«Ora vi lascio» annunciò Lady Farnsworth. «Miss Waverly, potete restare e, quando avrete finito, approfittarne per fare una pausa nel nostro club. Io devo andare dal mio avvocato e non so quando tornerò.»
La nobildonna uscì, lasciando Amanda sola con Mrs. Galbreath nel piccolo studio al primo piano. Mrs. Galbreath avvicinò un'altra sedia alla scrivania.
«Accomodatevi, vi farò vedere il registro contabile.»
Quando Amanda era arrivata a casa sua quella mattina, Lady Farnsworth le aveva annunciato che si sarebbero recate a Bedford Square e Amanda era stata contenta di avere una novità che la tenesse impegnata. Quando era al suo scrittoio nella biblioteca di Lady Farnsworth, era troppo distratta perché continuava a pensare alla sua audace avventura. Più rifletteva e più le sembrava di essere stata terribilmente imprudente. Avrebbe potuto lasciarci la pelle in quell'impresa, o essere sorpresa da un domestico. Sarebbe stata una vera disdetta faticare tanto, solo per essere colta sul fatto appena fosse atterrata nello spogliatoio di Sir Malcolm.
Infatti con il suo salto era arrivata lì, perciò era stata costretta a scendere al pianterreno per andare in cerca di quella maledetta fibbia. Ogni minuto che trascorreva in quella casa era sempre più rischioso.
E se fosse stata sorpresa da qualcuno? Rabbrividiva ogni volta che pensava a quell'eventualità.
Tuttavia quello che la sconvolgeva veramente era accorgersi che, nell'arco di poche settimane, la sua vita era cambiata drasticamente per trasformarsi in qualcosa che aveva sempre cercato di evitare.
Si sedette accanto a Mrs. Galbreath. Era una criminale, c'era poco da dire, e non avrebbe dovuto occuparsi delle finanze altrui. Non aveva più scuse come la sua giovane età e le imposizioni dei genitori per giustificare quello che faceva. Nessun giudice avrebbe tenuto conto del fatto che cercava solo di salvare sua madre, considerato che anche sua madre era una criminale.
«Questi sono i conti relativi alla stampa» disse Mrs. Galbreath aprendo il registro a una pagina contrassegnata da una linguetta. «Ogni scheda riguarda un diverso tipografo o un altro commerciante che si occupa di attività relative alla stampa. Questa, per esempio, è la scheda di un incisore che impieghiamo saltuariamente per le lastre riguardo le pagine di moda.»
Amanda sfogliò il libro contabile, affascinata dal mondo che le si apriva davanti agli occhi.
Mrs. Galbreath le spiegò gli altri conti, poi aprì un altro registro. «Questo invece riguarda tutti i librai a cui consegniamo le copie della rivista. Vedete come per ogni numero indichiamo la tiratura, le copie ricevute, le vendite e la distribuzione.»
Amanda esaminò le varie pagine, poi Mrs. Galbreath passò a un altro registro.
«E questo sicuramente vi è più familiare, perché riporta la contabilità della casa.»
Amanda notò che c'erano delle schede per il droghiere e il pescivendolo, e per altri fornitori. «Quindi c'è qualcuno che vive qui?»
«La duchessa mi ha invitata ad abitare in questa casa, perché ha detto che non vuole che la casa resti vuota di notte, ma la verità è che ha voluto risparmiarmi l'imbarazzo di vivere con mio fratello e sua moglie.»
«Siete andata ad abitare a casa sua dopo la morte di vostro marito?» le chiese Amanda d'impulso. Poi si morse subito il labbro, temendo di essere stata troppo indiscreta.
Però le parve che a Mrs. Galbreath non fosse dispiaciuto sentirsi rivolgere una domanda tanto diretta. «Non avevo scelta. Mio marito era giovane e mi ha lasciato pochi mezzi di sostentamento. Anch'io ero giovane. Credevo che mi sarei risposata, ma non è successo.»
«Secondo me è ammirevole che abbiate trovato la vostra strada. Anch'io vorrei farlo.»
«Ma lo state facendo, no? Dipendete dal vostro lavoro, ma non da qualcuno. Non è una bella sensazione? Per quello che mi riguarda, lo è.» Mrs. Galbreath le rivolse un sorriso complice, poi le due donne risero insieme. «Ora vi lascerò a esaminare i registri contabili per prendere familiarità con tutto questo. Ci sono anche dei conti della gestione domestica. Se vi sentite pronta potreste registrarli, poi farmi un elenco dei pagamenti da fare.»
Amanda non impiegò molto tempo a occuparsi della contabilità. I fornitori di Mrs. Galbreath erano più onesti di quelli di Lady Farnsworth, perciò non trovò discrepanze o addebiti dubbi. Lasciò tutto nello studio e scese al pianterreno.
Ne approfittò per esaminare il resto della casa. Nella sala da pranzo c'erano dei tavolini per giocare a carte, con un libro aperto che sembrava usato per registrare le puntate di gioco. C'era anche una credenza con diverse caraffe di liquore.
Amanda era meravigliata del fatto che il club non avesse provocato alcuno scandalo, non solo perché si giocava d'azzardo e si beveva, ma perché accettava persone come lei tra i suoi membri.
Tornò in biblioteca e vi trovò tre donne sedute sui divanetti. La notarono subito, invitandola a entrare.
«Potete unirvi a noi se volete» disse una di loro.
La duchessa aveva definito quel circolo una sorellanza, il che forse significava che le era richiesto di comportarsi con un atteggiamento aperto... da sorella.
«Grazie, siete molto gentile» accettò accomodandosi su una poltroncina.
Furono fatte le presentazioni. Mrs. Harper e Mrs. Guilford erano mogli di gentiluomini. Invece Mrs. Troy era la proprietaria di una libreria. «Io sono una dei librai che vendono Parnassus» le spiegò. «Siete la segretaria di Lady Farnsworth, immagino.»
«È stata tanto gentile da assumermi.»
«Ma certo, perché non avrebbe dovuto impiegare una donna? Dice sempre che avete la migliore grafia che abbia mai visto e che siate in grado d'interpretare e di copiare la scrittura di chiunque. Avete un grande talento con la penna.»
«Ho avuto dei bravi insegnanti.» Amanda cercò di nascondere il suo disagio al pensiero che Lady Farnsworth decantasse la sua bravura nel copiare la grafia altrui. Un giorno qualcuno avrebbe potuto capire che il suo talento era utile nella contraffazione, e difatti era stato proprio quello lo scopo di tutte le lezioni che le aveva impartito sua madre.
Mrs. Harper le versò del tè. «Qui beviamo il tè migliore che ci sia in commercio. Assaggiate e capirete subito la differenza. Mi sarei iscritta al club solo per il tè, e sono certa che consumo molto più di quello che pago.»
Le porse una tazza e Amanda bevve un sorso. Era un vero lusso per lei, e lo apprezzò molto. Non beveva mai il tè a casa, ed era grata a Lady Farnsworth quando gliene offriva una tazza.
«Come siete diventata segretaria? Non è una professione facile da intraprendere per una donna.»
Amanda finì il tè e posò la tazza. «Dopo la scuola ho trovato impiego come dama di compagnia, prima con due nobildonne che risiedevano in campagna, poi con un'altra qui a Londra. Le aiutavo anche con la corrispondenza e la contabilità. L'ultima signora da cui ho lavorato mi ha scritto delle ottime referenze quando ha deciso di andare a vivere a casa del figlio. Sono stata fortunata di avere trovato Lady Farnsworth che ha deciso di darmi una possibilità.»
«È una donna dalla mentalità molto aperta.»
«E anche schietta e senza peli sulla lingua.»
«Sono certa che a Miss Waverly non sia sfuggito il fatto che lavori per una donna brillante ma eccentrica» commentò Mrs. Guilford.
«Le vogliamo bene, intendiamoci, Miss Waverly, ma vi confesso che nessuna di noi osi ammettere con suo marito di essere sua amica. Tranne Mrs. Troy, che però è sposata con un radicale, non è vero, cara?»
Mrs. Troy non batté ciglio davanti a quella descrizione di suo marito.
«Probabilmente Lady Farnsworth sa che teniamo segreta la nostra amicizia» ammise Mrs. Harper, mortificata.
«Non credo che le dispiacerebbe se lo sapesse» disse Amanda, conciliante. «E credo anche che sia consapevole dell'accoglienza che il suo modo di fare riceve in società.»
Mrs. Troy si alzò. «Con il tempo, forse tutte noi smetteremo di vergognarci e avere paura come tante pecore. E ora devo tornare in libreria a guadagnarmi da vivere.» Sorrise alle altre donne che probabilmente non avevano mai lavorato un solo giorno in vita loro.
Mrs. Harper controllò l'orologino che aveva appeso al collo a una catenina. «Fra poco arriverà la mia carrozza, perciò devo accomiatarmi anch'io. È stato un piacere conoscervi, Miss Waverly.»
Dopo che le due donne andarono via, Amanda prese un giornale da una pila su un tavolino accanto alla sua poltroncina.
Aprì il Times. Lady Farnsworth era abbonata a quel giornale ma Amanda lo leggeva molto di rado quando la padrona di casa lo riceveva. Invece il sabato portava a casa con sé le copie vecchie, perciò spesso veniva a conoscenza degli eventi con un certo ritardo.
Quel giorno invece si concesse il piacere di leggere gli articoli freschi di stampa. Dopo avere passato in rassegna tutte le notizie di politica e affari internazionali, dedicò la sua attenzione alla pagina degli annunci. Li trovava sempre interessanti e affascinanti, soprattutto quelli delle vendite. Quelli personali la divertivano e la incuriosivano moltissimo, perciò li teneva per ultimi.
Verso la metà della colonna ne vide uno che attirò la sua attenzione e lo rilesse, stupita.
Un certo gentiluomo desidera informare una pastorella che ha recuperato quello che presumibilmente è il suo scialle. Se desidera che le venga restituito, si presenti il 5 giugno allo stesso posto e con gli stessi accordi dell'ultima volta. Dopo quel giorno, il gentiluomo in questione chiederà a tutte le signore di sua conoscenza a chi possa appartenere, in modo da poter fare il suo dovere nel trovare la legittima proprietaria.
Amanda imprecò mentalmente. Era una sfortuna che Langford avesse trovato il suo scialle. L'aveva cercato inutilmente al buio e aveva finito per desistere, sperando che venisse rinvenuto da un giardiniere che l'avrebbe regalato a sua moglie.
Era pericolosissimo il fatto che il duca lo sfruttasse per cercare di rivederla. Non poteva sapere se gli fosse giunta la notizia della mancanza della fibbia. In tal caso, l'annuncio sarebbe stato un modo per attirarla in trappola, se avesse indovinato la verità.
La minaccia di far vedere lo scialle alle donne del suo ambiente le fece battere più forte il cuore per il timore. Qualcuno l'avrebbe riconosciuto come un vecchio scialle di Lady Farnsworth. Era impossibile dimenticare quelle grosse rose sgargianti.
Amanda aveva sperato di poter concludere quella sordida avventura dopo avere consegnato la fibbia al richiedente. Non aveva previsto che il Duca di Langford potesse rappresentare una complicazione, specie considerando il loro ultimo incontro, insoddisfacente per lui. Il loro bacio l'aveva fatta emozionare, ma secondo lei il duca era troppo sofisticato per trovarlo interessante. Invece voleva usarlo per darle la caccia.
Non c'era altra spiegazione per la sua iniziativa. Se avesse voluto semplicemente restituirle lo scialle, avrebbe potuto chiedere di ricevere un indirizzo dove farlo consegnare. Oppure avrebbe potuto lasciarlo in un negozio se lei non avesse voluto rivelargli il suo recapito.
Invece le aveva chiesto un altro appuntamento a casa di suo fratello. Per quanto potesse essere lusingata – e doveva ammettere di esserlo – la situazione era veramente rischiosa.
Il 5 giugno. Aveva quattro giorni per decidere che cosa fare.
«Posso chiederti che cosa cerchi?» sbuffò Brentworth.
Gabriel lo ignorò e continuò a esaminare i medaglioni.
«Vuoi fare un regalo alla duchessa per la nascita del figlio?»
«Esatto.» Gabriel approfittò di quell'ottima scusa. Non gli avrebbe mai confessato la verità.
Brentworth indicò un grazioso medaglione tondo d'oro. «Qui potrebbe conservare una ciocca di capelli del bambino.»
«Sì, però non so decidermi tra questo e quello» disse Gabriel indicandone un altro.
«Quello con lo smeraldo è piuttosto vistoso. Sarebbe meglio un ricordo più discreto, non un gioiello appariscente da portare a teatro.»
«Ti sono grato per i tuoi consigli. Hai sempre un ottimo gusto. Che cosa farei senza il tuo parere raffinato che modera i miei eccessi? Però non riesco comunque a decidermi.»
«Prendili entrambi e decidi dopo, così mi risparmierai di passare un'altra mezz'ora qui.»
«Ottima idea.» Gabriel fece un cenno al gioielliere.
Cinque minuti dopo salirono in groppa ai cavalli. Gabriel aveva i due medaglioni in tasca. La duchessa avrebbe ricevuto quello più semplice e discreto, mentre un'altra donna avrebbe avuto in dono quello vistoso con lo smeraldo... sempre che avesse letto l'annuncio e si fosse presentata all'appuntamento.
E anche se la serata fosse andata secondo le sue intenzioni. Più pensava a quella donna misteriosa e più era convinto che ci fosse stato qualcosa di strano nel loro incontro. Ovviamente era stata solo colpa sua se aveva bevuto troppo e si era addormentato, ma aveva troppa esperienza in fatto di donne per non sospettare che lei l'avesse manipolato in qualche modo. Se fosse stato vero, non le avrebbe permesso di farlo una seconda volta.
Ovviamente c'era sempre la possibilità che non si presentasse. Anzi, era probabile che gli desse buca. Tuttavia continuava a conservare lo scialle ordinatamente piegato nel suo spogliatoio. L'istinto gli diceva anche che la proprietaria sarebbe stata contenta di riaverlo.
In ogni caso si era divertito a fare progetti e organizzare l'incontro. La sera prima aveva anche aggiunto qualche particolare creativo per renderlo ancora più interessante.
Ma, soprattutto, stavolta non avrebbe bevuto più di un bicchiere di vino.
«Ho bisogno di un consiglio» esordì Amanda.
Era in camera con Katherine, che aveva invitato a cenare con lei. Aveva portato a casa degli avanzi di Lady Farnsworth, che le aveva regalato la cuoca dopo un pranzo che la padrona aveva organizzato per alcuni amici.
«Devo incontrare un gentiluomo e vorrei che guardassi due vestiti e mi dicessi quale sia più presentabile ma anche castigato per scoraggiare certe intenzioni.»
Katherine la guardò con stupore. «E sarà un incontro privato, presumo.»
«Sì, purtroppo» ammise Amanda.
«Se la cosa non ti fa piacere, perché non rifiuti?»
«Non posso spiegarti il motivo, ma devo vederlo. Però è mia intenzione trattenermi poco, qualche minuto al massimo.»
Katherine fece una risata tanto fragorosa da far ondeggiare i riccioli rossi. «Nessun uomo chiede un appuntamento privato se non vuole che l'incontro duri più di cinque minuti. E nessun maschio è dissuaso dall'abbigliamento di una donna. Sono tutti interessati solo a ciò che c'è sotto i vestiti.»
«Insomma, vuoi aiutarmi o no?»
«Ma certo.» Katherine si avvicinò al letto e guardò i due vestiti. «Indossa quello azzurro. Ha la scollatura meno profonda e il corpetto nasconde la tua figura, anche se secondo me non servirà a niente.» Tornò al tavolo e prese una coscia di pollo. «Sei nei guai?»
«Perché me lo chiedi?»
«Perché non mi sembra che ci sia un'altra spiegazione.»
«Ho portato anche il dolce. Dobbiamo mangiarlo, o si guasterà.»
«Non cambiare discorso. Sei nei guai?» insistette Katherine.
«Quest'uomo mi ha conosciuto a causa di un piccolo malinteso, e ora devo vederlo per forza, ma non chiedermi perché.»
«Credi che abbia intenzioni poco lecite, vero? Non è difficile da intuire, perché gli uomini sono tutti uguali. Indossa pure l'abito azzurro, ma non permettergli di togliertelo, anche se non è un deterrente. Gli uomini riescono ad avere ciò che vogliono anche con gli abiti addosso. Sei ancora inesperta, vero?»
«Abbastanza.»
«Non sei più stata con nessuno dopo quel farabutto che ti ha ingannata?»
Amanda mangiò un boccone di patate e masticò per non rispondere.
«Ti piace quest'uomo? Lo trovi attraente? In tal caso...» Katherine scrollò le spalle.
«Lo considero bello e affascinante, ma non ha importanza perché non posso farmi coinvolgere. Rovinerei la vita che ho adesso. Se lo sapesse, sono certa che Lady Farnsworth mi licenzierebbe in tronco.»
«Quindi le tue obiezioni sono esclusivamente di natura pratica, non fisica.»
Amanda arrossì. No, sinceramente non aveva obiezioni di natura fisica, come diceva Katherine. Langford era attraente, con il suo sorriso sornione, i riccioli scuri e gli occhi color zaffiro, e la sua arroganza era più divertente che irritante.
Inoltre i suoi baci le erano piaciuti più del dovuto. Non aveva più pensato a un uomo dopo la delusione causata da Steven, e invece ora si era incapricciata di un tipo pericoloso.
Tuttavia, nonostante tutti gli avvertimenti della sua coscienza, aspettava quell'appuntamento con trepidazione.
Era una sciocca. Langford era stato uno strumento per raggiungere il suo obiettivo, niente più, e lui la considerava solo una conquista per una breve avventura. Avrebbe dovuto dimenticarlo, invece di pensare a ciò che aveva provato quando l'aveva baciato. No, avrebbe recuperato lo scialle e poi non avrebbe più dovuto rivederlo.
Katherine posò il pollo e la guardò. «Dici che è un gentiluomo. Se lo è veramente, e se ti piace, hai solo una speranza se puoi evitare di concederti a lui.»
«Che cosa dovrei fare?»
«Devi farti dare la sua parola d'onore che non tenterà di approfittarsi di te. Un vero gentiluomo non verrà mai meno alla parola data, anche se non c'è modo che lo sappiano altri oltre a te. Almeno è quello che ho sentito dire, io non ho alcuna esperienza personale in tal senso.»
«E se invece non fosse un vero gentiluomo, ma solo di nome?»
Katherine sogghignò. «Allora spero che sappia ciò che fa, così almeno per te sarà divertente.»