi, quando scorgo il suo sguardo adirato e le gote paonazze, decido che è il caso di mordermi la lingua e ricompormi sulla mia sedia. «Non volevo essere sgarbata» pigolo, per quanto il realizzarsi di un sogno sia ben lontano da ciò che mi auspicavo, è sempre più vicino di quel che avrei senza di lui.
«Il sesso vende!» Oddio, che palle! Probabilmente questo mantra se lo tatuerà persino in fronte, negli ultimi due incontri lo ha continuato a ripetere in modo ossessivo.
«Ci lavorerò su.» Mi alzo e imbraccio la borsa in tono con la camicia. «Io devo andare adesso.»
«Va bene, ricordarti solo che aspetto qualche nuovo capitolo con le mie osservazioni entro la fine della settimana.»
«Te lo farò avere nei tempi.» Sforzo di sorridere, invece vorrei solo prendere a testate tutto e tutti.
Lui sta per dire qualcosa, io fatico a mantenermi sveglia e mi preparo a resistere all’ennesimo monologo soporifero, ma vengo salvata dal cellulare che squilla nella borsa.
«Devo andare, ci sentiamo per e-mail.» Alzo la mano e lui mi fa un rapido cenno, prima di tornare a concentrarsi sul suo bagel alla cipolla.
Frugo nella borsa, non c’è posto più incline allo smarrimento come le borse delle donne, e alla fine, dopo aver rovesciato il contenuto su una panchina al margine del marciapiede, lo trovo.
«Merda» sibilo tra i denti, gli occhi strabuzzati per l’ennesimo battito perso; è Kilian. Ancora.
Resto lì, seduta sulla panchina, a fissare lo schermo luminoso che mi vibra tra le mani tremanti, indecisa se premere il pulsante verde o quello rosso.
Poi, dopo diversi momenti, parte la segreteria e lo smartphone si zittisce. Poco dopo un sms mi informa di un altro messaggio sulla mia casella vocale; farà la fine degli altri: inascoltati.
La sua perseveranza mette a dura prova i miei nervi, e anche le mie emozioni claudicanti, ma non posso lasciarmi vincere dai sentimenti. In tutta la mia vita è stato il cuore a guidare i miei passi, e guarda dove mi ha condotto! Per questa volta sono determinata a seguire il cervello, unico alleato per ripararmi da altri cocenti dolori. Kilian aveva ragione: non ha potuto darmi ciò che volevo.
«Signorina, si sente bene?» Una madre con un bambino per mano si ferma, vedo che mi allunga un fazzoletto di carta e solo adesso mi rendo conto di star piangendo. Idiota.
«Oh, la ringrazio, no, no, solo un po’ di malinconia, sto bene!» Infilo tutto nella borsa, sorrido imbarazzata e corro sui miei tacchi lontana da lì. Ho un appuntamento adesso e dovrei davvero darmi un contegno se intendo partecipare. Ho seguito il consiglio di Joy e ho deciso di partecipare all’incontro di lettura all’angolo del Millenium Park, secondo lei potrebbe farmi notare da qualcuno e, di certo, mi aiuterà a migliorare il mio modo di incassare le eventuali critiche; avrei preferito un’amica che creda che il mio operato sia assolutamente ineccepibile, ma, ahimè, è realista.
Per fortuna è poco distante dal pranzo con Thomas, perciò arrivo relativamente presto alla caffetteria che esibisce una lavagna con riportato l’evento. Ho già l’ansia.
Dio, quanto vorrei che Kilian fosse qui a tenermi per mano.
Basta, basta! Lui non c’è, dovrò farcela da sola. Così, armata di un coraggio insperato, prendo un enorme respiro e attraverso l’uscio. Dentro l’aria profuma di tè e spezie dolci, mi guardo attorno e vedo già un gruppetto raccolto, compostamente seduto, di fronte al piccolo palco con annesso microfono dove poter leggere i manoscritti.
Mi avvicino e le mani iniziano a sudare quando ascolto i testi altrui. Alcuni improponibili, altri mi fanno sentire piccola e insignificante tanto sono belli, stringo gli appunti tra le dita e, all’improvviso, un signorotto sulla sessantina pronuncia il mio nome ed è il mio turno di allietare tutti con il mio testo sull’amore. Mi mordicchio le labbra e mi odio, ho scritto di getto, l’ho scritto pensando all’uomo che mi uccide, leggerlo sarà una silenziosa tortura, ma non ho più tempo per cambiare le parole. Sono qui, nere su bianco, indelebili come lui che non se va più dal mio cuore.
«Salve…» Titubo un attimo davanti al microfono, sento le ginocchia di gelatina e poi, dopo essermi schiarita la voce, mi faccio forza.
«L’amore. Un argomento ormai abusato, lo leggiamo nei cartelloni pubblicitari, lo sospiriamo nei romanzi, lo ammiriamo nel grande schermo di un cinema all’aperto. Eppure qualcuno può davvero dire di averlo compreso? Cosa muove l’uomo alla spasmodica ricerca di un sentimento tanto puro quanto pericoloso?
I filosofi hanno provato a spiegarlo, i pittori lo hanno immortalato sulle tele, poeti e cantastorie ne hanno fatto rime e sonetti. L’amore ci fa sentire giovani, ci fa sentire invincibili, talvolta immortali. Infonde coraggio e audacia, ci dona una forza mitologica. L’amore è pazienza. L’amore è devozione. L’amore è capirsi senza parlare. Ma è anche altro… l’amore è anche sofferenza, dolore, qualche volta si tinge di rabbia e delusione, ci fa prendere decisioni azzardate e non ci permette di ragionare. L’eterna lotta tra cervello e cuore. Eppure è lassù, tutti ci convinciamo di volerlo raggiungere, come fosse un istinto primordiale a cui non è possibile disobbedire.
Ci si affanna a rincorrerlo, a cercarlo negli angoli più remoti, anche laddove non ci avventureremmo mai, lo bramiamo con un’intensità tale da pensare che possa essere vitale; forse lo è. Non lasciatevi ingannare da chi dice che non vuole amore , mente. Ne è terrorizzato. È ferito. Eppure, sebbene vanti una notevole magnificenza, talvolta non basta. Alcune volte può tirar fuori la parte peggiore di te, ma ancor più lacerante quando lo perdi e, dopo esser stata la versione migliore che potrai mai essere, ti ritrovi nell’insignificante abbraccio della solitudine.
Che l’amore ci renda davvero immortali? Non illudetevi, nemmeno io so darvi la risposta, so solo che amare fa paura; come la luna, anche amare ha la sua faccia oscura.
Dilaniante, snervante, ti consuma e risputa il guscio vuoto. L’amore è anche questo, è anche dolore e sofferenza. Ci illudiamo che basti uno che ama per due, per poter percorrere ancora quella strada assieme a quella persona speciale, ma non è che una bugia che ci raccontiamo e che ci condurrà da nessun’altra parte se non all’infelicità. Amare è un dannato atto di coraggio, come lanciarsi da un grattacielo che solletica le nuvole e sperare, che la lenza sottile che ti tiene, sia abbastanza robusta da non farti schiantare al suolo. Come lanciarsi in mezzo a un oceano e sperare che lui sia più forte delle onde. Richiede fiducia, richiede audacia e, troppo spesso, è mal riposta, facendoci ritrovare in un bagno di sangue o in un abisso profondo da cui non si può più respirare.
Nonostante tutto insistete, continuate a buttarvi dai grattacieli e ad affrontare le mareggiate perché se l’amore fa paura, ancor più spaventoso è l’assenza di esso.
E se non lo trovate, continuate… perché? Perché continuare a rincorrere quel che sembra una chimera? Forse perché, anche solo la speranza di un amore è meglio della sua totale assenza.»
Riprendo fiato, davanti a me non sento volare una mosca e allora alzo il capo per guardare l’angusta platea.
All’improvviso qualcuno comincia un timido applauso, che poi viene seguito da tutti i presenti e tiro un sospiro di sollievo.
«Renée Murphy?» Mi volto verso la signora elegante che mi raggiunge appena scendo dal palco.
«Sì?»
«È un piacere conoscerti di persona. Posso darti del tu?»
«Lo hai già fatto» le faccio notare con un mezzo sorriso, prima di decidermi ad allungare la mano verso la sua che mi aspetta tesa. «Tu sei?»
«Catherine Stuart, della Carter Dolphin » si presenta con spigliatezza, ma io mi sento gelare il sangue, è lei .
«In tal caso non credo che abbiamo molto di cui parlare.» Mi distanzio rapida e stringo al petto gli appunti, non intendo colloquiare con l’editrice che paga Kilian per le prestazioni sessuali.
«Posso comprendere la tua ritrosia, ma concedimi qualche minuto, non sarei io a rimetterci.»
«Hai una bella faccia tosta!» Resto a bocca spalancata per la sua tracotanza.
«So di sembrare arrogante, ma lavoro per una delle più importanti realtà editoriale degli Stati Uniti d’America e, perdona la franchezza, saresti una sciocca a farti sfuggire quest’occasione per un uomo.» Ingoio il boccone amaro e la fisso. «Lascia almeno che ti offra qualcosa da bere, così da parlare cinque minuti, dopodiché, se non ti avrò convinta, lascerò perdere.»
«Perché tanta insistenza?» domando scettica, forse Kilian ha regalato una prestazione extra per convincerla a pubblicarmi.
«Sono venuta qui perché mi era piaciuta la bozza che avevo letto della tua opera e, stasera, volevo accertarmi che tu fossi brava come avevo intuito da quelle poche pagine. Ti ho ascoltata e voglio che tu pubblichi con noi.» Non mi lascia il tempo di ribattere che mi ritrovo costretta a seguirla verso un tavolo appartato all’angolo.
La studio, mentre davanti a un mocaccino mi parla entusiasta dei suoi progetti editoriali. Mi illustra i vantaggi che avrei scegliendo lei anziché Thomas, ma non avevo bisogno di molte parole per sapere che chiunque sarebbe meglio di Thomas, figuriamo la Carter Dolphin .
«Ti offro un anticipo di diecimila dollari» enuncia, fissandomi negli occhi e a me sta quasi per andare di traverso il tè alla pesca. «Non è un’offerta che puoi rifiutare, specialmente non per un uomo che non prova niente per me, come io non provo niente per lui. Nessuno merita di perdere un’occasione d’oro per un’altra persona, questi sono affari.»
Sarà la sua voce rassicurante, il suo aspetto curato e affabile, la sua aria di una donna con le palle quadrate… fatto sta che l’occasione è decisamente troppo ghiotta per lasciarmela sfuggire. In fondo, rifletto, non è per Kilian che potrei pubblicare con la Carter Dolphin , ma per il mio talento che, a quanto pare, non è poi così carente.
«Quindi? Affare fatto?»
«Affare fatto.»